di Carlo Musilli

Dopo minacce, provocazioni e sanzioni punitive, alla fine qualcosa di concreto sul fronte del nucleare iraniano è accaduto. Rosatom, l’agenzia nucleare russa, ha fatto sapere che il 21 agosto trasporterà 64 tonnellate di uranio arricchito nel reattore nucleare della città-porto di Bushehr, Iran del sud. La centrale è nata negli anni 70 per mano dell’azienda tedesca Siemens, che è fuggita dal Paese dopo la rivoluzione islamica di Khomeini del 1979. I russi sono subentrati nel 1995, impegnandosi a ricostruire la centrale, reattore incluso, e a formare il personale. I lavori si sono trascinati a lungo, rallentati da continue sospensioni dovute a non meglio precisate “ragioni tecniche”.

Sembra che per anni Mosca abbia sfruttato la costruzione dell’impianto come arma diplomatica: non appena gli amici mediorientali facevano qualcosa di sgradito alla Grande Madre Russia, saltava fuori una bella “ragione tecnica”. Al contempo, i rinvii tornavano utili anche per placare momentaneamente i bollenti spiriti degli Stati Uniti, i nemici più agguerriti dell’arroganza iraniana verso l’Onu. Ma ormai ci siamo, la centrale è finita. Fra pochi giorni taglieremo il nastro.

Ali Akbar Salehi, capo dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica, ha invitato alla festosa cerimonia anche gli ispettori dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica di Vienna. Una bella soddisfazione, dopo le recenti sanzioni Onu e Ue contro il programma nucleare dell’Iran. Ma, soprattutto, una dimostrazione d’autonomia e di forza da parte della Russia. “L’attivazione di Bushehr - spiega la Ria Novosti, un’agenzia russa - rispetta totalmente le norme internazionali vigenti e il regime di non proliferazione”, ma il fatto che arrivi a così breve distanza dal duplice atto di sanzione non può non avere un significato.

In realtà, quello del 21 agosto sarà solo il primo dei tre passi che porteranno al vero avviamento della centrale. Ci vorranno infatti ancora tre mesi prima di iniziare a produrre energia elettrica: 160 barre di combustibile da 700 chili l’una andranno caricate nel nocciolo, quindi si potrà iniziare con la fissione, che per le prime settimane sarà tenuta a livelli minimi in modo da consentire i test di sicurezza. Quando finalmente inizierà a funzionare, la centrale produrrà plutonio, che potrebbe essere usato per realizzare armi atomiche. Per questo motivo la Russia ha posto una condizione agli iraniani: se volete l’uranio, dovete riconsegnarci il plutonio.

Nonostante questa lodevole accortezza, il Cremlino è stato accusato di anteporre i propri interessi commerciali alla sicurezza dell’Europa e di Israele. Da Mosca hanno risposto che il contratto da un miliardo di dollari per la centrale di Bushehr è stato firmato addirittura nel 1995 e ormai non ha più alcun interesse per loro. L’avvio del nuovo impianto pone invece le premesse perché un giorno tutte le attività nucleari iraniane si svolgano sotto l’egida dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica.

C’è da credere che l’atteggiamento collaborazionista della Russia abbia fatto venire l’orticaria all’intero corpo diplomatico Usa, che da mesi cerca di isolare l’Iran per costringerlo a trattare. Nel marzo scorso, quando Vladimir Putin ha rivelato che la centrale di Bushehr sarebbe entrata in funzione ad agosto, Hilary Clinton ha definito la decisione “prematura”, chiedendo a Mosca di rimandare l’avvio del reattore mediorientale a tempi meno sospetti. Voleva esser sicura che Tel Aviv non rischiasse di far la fine di Nagasaki. Purtroppo il segretario di Stato convive ancora con le sue angosce.

Eppure, formalmente, gli Stati Unti non hanno problemi con la centrale di Bushehr. E’ vero, quindici anni fa erano contrari alla collaborazione Russia - Iran, ma nel 2006 hanno avuto modo di ricredersi. A colpi di bianchetto, ogni riferimento a Bushehr è stato cancellato dalle sanzioni dell’Onu contro la repubblica islamica. In cambio, Mosca ha sottoscritto il documento. Stessa storia anche per le tre successive risoluzioni delle Nazioni Unite contro Teheran.

Questo però non è bastato ad ammansire gli yankee nella loro crociata contro il nucleare iraniano. Secondo Robert Gibbs, portavoce della Casa Bianca, “se la Russia si occupa di rifornire di combustibile la centrale e di ritirare poi le scorie, l’Iran non ha evidentemente alcun bisogno di sviluppare una propria capacità di arricchimento”. Il fatto che Teheran non interrompa il programma per l’arricchimento dell’uranio, quindi, alimenta sempre più il dubbio: gli iraniani stanno sfruttando il programma nucleare civile per coprire lo sviluppo di armi atomiche? Loro continuano instancabilmente a negare, “il nucleare - dicono - ci serve per l’elettricità”, ma in pochi sono disposti a credergli sulla parola. Ahmedinejad non somiglia per niente a Enrico Mattei.
 

 

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