di Eugenio Roscini Vitali

La deposizione rilasciata a Gerusalemme dal finanziere statunitense Morris Talansky lo inchioda di fronte alle sue responsabilità: in 13 anni Ehud Olmert avrebbe ricevuto tangenti per circa 150 mila dollari. Malgrado l’assedio della stampa, gli attacchi del Parlamento e l’ultimatum lanciato dal ministro della Difesa e leader laburista Ehud Barak, che ne ha chiesto le dimissioni, il premier israeliano va avanti, resiste e dice no ad ogni ipotesi di dimissioni, vacanze forzate o auto-sospensione per inconciliabilità con le funzioni di capo del governo; in pratica Olmert non lascia. Anzi, il viaggio negli Stati Uniti previsto per i primi di giugno si farà; in agenda ci sono una serie di questioni strategiche che dovranno essere discusse con il presidente George W.Bush con il quale condivide il progetto anti-Iran. A quanto pare Olmert aveva previsto un attacco dei laburisti. Infatti, appena finita la conferenza stampa del ministro della Difesa, senza scomporsi, ha chiarito il suo personale punto di vista sulla gestione degli scandali. Il premier è convinto - e per noi italiani non dovrebbe essere una novità, in quanto contagiati dallo stesso virus - che un’inchiesta nella quale è coinvolta una carica pubblica non debba essere necessariamente seguita dalle dimissioni o dalla sospensione temporanea dell’indagato. Secondo i suoi collaboratori, Olmert è infatti certo che alla fine l’indagine dimostrerà la sua completa estraneità ai fatti; in caso contrario sarà lui stesso a lasciare, ma questo solo ad inchiesta conclusa.

Che la pressione stia aumentando è ormai fuor di dubbio. Oltre all’attacco dell’ex premier Ehud Barak, Olmert deve infatti fare i conti con il crescente malcontento che si registra all’interno del suo stesso partito. Il ministro degli Esteri, Tzipi Livni, suo possibile successore in caso di impeachment, ha reso noto che Kadima si sta attrezzando per far fronte a qualsiasi eventualità. Parlando alla stampa israeliana la signora Livni ha confermato che, proprio in considerazione di quanto sta accadendo, il partito sta considerando la possibilità di elezioni anticipate; del resto era stata proprio lei che 1° maggio dello scorso anno, il occasione dello scandalo Winograd, aveva chiesto esplicitamente le dimissioni di Olmert, già indagato per corruzione quando era sindaco di Gerusalemme. Per dare all’elettorato la possibilità di scegliere il proprio candidato, il ministro degli Esteri si è detto favorevole allo svolgimento di primarie, un modo che permetterebbe a Kadima di riacquistare una credibilità provata dalle vicende del suo ex segretario.

Ora che l’ex primo ministro ha ufficialmente preso le distanze da Olmert, i Laburisti potrebbero abbandonare la coalizione di governo ed aprire una crisi che condurrebbe sicuramente a nuove elezioni. A questo si aggiunge poi la convinzione che l’inchiesta potrebbe influire negativamente sulla capacità del premier di portare avanti il processo di pace con i palestinesi o affrontare questioni assillanti come i rapporti con Hamas, Hezbollah e Teheran. Barak, che in occasione del rapporto preliminare sulla guerra in Libano aveva tentato di aprire una crisi, ha chiesto a Kadima di nominare una figura capace di assumere le redini del Paese, un personaggio politico che i laburisti, anche se in via temporanea, potrebbero appoggiare. I 19 deputati del partito Laburista sono fondamentali per sostenere una maggioranza risicata che con Kadima, Shas e partito dei pensionati conta 62 delegati su 120.

L'ipotesi di elezioni anticipate rimane comunque in rischio perché dagli ultimi sondaggi sembra che la vittoria andrebbe sicuramente al Likud di Benyamin Netanyahu. All’interno di Kadima sono in molti ad augurarsi le dimissione di Olmert; Amira Dotan, deputato del partito di maggioranza relativa, ha inviato una lettera al premier chiedendogli di lasciare la guida del partito; il vice premier Eli Yishai (Shas) è certo che la dinamica elettorale è ormai avviata. Tra le file dell’opposizione serpeggia invece un certo scetticismo: uno dei rappresentanti del Likud, Gideon Saar, ravvede nelle dichiarazioni di Barak la copia di quanto già avvenuto lo scorso anno con la signora Livni; c’è poi che crede che le dichiarazioni dell’ex premier, piuttosto che essere un ultimatum, sembrano un’azione tardiva e poco incisiva; secondo Zevulun Orlev, del Partito nazionale religioso, Barak sta continuando ad elargire promesse vacue piuttosto che assumere una posizione coerente e mettere fine all’era Olmert.

Ehud Olmert ricopre la carica di primo ministro dello Stato di Israele dal 4 maggio 2006. Con il governo Sharon era stato vice primo ministro, ministro delle Finanze e ministro dell'Industria. Eletto per otto volte nella Knesset e sindaco di Gerusalemme dal 1993 al 2003, il 4 gennaio 2006 viene chiamato a sostituire il premier Ariel Sharon, gravemente malato; subito dopo guida il Kadima alla vittoria elettorale del 28 marzo 2006. Nel maggio del 2007 viene travolto dallo scandalo nato in seguito all’intervento israeliano in Libano. Insieme al ministro laburista della Difesa, Amir Peretz, e il capo di Stato Maggiore, il generale Dan Halutz, le 171 pagine stilate dalla Commissione Winograd indicano come responsabile dell’insuccesso il premier Ehud Olmert, al quale viene rimproverato di aver condotto un’azione militare "senza ponderazione, senza senso di responsabilità e senza prudenza"; un intervento deciso nell’arco di poche ore che contrastava con la strategia fino ad allora seguita dallo Stato ebraico.

In relazione alle dichiarazioni rilasciate da Talansky, Olmert ha per ora ammesso di aver accettato consistenti quantità di denaro solo prima del 2006 (e cioè prima della sua nomina a primo ministro) e solo come contributi per spese personali legate alla campagna elettorale per la rielezione a sindaco di Gerusalemme. Ma lo stesso Talansky avrebbe già ammesso che l’attuale premier israeliano è attratto da quella che il quotidiano Ha'aretz definisce "la bella vita": alberghi di lusso, voli in prima classe, regali costosi e sigari di alta qualità, vacanze in Italia da 30 mila dollari, tutto a spese del miliardario americano. Il capo del governo continua comunque a chiedere tempo, vuole avere - e a ragione - la possibilità di dimostrare la propria innocenza.

Ma, comunque vadano le cose, quello che rimane è il colore verde dei dollari che in un modo o nell’altro hanno già lasciato una traccia: secondo un sondaggio il 70% degli israeliani non crede assolutamente che il danaro di Talansky fosse solo destinato alla campagna elettorale dell’amico Olmert e, quel che è peggio, è che il 51% di quelli che hanno votato per Kadima sono fortemente scettici sulla sua innocenza.

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