di Alessandro Iacuelli

Non è iniziata nel migliore dei modi la presidenza di turno dell'Unione Europea da parte dell'Ungheria, inaugurata il primo gennaio. Subito all'indirizzo del Paese è arrivato un duro monito della Commissione Europea sulla legge che istituisce la nuova Autorità nazionale per i media e le comunicazioni. La Commissaria europea alle Telecomunicazioni, Neelie Kroes, ha chiesto al governo ungherese chiarimenti immediati sulla legge, ribattezzata in tutta Europa "legge bavaglio". A preoccupare é soprattutto "la capacità della nuova autorità di agire in maniera indipendente, principalmente a causa della sua composizione".

La risposta è stata altrettanto dura: Budapest rispedisce al mittente le critiche internazionali alla legge, definendole "assurde e frutto di disinformazione". Viktor Orban, il primo ministro magiaro, non si è spaventato e ha invitato i suoi connazionali ad andare avanti, senza curarsi troppo delle reprimende provenienti dall'Europa occidentale.

Ma i timori in Ungheria non sono affatto sopiti e guadagnano spazio sulle prime pagine di due quotidiani, che hanno parlato di "fine della libertà di stampa" e accusato la legge di "servire esclusivamente i fini autoritari del premier Orban". "Fine della libertà di stampa" è il titolo di prima pagina del Nepszabadsag (indipendente) e del Nepszava (di tendenza socialista), per protestare contro la legge bavaglio, in vigore dal primo gennaio. Oltre che in ungherese, la frase viene ripetuta in tutte le lingue dell’Unione europea, compreso l’italiano.

Il Nepszabadsag, in un articolo di fondo, sottolinea che la controversa legge sui media serve solo alle intenzioni autoritarie del governo del premier Viktor Orban e al suo partito conservatore Fidesz, consentendo loro di controllare, sanzionare e in fin dei conti anche far fallire tutti i media di orientamento contrario. "Dobbiamo difendere i nostri diritti fondamentali, speriamo che l'Europa si renda conto del carattere antidemocratico di questa misura, e farà i passi necessari", scrive dal canto suo il Nepszava.

Il portavoce della Commissione europea, Olivier Bailly, ha spiegato che l'esecutivo europeo ha acceso un riflettore su due contestatissime leggi magiare: la nuova normativa sulla stampa e la legge che impone una tassa speciale anti-crisi sulle banche, sulle compagnie energetiche, su quelle di telecomunicazioni e sulla grande distribuzione. Bruxelles dovrà valutare se i due provvedimenti non violino principi sanciti dalla normativa europea. Già l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), diversi governi europei, le organizzazioni internazionali non governative dei giornalisti, avevano puntato il dito nei confronti di una normativa accusata di limitare fortemente la libertà d'espressione.

I chiarimenti richiesti dall'Unione Europea sono stati sollecitati con una lettera inviata il 24 dicembre, in vista della riunione della Commissione programmata proprio a Budapest, come da prassi quando un Paese assume la presidenza di turno dell'Unione Europea. Intanto, la nuova legge ha già fatto la prima vittima: una radio commerciale è stata ammonita per aver mandato in onda una canzone del noto rocker Ice-T, che secondo l'Autorità rischia di corrompere la moralità dei giovani magiari.

Sul fronte della tassa internazionale, arrivano nuove grane a Budapest. Tredici grandi società europee hanno fatto ricorso alla Commissione Europea contro la legge adottata in ottobre che introduce un'imposta speciale retroattiva sulla grande distribuzione, le telecomunicazioni e le attività legate alla distribuzione dell'energia. L'obiettivo di Orban è di garantire un'entrata straordinaria per colmare il buco di 500 milioni di fiorini, circa 1800 miliardi di euro) nel bilancio pubblico.

Le società europee, in particolare tedesche, austriache, olandesi, francesi e della Repubblica Ceca, tra cui Ageon, Allianz, Axa, Ing, Rwe, EnBw, E.On, Deutsche Telekom, Omv, Cez, accusano il governo ungherese di agire in contrasto con le norme europee sulla concorrenza e non discriminazione tra imprese nazionali e imprese europee. Invece Orban cerca visibilmente di caricare il peso del consolidamento di bilancio sulle società estere. La lettera inviata dai 15 responsabili d'impresa alla Commissione europea dice esplicitamente che la legge magiara "fa torto agli investimenti e alla credibilità dell'impegno ungherese a favore del mercato europeo". Il portavoce dell'esecutivo europeo, a tale proposito, ha dichiarato che la Commissione sta aspettando la risposta puntuale del governo di Budapest e che valuterà il caso sotto il profilo della "non discriminazione" della tassazione in relazione ai diversi settori.

Le tasse speciali anti-crisi non sono una novità per l'Ungheria: già erano state introdotte dal precedente governo socialista nei settori bancario ed energia anche se meno pesanti. Il caso ha creato un gran subbuglio nel mondo imprenditoriale europeo, perché denuncia un problema reale: in tutti i Paesi dell'Europa dell'Est il peso degli interessi d’imprese occidentali è notevole, in alcuni settori come quello bancario talvolta preponderante. A questo si aggiunge la campagna della coalizione di centro-destra contro gli investitori non ungheresi, accusati di aver corrotto il governo socialista precedente per ottenere trattamenti fiscali favorevoli.

Tirando le somme, all'avvio del nuovo semestre a Bruxelles, dopo la legge bavaglio sui mezzi di comunicazione, Budapest è additata come la pecora nera dell'Europa liberale. La Commissione europea non esiterà ad aprire una procedura d’infrazione nei confronti dell’Ungheria se la sua nuova legge sui media dovesse rivelarsi in conflitto con le normative europee in materia. L’ha assicurato il portavoce della commissione Olivier Bailly: “Se c’è un’infrazione del diritto comunitario, la commissione aprirà una procedura e il fatto che l’Ungheria presieda l’Ue non avrà alcuna incidenza”.
 
Ci si chiede già se la presidenza ungherese sia in grado di portare a termine il suo mandato senza clamorosi incidenti in un momento particolarmente difficile, basti pensare alla gestione della crisi dell'Eurozona. Con il fiorino ungherese in caduta libera le difficoltà finanziarie del paese si aggravano, lo spettro di un nuovo declassamento da parte delle agenzie di rating si avvicina e i dubbi sulle prospettive economiche all'origine della decisione del Fondo monetario internazionale di sospendere il prestito di 25 miliardi di dollari non sono stati fugati. Senza parlare dei conflitti con la banca centrale sull'indipendenza e sulla politiche di bilancio.

Il 2011 è da molti considerato come l’anno della verità per l’euro e, più in generale, per il destino dell’Unione Europea. Da presidente dell’Unione, l'Ungheria rischia di doversi impegnare nel suo stesso salvataggio dalla crisi economica. E' difficile in tali condizioni tenere in mano le redini dell'agenda politica ed economica europea.

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