di Eugenio Roscini Vitali

Nell’agenda dei paesi mediorientali il nucleare è ormai uno dei punti di maggiore interesse e, in questa ottica, l’Arabia Saudita è senza dubbio il paese più attivo. O almeno quello che nelle ultime ore sembra essere il più deciso ad utilizzate l’atomo non solo per produrre energia civile ma anche, e soprattutto, per contrastare l’egemonia militare iraniana in abito regionale.

Secondo quanto pubblicato dal sito d’intelligence israeliano Debka, Ryadh starebbe consolidando con il Pakistan la collaborazione militare iniziata alcuni anni fa e ora sarebbe sul punto di acquisire da Islamabad due bombe atomiche e un lotto di missili balistici a medio raggio, come l’ultima versione dei Ghauri-II, vettore con range operativo di 2300 chilometri e testata da 750-1200 chilogrammi prodotto nella provincia del Punjab dall’industria bellica Kahuta Research Laboratories (KRL).

Mentre i due ordigni nucleari non avrebbero ancora lasciato la base aerea di Kamra, distretto settentrionale di Attock, nel Pakistan settentrionale, un numero non precisato di Ghauri-II sarebbe già stato consegnato e stoccato nei silos sauditi di Al-Sulaiyil, complesso missilistico situato 500 chilometri a sud della capitale.

Il fatto che Ryadh fosse in procinto di munirsi di armi atomiche era in parte trapelato dalle dichiarazioni di alcuni funzionari sauditi, che nelle settimane scorse, durante un giro di riunioni all’estero, hanno più volte ribadito come il Regno abbia per ora preferito rivolgersi ad altre fonti piuttosto che dotarsi della capacità di costruire un proprio arsenale nucleare.

Secondo le fonti israeliane il sospetto che le due bombe atomiche stiano per lasciare la Repubblica Islamica è confermato comunque dalla permanenza di due grossi velivoli da trasporto parcheggiati da alcuni giorni sulle piazzole si sosta dell’aeroporto di Kamra. Gli aerei, civili e sprovvisti d’insegne di riconoscimento, sarebbero pronti al decollo, ma per effettuare il volo l’equipaggio avrebbero bisogno di un doppio codice di autorizzazione, quello del Direttore generale dell’intelligence saudita, il principe Muqrin bin Abdel Aziz, e quello dello stesso re Abd Allah.

Per l’Arabia Saudita la corsa al nucleare risale agli anni Ottanta, quando le incertezze strategiche lasciano spazio alla Cina. Mentre nel caso del Pakistan l’obbiettivo predominante era quello di creare una piattaforma tecnologica capace di produrre autonomamente un arsenale di armi nucleari, l’Arabia Saudita era stata attirata dalla fornitura dei missili balistici a medio raggio CSS-2 (IRBM), 50 vettori a propellente liquido con la possibilità di installare testate nucleari e un raggio d’azioni di quasi 2.800 chilometri.

Alla collaborazione con Pechino ha poi fatto seguito il partenariato strategico con il Pakistan, un rapporto che Ryadh ha spesso utilizzato per controllare la politica interna pakistana e per diffondere l’influenza wahabita in Asia meridionale e nel sud-est asiatico. La stretta collaborazione tra i servizi segreti dei due Paesi, le luci e le ombre nei rapporti con Al Qaida e i talebani, hanno fatto da cornice ai piani sauditi riguardo le armi nucleari; cornice che per lungo tempo ha evitato un acquisto diretto degli armamenti, almeno fino a quando l’arsenale atomico iraniano non è diventato una vera minaccia e un’emergenza reale.

Da quando, nell’aprile del 2006, Ahmadinejad ha cominciato a sfidare il mondo ed ha annunciato che Teheran aveva iniziato ad arricchire l’uranio, tredici paesi arabi hanno preso o ripreso la strada del nucleare civile. In alcuni casi si tratta di programmi che puntano a raggiungere una sufficiente autonomia e sicurezza energetica, in altri si ravvede la necessità di far fronte a quella che viene vista come una minaccia alla stabilità dell’area.

L’Egitto ha rianimato un progetto che risale agli anni Ottanta ed ha annunciato che la prima centrale atomica verrà costruita ad el-Dabaa dalla francese Areva dall’americana Westinghouse ed entrerà in funzione nel 2019; gli Emirati Arabi Uniti hanno firmato con un consorzio sud-coreano guidato dalla Kepco, la compagnia elettrica nazionale che per 20 miliardi di dollari ha assicurato la costruzione di quattro reattori entro il 2017; il Kuwait, l’Algeria, la Tunisia, il Marocco e la Giordania stanno trattando con la Areva ed Amman gia ha sottoscritto un’intesa per una prima centrale atomica che dovrebbe entrare in funzione entro il 2020 e per la creazione un centro tecnico di formazione, il tutto in cambio delle licenze per lo sfruttamento dei giacimenti giordani di uranio che secondo le stime ammontano a 140 mila tonnellate.

La Siria è l’unico paese ad essere oggetto di un’inchiesta da parte dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ma il tentativo di dotarsi clandestinamente di un reattore nucleare simile a quello di Yongbyon, in Corea del Nord, potrebbe non essere un impedimento sufficiente a fermare il sogno nucleare del presidente Bashar al-Assar.

Mentre a Ryadh si preparano a difendere il ruolo saudita di superpotenza regionale, a Teheran c’è chi continua la sua affannata corsa al nucleare. Sempre secondo Debka, nei giorni scorsi una delegazione di scienziati e tecnici iraniani sarebbe partita alla volta di Yongbyon, centro di ricerca nucleare nord coreano situato nella contea di Nyongbyon, provincia del Pyongan settentrionale, 90 chilometri a nord di Pyongyang.

Dopo una visita alle centrifughe di arricchimento, la rappresentanza avrebbe fatto tappa al sito di Punggye-ri dove, secondo le ultime foto satellitari raccolte dall’intelligence americano, i nord coreani  starebbero scavando un tunnel sotterraneo ed entro la prossima primavera sarebbero pronti ad effettuare un nuovo test atomico.

Se la presenza degli iraniani fosse confermata, avvalorerebbe l’ipotesi avanzata alcune settimane fa dal vice primo ministro israeliano per gli Affari strategici, Moshe Yaalon, secondo il quale l’Iran non sarebbe ancora in grado di costruire un proprio ordigno nucleare;  le difficoltà tecniche fino ad ora incontrate avrebbero in qualche modo minato lo sviluppo, ma questo non significa che per raggiungere questo obbiettivo Teheran non possa chiedere ed ottenere un aiuto esterno.

 

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