di Michele Paris

Costretti a vivere in condizioni sempre più precarie, gli indios Guaranì del Brasile hanno chiesto al gigante energetico Shell di cessare tutte le attività di produzione di etanolo sulle loro terre ancestrali. Da circa un anno la compagnia anglo-olandese ha dato vita ad una joint-venture con il produttore locale di biocarburanti Cosan, coltivando canna da zucchero sulle terre appartenenti ai Guaranì.

Nella loro lettera, gli indios brasiliani sostengono che “da quando la compagnia ha iniziato ad operare, la nostra salute - quella dei bambini, degli adulti e degli animali - si è deteriorata”. Inoltre, i Guaranì lamentano che i nuovi coltivatori “non hanno mai chiesto il nostro permesso né ci hanno consultato prima di seminare sulla nostra terra”.

Già nell’estate del 2010 il governo brasiliano aveva notificato alla Shell la propria preoccupazione per le attività della joint-venture appena creata, ma senza risultati concreti. Gli indios e le associazioni a difesa dei diritti delle comunità indigene accusano ora il governo centrale di non essere in grado di far rispettare le proprie leggi.

Queste terre appartengono infatti ufficialmente ai Guaranì, ma il governo brasiliano non è ancora riuscito a tracciarne i confini in maniera definitiva a causa di continui ritardi. Per questo, spesso molti indios tornano sulle loro terre ancestrali ancora prima che le autorità abbiano ultimato l’opera di demarcazione, esponendosi ad attacchi violenti, come dimostrano i 56 morti nel solo 2010.

L’industria dei biocarburanti brasiliana è una delle più avanzate dell’intero pianeta, anche se il suo sviluppo ha causato la deforestazione di ampie aree del paese sudamericano e la trasformazione di terre fertili dei Guaranì in piantagioni di canna da zucchero da cui si ricava appunto il “biofuel”.

Queste terre sono state letteralmente sottratte alle popolazioni indigene, che si vedono confinate in riserve sovraffollate o ridotte a vivere in accampamenti di fortuna. Tale situazione ha fatto in modo che per molti Guaranì sia diventato impossibile pescare e cacciare in molte aree, per non parlare della mancanza di terre fertili da coltivare.

“È un’amara ironia”, ha osservato Stephen Corry, direttore dell’organizzazione Survival International che si batte per i diritti delle popolazioni indigene, “che la gente acquisti l’etanolo della Shell come un’alternativa “etica” ai combustibili fossili. Certamente non vi è nulla di etico nel modo disumano in cui sono trattati i Guaranì. Il governo brasiliano deve far rispettare le proprie leggi e fermare la distruzione totale delle terre degli Indios”.

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