di Eugenio Roscini Vitali

Venerdì scorso centinaia di dimostranti hanno assalito l’ambasciata israeliana al Cairo; dopo aver demolito a colpi di ariete il muro di recinzione eretto a protezione della sede diplomatica, alcuni di loro sono saliti fino al diciassettesimo piano del palazzo che ospita la missione e hanno devastato parte degli uffici della delegazione israeliana. L’irruzione ha costretto alla fuga l’ambasciatore Yitzhak Levanon e il suo staff, ottanta persone che insieme alle famiglie hanno lasciato il Paese a bordo di due velivoli militari israeliani; sei agenti di sicurezza barricati all’interno di una delle camere di sicurezza dell'ambasciata sono stati tratti in salvo dalle teste di cuoio egiziane mentre centinaia di documenti riservati sono stati gettati dalle finestre.

Parlando di tragedia evitata il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha commentato l’incidente ricordando che «l’Egitto non deve ignorare la grave offesa alla sostanza della pace con Israele e l’evidente violazione della legge internazionale». L’analisi fornita da una fonte del ministero dell’Interno egiziano al giornale al-Youm al-Sabaa parla invece di «mani straniere dietro l’assalto all’ambasciata israeliana del Cairo».

La dimostrazione, iniziata dopo la preghiera del venerdì con un sit-in pacifico organizzato in piazza Tahrir contro la giunta militare che  dal marzo scorso sostiene il premier Essam Sharaf, si era poi spostata davanti all’ambasciata israeliana, già bersaglio di manifestazioni di protesta per le cinque guardie di frontiera egiziane uccise il 19 agosto scorso dalle forze speciali israeliane durante la caccia agli autori degli attentati di Eilat. Negli scontri scoppiati dopo l’arrivo della polizia, intervenuta per sedare i disordini con almeno 16 blindati, sono morte cinque persone e si sono registrati 1.049 feriti.

Secondo quanto riferito dalla tv satellitare al-Arabiya la zona continua ad essere fortemente presidiata dagli agenti anti sommossa che sono intervenuti anche sabato mattina per disperdere la folla che si stava nuovamente ammassando di fronte all'ambasciata. Il governo israeliano ha reso noto che l'evacuazione è comunque una misura momentanea e che la delegazione tornerà al Cairo al più presto, non appena saranno accertate le condizioni di sicurezza necessarie alla salvaguardia dei cittadini israeliani. In Egitto intanto è rimasto il numero due dell’ambasciata, Yaakov Dvir, console per gli affari di Stato che può contare sul sostegno e l'ospitalità della missione statunitense. 

Sul fronte egiziano l'attacco di venerdì scorso ha costretto il Consiglio supremo delle forze armate e il gabinetto di crisi del governo ad una riunione straordinaria: la giunta militare ha innanzi tutto respinto le dimissioni presentate dal premier ad interim Essam Sharaf e si è impegnata a rispettare i trattati internazionali ed assicurare alle sedi diplomatiche presenti nel Paese la necessaria protezione. Ha inoltre dichiarato lo stato di allerta ed ha autorizzato le forze dell’ordine a mettere in atto le norme previste dalla legge d’emergenza in vigore in Egitto da oltre trent’anni.

Nulla è trapelato circa i possibili organizzatori dell'assalto ma, secondo fonti israeliane, non è escluso che tra le fila dei dimostranti ci fossero elementi legati a Jama'a al-Islamiya, il movimento islamista accusato d'intrattenere strette relazioni d'alleanza con al-Qaeda e di aver compiuto innumerevoli attacchi terroristici, da quello che il 6 ottobre 1981 costò la vita al presidente egiziano Anwar al-Sadat al furgone-bomba esploso  il 26 febbraio 1993 nel parcheggio sotterraneo della torre nord del World Trade Center  di New York, al massacro di Luxor che ebbe luogo il 17 novembre del 1997 a Deir el-Bahari. Sempre secondo gli israeliani, all'assalto avrebbero inoltre partecipato militanti appartenenti alle frange più estreme del Movimento 6 aprile e ai Fratelli musulmani.

Per alcuni analisti l'attacco all'ambasciata israeliana potrebbe essere una delle conseguenze dell'attuale crisi turco-israeliana, con i Fratelli musulmani che muoverebbero le fila della rivolta per dimostrare come l'attuale giunta militare egiziana sia pronta a sopprimere con la forza ogni forma di protesta, anche se rivolta contro il "nemico di sempre". In realtà è dal 1979 che i rapporti diplomatici tra Egitto e Israele non toccavano un punto così basso: mentre domenica era attesa al Cairo la delegazione israeliana incaricata di indagare sull’incidente di frontiera del 19 agosto scorso, sul confine meridionale del Sinai le guardie di frontiera aprivano il fuoco contro un veicolo delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), senza comunque causare vittime o feriti.

Ad aggravare la situazione nell’area c’é poi la crisi turco-israeliana: tra i due paesi la tensione è ormai alle stelle. Nelle ultime ore Ankara ha inviato tre navi da guerra nel Mediterraneo orientale, tre fregate mobilitate nell'ambito di un'operazione detta “Libertà dei mari” che, secondo il quotidiano turco Sabah, hanno il compito di proteggere le imbarcazioni civili che portano aiuti alla Striscia di Gaza. La marina turca avrebbe l'ordine di intervenire qualora le navi israeliane entrino in azione al di fuori delle acque territoriali, avvicinandole fino a 100 metri di distanza per portare a termine tutte le operazioni necessarie a disabilitarne i sistemi d'arma.

Le premesse per lo scontro ci sono tutte e le posizioni del premier turco Recep Tayyip Erdogan sono ormai note. In un’intervista al quotidiano egiziano Shouruk, rilasciata poche ore prima di partire per il tour che lo porterà in Egitto, Tunisia e Libia, Erdogan ha precisato che sull'attacco alla Freedom flottilla l'atteggiamento turco nei confronti di Israele è stato sempre chiaro ed irrevocabile: «Scuse al popolo e al governo turco, indennizzo alle famiglie delle vittime, revoca del blocco illegale imposto a Gaza». Per il Premier turco la possibilità di un confronto militare con Israele è comunque da escludere, anche se la «la marina turca è pronta ad affrontare tutte le possibilità, anche le peggiori».

 

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy