di mazzetta

La Corte Penale Internazionale (ICC) dovrà presto pronunciarsi sull'accusa di genocidio nei confronti della Francia. La Corte, nata nel 2002 per giudicare solo reati gravissimi e solo ove il paese nel quale si siano svolti non proceda autonomamente, fino ad ora ha dato scarsa prova di efficienza e discernimento. A finire sul banco d'accusa sono state fino ad ora figure di secondo piano, tutti leader africani all'opposizione di leader spesso ugualmente responsabili e sempre al potere grazie alla benevolenza del colonizzatore occidentale di riferimento. La fresca accusa di genocidio al presidente sudanese per i crimini in Darfur (che non è mai stata formalizzata, ma solo discutibilmente annunciata) è già abortita, mente crimini notissimi e ben più gravi non hanno ricevuto alcuna sanzione. A gettare il sasso nello stagno è il Rwanda, che accusa una decina di ufficiali francesi, tra i quali Mitterand, e gli ex ministri Juppè, Balladur e de Villepin, di aver stimolato ed agevolato il genocidio dei Tutsi nel 1994. Accusa che molti attendevano da tempo, le responsabilità francesi erano note ben da prima che la commissione indipendente ruandese raccogliesse le prove e formalizzasse l'accusa di fronte all'ICC. Una bella sfida per Luis Moreno Ocampo, il procuratore dell'ICC sempre più discusso, che ha dimostrato preferire il farsi attore della politica occidentale, piuttosto che tenere fede al proprio mandato. Ocampo è riuscito a respingere oltre duecentoquaranta dossier presentati da associazioni ed istituzioni internazionali sull'Iraq. Negando la competenza dell'ICC prima e infine affermando che i casi in oggetto non erano numericamente sufficienti a qualificare come “gravi” i crimini commessi dalle forze di occupazione in Iraq: “Le informazioni disponibili a quest'epoca sostengono basi ragionevoli per l'omicidio volontario e un numero limitato di vittime di trattamenti inumani, totalizzando nel complesso meno di venti persone”, queste le parole di Ocampo.

Una singolare distanza da una realtà disponibile a tutti che parla di decine di migliaia di detenuti trattati da animali, torturati e privati dei più elementari diritti legali; per non parlare di quattro milioni di profugi e qualche milione di feiriti. Ugualmente l'ICC continua ad ignorare i crimini della giunta birmana e di un'altra decina di sanguinari dittatori benvoluti in Occidente.

Ocampo ora dovrà confrontarsi con un dossier che accusa la Francia di aver spalleggiato e promosso genocidio ruandese. La commissione ha lavorato due anni, raccolto molte testimonianze di persone comuni, ufficiali ruandesi, scrittori e giornalisti. Il rapporto di cinquemila pagine accusa la Francia di aver armato, addestrato e favorito gli Hutu, oltre ad aver ostacolato le indagini sul massacro e ostacolato la riconciliazione. In particolare, nel 2004 un tribunale francese (non si sa in virtù di quale competenza) ha accusato l'attuale presidente ruandese Kagame di aver ordinato l'uccisione del leader Hutu Juvenal Habyarimana. L'abbattimento dell'aereo sul quale viaggiava, che i ruandesi attribuiscono ad estremisti Hutu, fu l'evento scatenante del genocidio.

Secondo la commissione d'inchiesta la partecipazione francese si estese fino ad alcuni stupri commessi da soldati francesi ai danni di donne Tutsi, ben oltre il “lasciar fare” o il mancato intervento. Le accuse ruandesi delineano il quadro di una tragedia che ha visto in pochi giorni ottocentomila persone perdere la vita e molte altre gli affetti, gli averi e la dignità. La strage si svolse nella cornice della Prima Guerra Mondiale Africana, un conflitto innominabile in Occidente, che fece almeno sei milioni di morti, mentre le potenze occidentali animavano i leader locali all'assalto delle ricchezze del Congo orfano del dittatore Mobutu.

Relativamente a questo conflitto è stato promosso un solo procedimento presso l'ICC, ma sfortunatamente Ocampo non sembra essere in grado di presentare prove nemmeno del coinvolgimento di un signore della guerra locale. Il procedimento si è esaurito perché Ocampo non ha presentato alcuna prova al collegio difensivo, lasciando l'impressione che non ne avesse. Una fotocopia del caso delle accuse al presidente sudanese al-Bechir, che Ocampo si è limitato ad annunciare alla stampa senza però formalizzarle. Ora invece si fa sul serio, il crimine è serio, l'accusato è eccellente e le prove sono sul tavolo. Un bel campo di prova per l'ICC, che dipende dal Consiglio di Sicurezza ove la Francia conserva il diritto di veto.

La linea francese sulla propria politica africana è semplice: negazionismo assoluto. Tanto che sui media francesi nessuno si è appassionato nemmeno ai recenti combattimenti (illegali) in Ciad e repubblica centrafricana, ai quali sono seguiti massacri e la fuga di oltre un milione di persone verso i campi allestiti dall'Onu. Per singolare coincidenza o per identico modus operandi, la Francia ha ottenuto la costituzione di una missione EUFOR in Ciad intitolata ipocritamente alla protezione dei profughi del Darfur. L'interventismo francese è storicamente responsabile di milioni di morti, ben oltre il tragico bilancio ruandese. Gli interventi militari francesi in Africa e Indocina hanno gettato nel dramma interi paesi e ancora oggi quello che resta della cosiddetta Francafrique è costituita da una serie di dittature mantenute al potere da Parigi.

Furono proprio i militari francesi schierati nell'operazione Turquoise, sotto egida ONU, lo strumento di Parigi, così come oggi in Ciad lo sono quelli del dispositivo militare Epervier che si nasconde dietro il bollino europeo ed “umanitario”. Per i ministro degli esteri Kouchner, che respinge sdegnato le accuse, in Ruanda la Francia commise solo “errori politici”, per i quali comunque la Francia non si è mai scusata con le vittime del genocidio. Molti nel mondo parlano di gravi responsabilità dirette della Francia, non meno evidenti di quanto non lo siano i recenti combattimenti per salvare altri due dittatori centrafricani dalle ire dei loro cittadini.

L'ICC deve ora vagliare le accuse e, ove le riconosca veritiere, dovrà spiccare i mandati di cattura nei confronti degli accusati per trarli a giudizio nel tribunale olandese di Hague, similmente a quanto sta accadendo in questi giorni al serbo Karadzic su mandato di un'altra corte internazionale (ICJ). C'è da scommettere che la Francia rifiuterà con forza di sedere sul banco degli imputati e che cercherà con ogni mezzo di evitare il giudizio. Una scelta legittima, che farà poco rumore, ma che certificherà comunque le responsabilità francesi nel genocidio. Se la Francia si considerasse e fosse veramente innocente si presenterebbe a testa alta al giudizio reclamando la propria innocenza.

Un duro colpo alla politica francese in Africa, costruita sul supporto a orrende dittature servili e un duro colpo all'ipocrisia occidentale. L'ICC nasce come strumento ultimo di polizia internazionale contro i grandi crimini, crimini che l'Occidente commette ciclicamente e per i quali è sempre ben attento ad assicurarsi l'impunità formale. Ma oggi, con la denuncia ruandese, il meccanismo sembra sfuggire di controllo a chi l'ha creato, trasformando l'ICC da strumento di dominio in strumento di contestazione del sistema delle relazioni internazionali.

Quello che è certo è che per la Francia e per altri paesi che amano ingerire militarmente negli altri paesi il problema è grosso; ove l'iniziativa ruandese facesse breccia si aprirebbe la strada a procedimenti clamorosi per crimini spaventosi, crimini che l'opinione pubblica globalizzata non ha nemmeno avuto l'occasione di conoscere grazie alle complicità dei media e dei politici di tutti gli orientamenti.

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