di Mario Braconi 

Con i suoi quasi cento innocenti uccisi, venerdì 22 luglio 2011 è stata la giornata più luttuosa per la Norvegia dalla fine della seconda guerra mondiale. Una delle nazioni più pacifiche e democratiche del mondo è in ginocchio, violata da un uragano di violenza insensata. A strappare la vita a tanti suoi figli è stata, sembra, solamente la mano di un norvegese di 32 anni Anders Behring Breivik, cristiano fondamentalista, arresosi alla polizia dopo una caccia di un’ora. Secondo la redazione europea della MSMBC, l’uomo ha confessato di essere l’autore dell’orrenda strage.

Dai suoi account sui social network ed in generale dalle tracce digitali lasciate dall’assassino sulla Rete è possibile ricostruirne almeno in modo grossolano la personalità. Il profilo Twitter contiene un solo tweet, una variazione su tema da John Stuart Mill che, alla luce del dramma, fa rabbrividire: “La fede di un solo uomo vale quanto l’interesse di centomila” (l’originale suonava più o meno: “una persona con una fede è una forza sociale equivalente a novantanove altre persone che hanno solo interessi”). L’account Facebook è più interessante: Breivik vi si definisce di religione cristiana, collegato in qualche modo ad un’azienda di fertilizzanti chimici (la GeoFarm), appassionato di body building e di massoneria.

I suoi interessi agronomici hanno costituito certamente un’ottima copertura: secondo quanto riportato dalla televisione di stato NKR e dal quotidiano britannico Guardian, a maggio Breivik avrebbe acquistato ben sei tonnellate di fertilizzante. Come noto, alcuni tipi di fertilizzante chimico costituiscono l’“ingrediente” tipico del degli assassini di massa della domenica: come fu Timothy James McVeigh, il quale di servì di fertilizzante per confezionare l’ordigno che il 19 aprile 1995 a Oklahoma City distrusse un edificio federale, uccidendo 168 persone e ferendone 800.

Anche se la polizia l’ha definito un fondamentalista cristiano, Breivik era arrivato a provare disgusto per i rappresentanti della chiesa cui aveva aderito di sua spontanea volontà a quindici anni: “La Chiesa protestante di oggi fa ridere. Preti in jeans che fanno le marce per la Palestina e chiese che sembrano centri commerciali minimalisti”.

Breivik era stato anche membro della sezione giovanile del Partito del Progresso, formazione liberal-conservatrice che spesso ha assunto posizioni populiste ed anti-immigrazione: ma anche la sua affiliazione al partito era stata messa in crisi dalla posizione troppo morbida contro il vituperato multiculturalismo e piuttosto tendente alla correttezza politica.

Breivik, pur avendo dimestichezza con la filosofia politica, considera l’Islam come un’ideologia paragonabile al fascismo e al comunismo. Secondo lui, avrebbe causato 300 milioni di morti, contro i “soli” 6-20 milioni accreditati ai nazisti. Come tale, da esecrare indipendentemente dal livello di profondità della sua pratica. In un post esprime il seguente pensiero: “Dovremmo tollerare quei nazisti che esecrano le camere a gas?”, cui segue implicitamente “dovremmo tollerare i musulmani moderati”? E ancora: “Tutte le ideologie che conducono all’odio vanno trattate nello stesso modo”. Se non si trattasse di una terribile tragedia, verrebbe da sorridere davanti a tanta ipocrisia.

Tra gli amici virtuali di Breivik, si annoverano membri dell’organizzazione neofascista britannica EDL, cui dispensava consigli sulle bacheche virtuali: non è chiaro in effetti se criticasse o apprezzasse quella che riconosceva come la tattica della EDL in Gran Bretagna, ovvero quella di mettere in atto provocazioni in grado di causare eccessi di reazione nei giovani musulmani estremisti e nei gruppi di estrema sinistra. E’ comunque sicuro che vagheggiasse la nascita di una costola della EDL anche in Norvegia.

Anche uno degli ultimi paradisi della nostra Europa, segnata da una grave crisi politico-economica e morale, è stato dunque violato. Come anche il solo elemento del fertilizzante avrebbe dovuto indurre a pensare, erano in errore tutti i giornalisti e commentatori che si sono affrettati a dar la caccia a qualche islamico. Invano è stato ripescato un comunicato di Wikileaks nel quale gli americani segnalano il rischio di attentati da parte di estremisti islamici in Norvegia, un paese considerato un obiettivo semplice anche a causa della sua riferita mancanza di preparazione e del suo presunto lassismo (o eccesso di tolleranza?).

Inutilmente si sono rispolverati vecchi dossier in cui si scopre che la Norvegia, con i suoi 408 soldati presenti in Afghanistan, è il 17esimo paese contribuente allo sforzo bellico della coalizione degli occidentale in quel Paese; non serviva neanche ricordare che la Norvegia è tra i paesi che hanno fornito mezzi e supporto nella “missione Libia” né che i periodici norvegesi hanno ripubblicato gli ormai celeberrimi fumetti anti-islamici danesi.

Il male questa volta è un altro: viene da lontano e purtroppo non è stato debellato, a dispetto di milioni di vittime. Ed in tempi in cui in Italia affiora ancora una volta l’abominio delle liste di proscrizione dei professori ebrei, forse è il caso che l’Europa interrompa il suo sonno della ragione. Il male sta bussando di nuovo alla nostra porta: è vicino, presente, sentiamo il suo alito fetido e gelido a pochi centimetri. E forse merita più attenzione di uno spread sui titoli di Stato o del rispetto di un parametro di bilancio.

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