di Elena Ferrara

Della “Primavera di Praga” aveva detto: “Che festa fu, che carnevale!". E in patria hanno continuato ad esaltarlo per le sue narrazioni taglienti, sofferte e divertenti, tutte segnate dalla sua originale traiettoria intellettuale in bilico tra l’enigma politico e quello storico proprio in una nazione simbolo della mitteleuropa. Quindi successi e aperte manifestazioni di ammirazione. Ora la “primavera praghese” è lontana. Le foglie ingiallite coprono i parchi di Praga e sul grande scrittore Milan Kundera scendono le ombre delle polemiche. E’ quella “vita degli altri” che torna a farsi sentire in un clima kafkiano di vendette e ripicche. Perchè lo scrittore - autore del bestseller “L’insostenibile leggerezza dell’essere” - viene ora accusato di aver denunciato nel 1950 alla polizia segreta uno studente che venne poi condannato a 22 anni di carcere. La rivelazione, che getta una pesante ombra sul romanziere (che è stato ed è l’accusatore dei mali del socialismo reale) appare sulla rivista Respekt di Praga e si basa su documenti degli archivi dell’Istituto di studi sui regimi totalitari. “Oggi verso le ore 16 – dice l’inedito rapporto di polizia numero 624/1950, conservato negli archivi del ministero dell'Interno – uno studente di nome Milan Kundera, nato il 1° aprile 1929 a Brno, si è presentato a questo dipartimento per riferire che una studentessa doveva incontrarsi in serata con un certo Miroslav Dvoracek, un giovane disertore in procinto di recarsi clandestinamente in Germania".

La rivista praghese che rende noto il dossier - con un commento del giornalista Adam Hradilek - fa poi notare che Dvoracek, arrestato sul luogo dell'appuntamento, in seguito alla denuncia venne poi condannato a 22 anni di reclusione e inviato - come diversi altri prigionieri politici dell'epoca - ai lavori forzati in una miniera di uranio. Fu rilasciato nel 1963, mentre Kundera pubblicava "Amori ridicoli", il romanzo che lo lanciò verso la notorietà. Ora nel suo articolo il giornalista di Praga fa anche notare che Kundera al momento dei fatti aveva 21 anni, non conosceva personalmente Dvoracek, ma ne aveva sentito parlare. Hradilek, che lavora all'Istituto di studi sui regimi totalitari, racconta quindi di essersi imbattuto per caso nel nome di Kundera, mentre spulciava gli archivi alla ricerca di conferme della storia riferitagli dalla donna che si era incontrata con Dvoracek e che da allora si era sentita in colpa.

Si scatenano le polemiche. Vengono alla luce nuovi dettagli e nuove versioni. Kundera, emigrato nel 1975 in Francia, si difende. Ha alle spalle una storia tragica di dissidente. Ed ora nega di avere ''denunciato chicchessia negli anni '50 alla polizia segreta comunista, la Stb''. Definendo le accuse nei suoi confronti, mosse dall'Istituto per lo studio dei regimi totalitari, delle ''menzogne''. Ma Marketa Novak moglie di Miroslav Dvoracek (l’uomo ha ora 80 anni e vive, malato, in Svezia) dichiara: “Non fa alcuna differenza sapere chi consegnò Miroslav alla polizia comunista. Lui sa solo che venne denunciato per cui oggi, chi l'ha fatto, non fa alcuna differenza.” Ma aggiunge: “Non siamo affatto stupiti che Kundera sia stato chiamato in causa”.

In questo contesto di accuse e smentite vengono alla luce una serie di particolari sull’intera vicenda degli anni ’50. Si apprende che Miroslav Dvoracek era un pilota e aveva lasciato la Cecoslovacchia nel 1948, quando i comunisti avevano preso il potere. In un campo profughi a Monaco era stato reclutato da un servizio segreto cecoslovacco finanziato dagli americani e rimandato in patria per fare da corriere. Secondo i documenti di polizia pubblicati ora dalla rivista “Respekt” il “merito” dell’arresto spetterebbe a Kundera, all'epoca studente di 21 anni. Dvoracek fu condannato a 22 anni di reclusione, scontandone 14, dieci dei quali, appunto, in una miniera di uranio.

Questa storia che riemerge dal passato è in piena evoluzione. Si ripete, in pratica, uno scenario già visto in Polonia dove nel maggio dello scorso anno a cadere sotto i colpi di una incredibile accusa fu il grande scrittore polacco Ryszard Kapuscinski (reporter di guerra, autore di saggi conosciuti e studiati ovunque) presentato come delatore e collaboratore dei servizi segreti del regime comunista. Una feroce messa in scena che la storia polacca ha cancellato e superato nel giro di pochissimo tempo. Ora tocca a Kundera. Altro paese, altre condizioni, ma l’obiettvo sembra essere lo stesso. Dimostrare che il mondo dell’intellighentsija era corrotto e compromesso e che, quindi, bisognava fare piazza pulita.

Così si punta a far affondare nel fango anche un personaggio come Kundera. Detto questo se a Praga si dimostrerà l'autenticità del documento, per Kundera, considerato un apostolo morale fra gli intellettuali cechi assieme ad altri grandi come Franz Kafka, Vaclav Havel o Milos Forman, sarebbe certamente un finale inglorioso. Che costriggerebbe tutti a rileggere in chiave assolutamente diversa quei suoi libri dominati dalle tragiche esperienze di personaggi espulsi dal partito comunista cecoslovacco e finiti al lavoro nelle miniere. Tutte vicende segnate dal dolore per la perdita della libertà e di quell'atteggiamento definito "lirico" che è stato, per molti, la molla dell'adesione a un'ideologia che oggi viene riletta. E condannata. Ma è Kundera che in questo momento si trova sul banco degli accusati dove si addensano le ombre di una nuova burocrazia poliziesca, kafkiana, impietosa quanto cieca e imprevedibile. Arriva l’inverno per lo scrittore di Praga.

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