di Michele Paris

Ottenuta l’approvazione dei piano di stimolo all’economia da 787 miliardi di dollari e annunciato il budget federale che potrebbe cambiare radicalmente il volto della società americana nel prossimo decennio, il neo-presidente Barack Obama e la sua amministrazione si apprestano ad affrontare una delle questioni più spinose della propria agenda: l’allargamento della copertura sanitaria. Lo scorso mese di febbraio, le già incerte prospettive di una riforma del sistema erano state ulteriormente ostacolate dalle dimissioni del segretario alla Salute designato Tom Daschle (ex senatore democratico e lobbista, considerato un’autorità in ambito sanitario) in seguito ad una disputa intorno al mancato pagamento di contributi fiscali per 128.000 dollari. L’annuncio del sostituto di Daschle - la governatrice del Kansas Kathleen Sebelius - e il progettato accantonamento di un fondo da 634 miliardi di dollari, raccolti dall’aumento delle tasse per i redditi più alti, promettono tuttavia di ridare nuovo vigore alla promessa di Obama di istituire un sistema di assistenza sanitaria alla portata di ogni americano. Le difficoltà che si profilano all’orizzonte per il nuovo inquilino della Casa Bianca nel suo tentativo di giungere ad una copertura universale - uno dei punti centrali del suo programma elettorale - sono aggravate anche dalla situazione di crisi economica che sembra ancora ben lontana dall’aver fatto registrare i sui effetti più negativi. Tanto più che la gravissima recessione in atto, a sua volta, sta producendo un incremento incontrollato della spesa pubblica destinata ai due principali programmi di assistenza sanitaria già gestiti e finanziati dagli stati e dal governo federale: Medicare e Medicaid. A ciò si aggiungano le resistenze dell’agguerrita opposizione repubblicana e delle aziende private di assicurazioni.

Il continuo lievitare delle spese sanitarie che rischiano di spingere fuori dal sistema moltissimi altri cittadini - che andrebbero così ad aggiungersi ai circa 46 milioni di americani già scoperti - il livello di popolarità di cui gode Obama in queste fasi iniziali del suo mandato e la sua disponibilità a coinvolgere nel processo di riforma tutte le parti in causa potrebbero però contribuire a creare un clima favorevole per la condotta in porto dell’operazione.

Se tanto la Casa Bianca quanto i democratici al Congresso concordano sulla necessità inderogabile di giungere ad un sistema di assicurazione sanitaria alla portata di tutti gli americani, molto sfumate sono al contrario le proposte attualmente in discussione. Le indicazioni finora avanzate da Obama per far fronte alle enormi spese che saranno necessarie comprendono, oltre al già ricordato aumento del carico fiscale per i più ricchi, una razionalizzazione dell’intero apparato e soprattutto tagli ai sussidi federali attualmente garantiti dal governo agli ospedali, alle compagnie di assicurazioni, alle case farmaceutiche e agli altri soggetti privati che compongono lo scenario dell’assistenza sanitaria statunitense.

Come già ha fatto recentemente con il piano di rilancio dell’economia, Obama sembra intenzionato anche in questa circostanza a fissare soltanto le direttive generali della riforma per poi lasciare ai membri della Camera dei Rappresentanti e del Senato - possibilmente secondo uno spirito bipartisan - il compito di decidere sui provvedimenti più specifici. Alcune commissioni congressuali peraltro stanno già lavorando da mesi a svariate proposte avanzate da parlamentari democratici, tra le quali spiccano quelle del presidente della commissione Finanze del Senato Max Baucus e del senatore del Massachusetts Edward “Ted” Kennedy.

Oltre a fare i conti con le diverse anime del Partito Democratico al Congresso - per non parlare della necessità di convincere qualche repubblicano, così da poter evitare ogni trappola di tipo ostruzionistico al Senato - Obama dovrà anche coordinare l’attività del gruppo di esperti incaricati di formulare la nuova politica sanitaria. Un delicato compito di mediazione tra i diversi punti di vista espressi da personalità spesso di rilievo, i cui limiti di responsabilità nella elaborazione della riforma del sistema non sono ancora stati fissati in maniera ufficiale.

A guidare il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS) sarà, come già anticipato, Kathleen Sebelius, 60enne, al suo secondo mandato da governatrice del Kansas. Già considerata qualche mese fa per la vicepresidenza, la nuova segretaria alla Salute porterà con sé una certa predisposizione bipartisan - sia pure raramente trasformatasi in risultati concreti - consolidata da sei anni di amministrazione in uno stato di tendenze conservatrici e nel quale il parlamento locale è dominato da una maggioranza repubblicana. Ma soprattutto Kathleen Sebelius potrà mettere sul tavolo l’esperienza nel trattare con le compagnie di assicurazioni accumulata nei sette ani trascorsi come “Insurance Commissioner” del Kansas, posizione che prevede l’attività di regolamentazione delle società operanti nel settore assicurativo.

Decisa sostenitrice della necessità dell’intervento governativo nella sfera dell’assistenza sanitaria, la segretaria-designata non è riuscita tuttavia nel recente passato ad allargare la copertura assicurativa nel proprio stato. Qui infatti i repubblicani hanno bocciato nel 2004 la sua proposta di aumentare le tasse sul tabacco per garantire l’assistenza a 70.000 dei circa 300.000 abitanti del Kansas privi di un’assicurazione. Stessa sorte hanno avuto successivamente anche i tentativi di creare un’agenzia sanitaria sotto il suo controllo e di garantire l’assistenza a tutti i bambini al di sotto dei 5 anni. Contro la governatrice democratica si sono inoltre già schierate le associazioni anti-abortiste, da tempo polemiche nei suoi confronti per aver posto più volte il veto a misure volte alla limitazione di questa pratica. La Sebelius è una cattolica praticante e, nonostante si dica personalmente contraria all’aborto, è una convinta sostenitrice del diritto a ricorrervi.

Kathleen Sebelius non ricoprirà in ogni caso anche l’altro incarico chiave che era stato invece originariamente assegnato a Tom Daschle, quello cioè di capo dell’Ufficio per la Riforma della Sanità alla Casa Bianca, una sorta di consigliere del presidente in questo ambito. Il cosiddetto nuovo “Health Reform Czar” sarà invece Nancy-Ann Min DeParle, già incaricata della supervisione dei programmi Medicare e Medicaid durante la presidenza Clinton e ancora prima a capo del Dipartimento della Salute del Tennessee, suo stato di provenienza. Originaria di una famiglia di immigrati cinesi e laureata grazie a borse di studio a Oxford e ad Harvard, Nancy-Ann Min DeParle può vantare una profonda conoscenza del settore nel quale si troverà ad operare, anche se i suoi precedenti professionali nel settore privato rischiano di risollevare le polemiche che avevano accompagnato la nomina del suo predecessore designato.

La signora DeParle infatti, dopo aver lasciato l’incarico ottenuto dall’amministrazione Clinton, ha fatto parte della dirigenza di alcune compagnie operanti nel settore della sanità che saranno interessate dalla prossima riforma Obama. Alla luce delle controversie legate alla nomina di Daschle, c’è da credere che questa volta il processo di selezione della Casa Bianca abbia comunque sgomberato il campo da ogni possibile imprevisto. Tale posizione inoltre non necessita di conferma da parte del Congresso. Una scelta in ogni caso discutibile, che riflette però la strategia di Obama di poter contare su una personalità autorevole e in grado di confrontarsi in maniera produttiva con le aziende che dovranno verosimilmente subire le conseguenze di una possibile ristrutturazione del sistema sanitario americano.

Oltre a Sebelius e DeParle - la prima garante soprattutto dell’implementazione della futura riforma, mentre quest’ultima maggiormente coinvolta nella sua formulazione - a fornire il proprio contributo saranno anche, per limitarsi al team operante dalla Casa Bianca, il responsabile dell’Ufficio del Bilancio Peter Orszag, incaricato di garantire la copertura finanziaria di ogni iniziativa legislativa, il capo di gabinetto Rahm Emanuel e il fratello Ezekiel (stimato oncologo e anch’egli consigliere di Obama ), la direttrice del “Domestic Policy Council” Melody Barnes e il numero uno del “National Economic Council” Larry Summers, ex Segretario al Tesoro con Bill Clinton.

Il più grande interrogativo circa l’esito degli sforzi di Obama per giungere finalmente ad una copertura sanitaria universale negli USA risiede però probabilmente nell’atteggiamento delle compagnie private di assicurazione, esse stesse colpite duramente dalla crisi economica in corso a causa dell’abbandono dei propri piani assistenziali da parte di milioni di disoccupati. A differenza degli anni passati, la sensazione appare quella di una certa disponibilità a discutere dei cambiamenti da apportare al sistema, anche se resta da verificare quale prezzo tali aziende saranno pronte a pagare.

Se l’orientamento del governo sarà quello - come appare probabile - di muoversi verso un sistema basato ancora sui fornitori privati di servizi sanitari accompagnato da sussidi pubblici che garantiscano l’accesso alle cure a tutti i cittadini, la stipula di qualcosa come 46 milioni di nuove polizze potrebbe far digerire alle grandi aziende l’obbligo di garantire la copertura anche a quanti si trovino, o si siano trovati in passato, in condizioni di salute precarie.

Maggiori resistenze potrebbero manifestarsi piuttosto in merito all’annunciata riduzione delle generose sovvenzioni federali stabilite dal Congresso nel 2003 e legate alla ristrutturazione del programma Medicare. Secondo la discussa normativa in vigore infatti (“Medicare Advantage”), le compagnie assicurative che accettano anziani nei propri piani sanitari ricevono dal governo un importo superiore del 14% rispetto a quanto viene stanziato per gli identici servizi forniti dal tradizionale programma pubblico Medicare.

Il vero spettro per i privati tuttavia sarebbe l’estensione di Medicare - programma federale che copre i soli anziani - ai cittadini con meno di 65 anni. Dal momento che esso prevede spese decisamente inferiori rispetto ai piani forniti dai privati, la concorrenza per le aziende che offrono questi ultimi risulterebbe insostenibile. Per questa ragione infatti, i colossi dell’industria sanitaria stanno facendo fronte comune con ospedali e istituti di cura privati, ricorrendo ai servizi di una schiera di lobbisti di Washington, per evitare che la Casa Bianca si indirizzi verso un sistema dominato dal settore pubblico.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy