di Giuseppe Zaccagni

Li vediamo arrivare aggrappati a barche che fanno acqua: trovano rifugio ai bordi delle reti che pescano i tonni e sono scene da apocalisse che le nostre televisioni mostrano ogni sera come rubriche fisse. Scene che Frantz Fanon nel suo “I dannati della terra” ha già illustrato quando l’emergenza era solo agli inizi. Allora si parlava di “sogni muscolari” che caratterizzavano i poveri in cerca di vita e si faceva riferimento a quella “aggressività sedimentata nei muscoli” dei diseredati che cercavano di risolvere il problema della fame. Ora le “visioni” di Fanon sono qui nella vita di ogni giorno. Perché ci sono cento milioni gli africani che rischiano oggi di morire di fame o di sprofondare nuovamente nelle terribili condizioni di privazioni a causa della violenta crisi alimentare che sconvolge il pianeta. E’ questo l’allarme che arriva da un nuovo vertice della Fao: quello di Nairobi che ha un carattere regionale, cioè tutto africano. Nello stesso tempo la tragicità della situazione è confermata dall’ex segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, che presenta a Londra il rapporto sull’Africa elaborato dall’Africa Progress Panel (App), una sorta di “commissione di vigilanza” che scrutina gli aiuti erogati al continente africano.

La commissione, fondata, fra gli altri, dall’ex primo ministro britannico Tony Blair, e da Bob Geldof, musicista e attivista nel settore dello sviluppo sostenibile, critica duramente i paesi ricchi dell’Occidente che, nonostante le buone intenzioni proclamate durante il vertice G8 del 2005, non hanno mantenuto le promesse. Degli aiuti sbandierati tre anni fa a Gleneagles, infatti, mancano all’appello 40 miliardi di dollari: “Servono misure immediate. Le promesse che davvero contano – tuona Kofi Annan in conferenza stampa – sono quelle che vengono mantenute”.

Il rapporto - un vero documento che analizza compiutamente il problema - vede la luce prima del consiglio Ue di Bruxelles e del vertice G8 in programma dal 7 al 9 luglio sull’isola di Okaido, in Giappone. Vuole quindi fare opera di pressione sui grandi del mondo perché non voltino le spalle al continente africano. “L’Africa – tuona ancora Annan – ha fatto progressi sostanziali negli ultimi anni. Purtroppo, la crisi alimentare rischia di azzerare molti dei risultati così duramente ottenuti: con 100 milioni di persone che rischiano di sprofondare nuovamente nella povertà, il costo del cibo non sarà misurato con il prezzo del grano e del riso, ma con il crescente numero di morti, soprattutto bambini, che si verificheranno in Africa”. Si è, quindi, ad una situazione senza ritorno.

Ed anche sulla spinosa questione dei biocarburanti l’ex segretario generale dell’Onu interviene con una raccomandazione: “A governi e compagnie dico: state attenti, non arriviamo al punto di destinare i migliori appezzamenti di terreno alla produzione dei biocarburanti. Sebbene le stime sull’impatto avuto dai biocarburanti sul rialzo dei prezzi variano – c’è chi dice il 40% e chi, come la delegazione americana al vertice Fao a Roma, il 23% – non si può negare che un impatto c’è stato”. Ed ecco che a Kofi Annan fanno eco le voci che vengono da Nairobi dove si svolge la venticinquesima conferenza africana della Fao.

Tema centrale del confronto è quello del miglioramento della gestione delle acque per stimolare la produzione agricola e quindi far fronte ai bisogni alimentari delle popolazioni. Secondo Mafa Chipeta, coordinatore subregionale della Fao, per affrontare la crisi alimentare l’Africa dovrebbe almeno triplicare la propria produzione agricola domestica, per non dover contare solo sugli aiuti, tramite cambiamenti specifici alle tecniche utilizzate.

L’App - da Londra - evidenzia intanto i punti su cui il G8 giapponese di Okaido dovrà spingere per contrastare la crisi alimentare in atto: livelli e qualità degli aiuti; commercio; cambiamenti climatici; infrastrutture; good governance. “Servono misure immediate – rileva Annan - perché le promesse che davvero contano sono quelle che vengono mantenute. L’Africa ha fatto progressi sostanziali negli ultimi anni. Purtroppo, la crisi alimentare rischia di azzerare molti dei risultati così duramente ottenuti: con cento milioni di persone che rischiano di sprofondare nuovamente nella povertà il costo del cibo non verrà misurato con il prezzo del grano e del riso, ma con il crescente numero di morti, sopratutto bambini, che si verificheranno in Africa”.

E sempre dall’assise di Londra torna il monito di sempre. E cioè che l’umanità - che ha avuto ed ha a disposizione tanti mezzi scientifici e tecnologici, - non riesce a risolvere il problema alimentare che assume sempre più dimensioni e gravità inaudite. E così se da un lato i progressi della cultura, della medicina e dell’igiene hanno allungato la vita attiva degli esseri umani, dall’altro assistiamo al continuo peggioramento delle condizioni di vita di vasti settori della popolazione. Il dramma dell’Africa è, quindi, il dramma del mondo d’oggi. Che vede paesi lacerati dalla violenza, dalla tortura, dalle stragi di civili. E storia e cronaca tornano a sbatterci in faccia la realtà.

Perché il dominio coloniale non ha smesso di produrre nodi atroci. Anche laddove la guerra d’indipendenza ha trionfato, le violenze di epoche passate, l’erosione massiccia delle culture locali e dei legami sociali, si sono come sedimentate e paiono riemergere sotto forme nuove e non meno tragiche. Il vento dell’Africa soffia più forte che mai.

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