di mazzetta

Si è aperto all'inizio della settimana quello che è sicuramente il più importante procedimento giudiziario della storia della Turchia repubblicana. Sul banco degli imputati un’organizzazione chiamata Ergenekon, accusata di numerosi omicidi politici e di aver programmato un golpe contro l'attuale governo del partito d'ispirazione islamica AKP. Il processo potrebbe segnare un punto di transizione storica per la Turchia, che attraverso il dibattimento sembra destinata a una lunga discussione pubblica sulla sua storia recente, al termine della quale potrebbe emergere un paese finalmente sollevato dalla pesante tutela dei militari, anche se non ci sono militari in servizio tra gli ottantasei imputati quarantasei dei quali detenuti. Fin dalla fondazione della repubblica kemalista l'esercito turco si è posto come guardiano della legalità repubblicana e della “turchità”, diventando ben presto una presenza talmente ingombrante da impedire uno sviluppo veramente democratico del paese. I governi-fantoccio si sono succeduti a golpe militari fin oltre la caduta del muro di Berlino, l'esercito è cresciuto in maniera elefantiaca e ha letteralmente occupato la società e l'economia. Porta dell'Europa verso l'Oriente, la Turchia ha interpretato il proprio ruolo di bastione della NATO in maniera estensiva e l'esercito turco è sempre stato lucidamente reattivo nel sollecitare minacce all'integrità dello stato e ad accorrere in soccorso afferrando sempre più potere.

Godendo del forte sostegno, non solo economico, degli Stati Uniti, l'esercito turco è stato per anni il reggente poco occulto della politica e dell'economia turca, tenendo il paese ben lontano dalle moderne forme di democrazia. Negli ultimi anni però, la situazione ha sicuramente avuto un'evoluzione senza scosse verso il trasferimento del potere al governo civile liberamente eletto. Il successo dell'AKP di Erdogan e diversi anni di governo gestiti con acume e sangue freddo, e benedetti da un robusto sviluppo economico, sono stati ingredienti determinanti, così come sicuramente ha giocato un ruolo importante l'aspirazione turca all'ingresso in Europa, molto popolare tra i cittadini. Il caso che l'AKP sia d’ispirazione islamica ha però rappresentato un grosso problema e solo il tempo ha avuto ragione di pregiudizi e paure, molto sostenute dalla propaganda ostile.

A interrompere quello che sembrava un cammino virtuoso è intervenuta la guerra in Iraq, che ha offerto di nuovo l'occasione per un aumento del peso dell'esercito sulle scelte politiche. Pur assecondando le aggressive strategie dei militari contro i curdi, Erdogan ha investito nelle regioni curde, ponendosi in antitesi con il precedente approccio alla questione fondato esclusivamente sulla repressione militare. Sembra una politica schizofrenica, ma lasciando spazio ai militari Erdogan ha probabilmente dimostrato loro di non rappresentare un pericolo mortale e salvato il moto di progresso verso una Turchia democratica.

Sotto processo non andrà nemmeno un militare, ce ne sono solo un paio in pensione tra gli imputati, Ergenekon da come emerge dal quadro processuale, è un'organizzazione composta da figure di secondo piano e su questo, paradossalmente, si appoggia l'estrema destra per dire che il processo è una farsa. Non ci sono i grandi padrini della mafia turca, non ci sono generali e nemmeno i corrottissimi vertici dell'amministrazione pubblica. Circostanza abbastanza strana considerando che solo un paio d'anni fa, l'attuale capo dell'esercito turco Buyukanit era finito sul banco degli imputati, quando i suoi uomini erano stati catturati da una folla inferocita dopo aver messo a segno un attentato da attribuire ai curdi. Il processo nel quale lo si indicava a capo di una specie di Gladio turca è però finito alla svelta con la rimozione del procuratore incaricato.

Con Ergenekon invece le cose sembrano andare diversamente e sembra che ci sia il consenso dell'esercito nel reprimere il sottobosco nazionalista che negli ultimi anni ha costellato la cronaca turca di clamorosi omicidi a sfondo politico. Lo scrittore Hrant Dink, il sacerdote italiano Andrea Santoro e altri sono finiti sotto i colpi dei sicari nazionalisti; il premio Nobel Oran Pamuk ha dovuto lasciare il paese dopo pesanti minacce, sorte che è toccata a molti altri personaggi della politica e della cultura turca. Che Ergenekon sia una realtà pericolosa è fuor di dubbio, mentre è già più dubbio che avesse la possibilità di sollecitare quel golpe militare che appare tra le accuse delle quali dovranno rispondere gli imputati.

Quello che è certo è che l'impianto accusatorio appare solido per molte delle ipotesi di reato e che il processo mobiliterà l'attenzione dei turchi a lungo. Appena iniziato è stato travolto dal successo e i giudici hanno dovuto aggiornare la prima udienza perché lo spazio era fisicamente insufficiente ad accogliere le parti, non parliamo del pubblico convenuto. Gli accusati sembrano godere ancora di un certo sostegno, ci sono turchi che non si sono fatti nessun problema nel presentarsi ad una manifestazione di fronte alla sede del processo inneggiando ai “patrioti” perseguitati. Molto limitata sembra invece la forza militare a disposizione del gruppo, l'attacco all'ambasciata americana (non rivendicato) in reazione alla prima retata di golpisti nell'estate scorsa, è stato un fallimento e non si sono segnalati altri exploit negli ultimi mesi.

Da quello che traspare, Ergenekon sembra destinata ad incarnare l'agnello sacrificale della pace tra AKP e militari, un lavacro di antichi peccati oltre il quale potrebbe trarre nuova linfa il cammino del paese verso forme più mature di democrazia. A favore di questa previsione c'è anche il consolidamento dell'AKP, uscito dalla crisi politica dell'anno scorso quasi con un plebiscito, poi sopravvissuto ad una causa intentata dai nazionalisti di fronte alla Corte Costituzionale nella quale si chiedeva lo scioglimento del partito per lesa “turchità”. Oggi sembra che militari e AKP abbiano trovato un livello di convivenza possibile, con grande delusione degli altri partiti, curdi in testa. E sembra anche che questa convivenza possa evolvere verso esiti di segno positivo.

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