di Carlo Benedetti

La balalaika degli oligarchi russi - dopo aver incantato l’ex cancelliere tedesco Gerhard Fritz Kurt Schröder (amico di Putin) che è stato inserito nel vertice del Gazprom - continua le sue serenate offrendo posti di tutto rispetto per esponenti stranieri. E così è toccato anche a Prodi al quale il russo Alexei Miller - presidente del Gazprom e uomo di fiducia di Putin - ha offerto un posto di responsabilità nella gestione del South Stream. Prodi, pur se “lusingato”, ha declinato l’offerta relativa a questo “progetto congiunto di esplorazione e produzione in Paesi terzi, tra cui la Libia”. Ma non è detto che un invito del genere arrivi a qualche altro personaggio di spicco. E questa volta potrebbe essere un uomo dell’entourage di Berlusconi vista la linea diretta tra il Cremlino e la villa di Arcore. Tanto più che i russi hanno bisogno di coperture mondiali dal momento che il South Stream creerà un nuovo collegamento tra i campi di gas russi e i mercati europei: la costruzione dovrebbe iniziare nel 2010 e secondo le previsioni il nuovo “tubo” dovrebbe trasportare 30 miliardi di metri cubi di gas all’anno a partire dal 2013. L’Eni, intanto, sarà partner di Gazprom nella progettazione e nella realizzazione di almeno una parte del progetto grazie all’esperienza acquisita.

Tutto avviene tenendo conto che la “fame” europea di gas ha aperto una vera e propria corsa alla costruzione di gasdotti: così Gazprom, oltre al South Stream che dovrebbe sboccare in un arco compreso tra il Montenegro e l’Austria, ha in progetto anche il North Stream, che attraverso il Baltico dovrebbe aggirare la Polonia e giungere direttamente in Germania.

In concorrenza è in progetto anche il Nabucco, che dovrebbe collegare l’Europa centro-orientale ai campi del Medio Oriente, mentre attraverso Turchia e Grecia l’Igi dovrebbe portare il gas dell’Azerbaijan fino alla Puglia. In quest’ultima iniziativa è coinvolta anche Edison. Quanto alla Libia, è ufficiale che Eni e Gazprom stanno valutando la cessione ai russi di una quota del giacimento Elephant, in cui il gruppo italiano ha una quota importante. Intanto il grande gioco che Putin sta portando avanti (in attesa di lasciare definitivamente la presidenza russa per andare ad occupare la poltrona di primo ministro) riguarda anche la questione del rapporto con l’azienda di via della Magliana.

AEROFLOT-ALITALIA. A Roma si continua a ripetere che “la scalata c’è”. Ma nello stesso tempo si sa che al vertice svoltosi in Sardegna Berlusconi ha ampiamente corteggiato Putin in relazione ad un eventuale impegno russo (Aeroflot) nella vicenda della nostra compagnia di bandiera. In pratica il premier romano ha fatto balenare al russo la possibilità di ottenere un posto di spicco (economico, ovviamente) al tavolo delle decisioni in vista di creare un gruppo internazionale di grandi dimensioni e prestigio.

Una soluzione, ovviamente, che non dispiacerebbe a Mosca tanto che Putin, sull’onda della proposta del cavaliere, ha reso noto di aver parlato con il presidente del consiglio di amministrazione della compagna russa il quale si è detto pur sempre “disponibile a riprendere gli incontri con Alitalia”. Ma qui cominciano i veri problemi relativi al complesso rapporto tra gli oligarchi che dominano la Russia. E sono loro - come è noto - che decidono la grande politica del Cremlino.

Ecco, quindi, che per parlare di “Aeroflot” bisogna parlare del suo grande capo. Vediamolo da vicino questo oligarca che domina la corporate governance della compagnia che vola ancora con il simbolo della falce e martello. Il personaggio si chiama Vladimir Michajlovic Okulov, classe 1952. Un passato con esperienze di volo nei famosi aerei del periodo sovietico - An24, Tu154 - e poi la scalata all’Aeroflot resa sempre più facile dal fatto di aver sposato la figlia dell’allora presidente della Russia Boris Eltsin.

Grande amico di Putin (che lo ha sempre protetto) è stato ed è l’uomo che ha manovrato le fasi di svendita di gran parte della flotta dell’Aeroflot. Ora avrebbe intenzione di entrare alla grande nel giro delle maggiori compagnie aeree. E dalla sua parte avrebbe i forzieri del Cremlino sempre gestiti da Putin pur se ufficialmente la chiave sarà in mano al nuovo presidente Medvedev.

ENI-CREMLINO. Gli appetiti di Mosca, intanto, sono sempre più concentrati sull’oro nero, in qualsiasi parte del mondo si trovi. Ed ecco che il Cremlino guarda sempre più all’Eni. Perché il cane a sei zampe - nel corso di quest’anno - si è posto l’obiettivo di conseguire un livello di produzione superiore a 2,05 milioni di barili di olio. Quanto ad ulteriori acquisizioni dalla sede centrale dell’Eur fanno sapere che l’unico progetto in corso è quello denominato “Distrigaz” e che si riferisce, appunto, alla società belga che dovrebbe essere ceduta da Suez, su richiesta dell'Ue a seguito della fusione con Gaz de France.

E l’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, subito annuncia: “Non ci attendiamo particolari operazioni, non abbiamo nulla nella pipeline a eccezione di Distrigaz che per noi è un obiettivo strategico, anche se non sarà facile ottenerlo”. Ma si sa che sull’intera operazione ci sono gli occhi del potente Gazprom russo. Tanto è vero che al vertice del “Cane a sei zampe” si discute con i russi in merito alla cessione di una quota del 16,7% del giacimento di Elephantfield in Libia.

Anche l’Iraq è nel mirino dell’Eni che si prepara a partecipare al bid round indetto dalle autorità locali per giugno-luglio, come faranno altre compagnie internazionali, e che riguarderà soprattutto il petrolio. E anche qui spuntano i russi che, nonostante la guerra in Iraq, non hanno mai perso quota quanto a penetrazione economica.

Situazione di stallo, invece, per l’Eni nel quadro del rapporto con il Kasachstan. Perché sulla definizione del progetto del maxigiacimento di Kashagan (campo petrolifero nella regione caspica le cui riserve, stimate a più di 50 milioni di barili, sono comparabili a quelle dei più grandi campi sauditi) sono ancora in corso i colloqui con le autorità kazake: alcuni punti del progetto dovrebbero essere definiti, ma il consorzio sta ancora discutendo con il governo locale. E nonostante l’andamento negativo non è in programma la dismissione del settore petrolchimico. Mosca, in tal senso, potrebbe avviare una transizione con il governo kasako di Astana visti i rapporti di Putin con il presidente locale Nursultan Nazarbaiev.

ASIA: OBIETTIVI COMUNI. Con il Gazprom come padrone-alleato, Berlusconi potrebbe avviare una sua campagna asiatica. Una sorta di nuovo grande gioco che evidenzierebbe positive prospettive per gli investimenti e per l’interscambio commerciale. Per Cina e India, infatti, grazie anche a regolamentazioni e incentivi introdotti dai governi locali, è previsto un aumento degli investimenti soprattutto nei comparti a maggior valore aggiunto come le infrastrutture, le attività eco-sostenibili, i servizi di logistica avanzata e le telecomunicazioni. Mosca è così pronta a sviluppare una serie di riflessioni sulla globalizzazione asiatica e in questo senso avrebbe proposto una forma di collaborazione con Roma dal momento che la presenza italiana in Giappone, Thailandia, Singapore e Hong Kong dovrebbe consolidarsi con trend di crescita già in atto nel consumo di prodotti italiani di alta gamma e collaborazioni anche nel settore della ricerca e sviluppo.

Di questi problemi e di questi successi relativi agli investimenti italiani nel continente asiatico si è parlato a Johannesburg nel corso di un vertice al quale hanno partecipato le camere di commercio italiane presenti nelle maggiori capitali asiatiche. E sull’onda di queste iniziative Putin e Berlusconi avrebbero intenzione di avviare intese comuni.

MEDIASET IN CAMPO. Siamo - dopo il vertice in Sardegna - al “Caro Mediaset”. Qui per ora si è sempre al top-secret. Ma si sa che Putin ha bisogno più che mai di normalizzare la rete informativa russa. E l’eventuale presenza di una società straniera nel mercato interno (Mediaset, appunto) potrebbe favorire il Cremlino. Un canale tutto Mediaset - con una sua rete di raccolta pubblicitaria in ogni angolo del mondo - sarebbe il ”regalo” di Berlusconi al Putin premier. Di qui le ripetute affermazioni di amicizia e di stima. Perché dietro a quei “Caro Vladimir” e “Caro Silvio” sappiamo che c’è ben altro: “Caro Gazprom”, “Cara Mediaset”.

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