di Luca Mazzucato 

NEW YORK. Una tragedia incomprensibile. Non c'è alcuna spiegazione per il barbaro assassinio di Vittorio Arrigoni, giornalista, attivista, cooperante. Veglie di lutto a Gaza, Betlemme, Ramallah, Londra e molte altre città si moltiplicano, tra lo sgomento e l'incredulità. Tutte le fazioni palestinesi, senza distinzione, hanno condannato l'assassinio e il premier del governo Hamas a Gaza, Haniyeh, ha telefonato alla madre di Vittorio per porgerle le condoglianze dell'intero popolo palestinese.

La presenza di Vittorio a Gaza era continua. Era entrato a Gaza nel 2009 con una delle barche che forzavano il blocco navale israeliano. Durante l'ultima invasione israeliana di Gaza nel Gennaio 2009, Vittorio era stato l'unico italiano a rimanere nella Striscia per aiutare la popolazione sotto i bombardamenti.

I suoi reportage sulla guerra erano le uniche notizie disponibile per i media italiani, per il divieto da parte dell'esercito israeliano di far entrare giornalisti nella Striscia. Proprio durante la guerra, un gruppo estremista israeliano aprì un sito in cui incitava ad uccidere Vittorio, unica fonte di notizie da una zona che lo stato ebraico voleva invece oscurare.

Vittorio venne sequestrato e picchiato più volte dall'esercito israeliano, insieme ad attivisti e pescatori palestinesi. Durante la battaglia al campo profughi di Nahr al-Bared in Libano, fu uno dei pochi cooperanti a portare aiuto ai civili intrappolati tra il fuoco incrociato. Nelle parole del suo collega Khalil Shaheen dell'International Solidarity Movement, Vittorio è stato “un'eroe palestinese,” e il governo Haniyeh lo ha proclamato martire.

Il suo corpo senza vita è stato trovato in un casolare abbandonato alla periferia nord di Gaza City. Impiccato, forse già morto da ore, ben prima che scadesse l'ultimatum dei suoi rapitori. Le circostanze del delitto restano finora un mistero. Il sedicente gruppo terrorista al-Tawhid Wal-Jihad, dopo aver in un primo momento rivendicato l'assassinio, ha ritirato la rivendicazione.

Si tratta di una sigla diversa da quella che giovedì aveva rilasciato il video in cui Vittorio appariva bendato e tenuto per i capelli di fronte alla telecamera. I rapitori avevano dato al governo di Hamas un ultimatum di trenta ore per liberare i “prigionieri jihadisti,” tra cui spiccava la figura dello sceicco Al Sudani, patriarca dell'omonima famiglia, arrestato in Marzo da Hamas.

Le ultime notizie confermano che la polizia di Hamas ha arrestato due dei presunti rapitori e sta dando la caccia al resto della banda. Il governo palestinese ha dichiarato alla televisione francese di essere in possesso dei nomi di tutti gli altri responsabili. Il premier Haniyeh ha ordinato di dare priorità assoluta all'indagine per trovare i responsabili. Durante una riunione d'urgenza del governo palestinese per affrontare la crisi, Haniyeh ha promesso che “gli assassini saranno portati davanti alla giustizia al più presto, perché questa barbarie non si ripeta mai più.” Il movimento islamico teme che questa violenza insensata contro un attivista amato da tutta la popolazione porti alla fuga dei cooperanti stranieri, gli unici a prestare aiuto ai palestinesi sotto l'assedio israeliano da oltre tre anni.

Intanto continuano i bombardamenti israeliani sulla Striscia, in risposta ai razzi lanciati da militanti jihadisti palestinesi. I gruppuscoli estremisti, responsabili dei lanci di razzi contro Israele, stanno mettendo in pratica una vera e propria strategia della tensione contro Hamas e le altre fazioni palestinesi. Sparando i razzi e così facendo si assicurano il contrattacco israeliano, che inevitabilmente va a indebolire  le strutture del governo di Hamas o colpire la popolazione civile, invece di colpire gli autori degli attacchi.

Il tragico rapimento di Vittorio Arrigoni ricorda una vicenda avvenuta nel 2007, quando un gruppo autoproclamatosi “Esercito dell'Islam” rapì Alan Johnson. Il giornalista della BBC venne liberato dalle forze di Hamas, dopo che il gruppo islamico conquistò il potere cacciando la fazione rivale Fatah in una sanguinosa guerra civile.

Nonostante i tentativi di far passare il rapimento per un'azione religiosa (proprio come nel video dei rapitori di Vittorio), si scoprì che il vero motivo era un attacco della potente famiglia mafiosa Dugmush, i cui sgherri avevano inventato la sigla “Esercito dell'Islam” contro il movimento di Hamas. Un rapimento dai contorni religiosi era in realtà conseguenza di una disputa per il controllo del territorio o dei tunnel sotto il valico di Rafah.

 

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