di Vincenzo Maddaloni

Sarà un Natale (7 gennaio quello Ortodosso) fuori di ogni dubbio da dimenticare quello di Maria, Nadia e Jekaterina del gruppo punk femminista Pussy Riot, condannate a due anni di reclusione per «teppismo motivato da odio religioso». Le ragazze si erano esibite lo scorso febbraio nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca con una parodia liturgica di quaranta secondi e una supplica pop alla Vergine: «Liberaci da Putin».

Le Izvestia, le Notizie in italiano, uno dei quotidiani più diffusi in Russia, ha ritratto Maria e Nadia entrambe in divisa, rivelando che ora trascorrono le giornate a cucire uniformi per le forze di polizia. Maria Alyokhina, 24  anni,  che ufficialmente «si sta adattando» alla colonia di Berezniki negli Urali, avrebbe - informa sempre il giornale - problemi con la toilette all'aperto, con un menu poco compatibile con le sue esigenze di vegetariana,  e siccome  starebbe ricevendo minacce nel carcere in cui è detenuta, ha chiesto,  «l’attenzione e il sostegno della comunità internazionale e delle organizzazioni russe per la difesa dei diritti umani».

Nadia Tolokonnikova, 23 anni appena compiuti,detenuta in Mordovia, vorrebbe invece avere soltanto  più libri da leggere. Le Izvestia, precisa che la detenuta Tolokonnikova, «è integrata e non si lamenta» e a corredo mostra le fotografie di una ragazza ben coperta dalla divisa della colonia penale dove i tempi sono scanditi: la sveglia è alle 6, c’è un'ora per pulire la camera, colazione e poi al lavoro fino all'appello delle 17, cena, tempo libero, alle 22 si spengono le luci.

Maria, invece, spiegano sempre le Izvestia, è in isolamento in quanto, come ha precisato l’ufficio stampa del sistema penitenziario russo di Berezniki, «Alekhina si trova in un posto sicuro, dove non rischia niente, in una struttura con celle che si trova nel settore d’isolamento, qui la condannata può restare tutto il tempo che vuole, se si sente in pericolo».

Così, le due attiviste iconoclaste che erano abituate a indossare costumi e passamontagna fluorescenti  trascorrono le giornate  nella colonia penale. La loro compagna Jekaterina Samutsevich, 22 anni, sebbene sia stata rilasciata pare non riesca  a coglierne il beneficio perché,  «dentro o fuori sei sempre sotto controllo. La Russia è una grande prigione», ha spiegato in un’intervista di qualche giorno fa.

Le tre ragazze, come detto, sono state condannate per “teppismo premeditato, motivato da odio verso la religione” e altro ancora. Ricordano le cronache che esse si erano introdotte nella Cattedrale di Cristo Salvatore e dopo essersi fatte il segno della croce, avevano cercato di mettere in scena una canzone. In meno di un minuto, erano state scortate fuori dalle guardie. Tuttavia le riprese della performance erano state poi  usate per creare un video clip che ha fatto il giro del mondo, alimentando intorno alla vicenda i clamori dello scandalo  che non si sona ancora spenti.

La canzone, come detto, mette in scena una sorta di preghiera punk, con un'invocazione a Theotókos (Madre di Dio, cioè la Beata Vergine Maria), affinché "mandi  via Putin". In essa si menziona anche il Patriarca russo Cirillo I, indicandolo come qualcuno che crede più in Putin che in Dio e dandogli esplicitamente della malafemmina. La loro performance, tuttavia, non ha avuto la benché minima condivisione popolare in Russia. Anzi è avvenuto l’esatto contrario, poiché la gran parte della società russa non l’ha interpretata soltanto come un'offesa alla propria sensibilità religiosa, ma all’intera Storia russa di cui proprio la cattedrale del Cristo Salvatore ne è uno dei simboli più importanti.

Sicuramente è il tempio più amato dagli abitanti della Capitale, anche se non ha alle spalle secoli di storia come le tre cattedrali del Cremlino. Era stato eretto per onorare i caduti della guerra contro Napoleone, in memoria di una delle pagine più sanguinose  ed eroiche della Russia:  la prima "guerra patriottica” come veniva definita dalla storiografia ufficiale sovietica. Nel suo interno c’erano migliaia di targhette con i nomi dei soldati russi morti quando le truppe dell’imperatore Bonaparte arrivarono fino a Mosca nell’estate del  1812 e quando ne furono cacciate nel dicembre successivo più dal freddo e dagli stenti che dalle battaglie.

Fu lo stesso zar Alessandro  I a dare l'ordine di costruire il tempio, già all'indomani della ritirata di Napoleone, fu lo zar Nicola II ad avviare concretamente i lavori, e fu Alessandro III ad  assistere all'inaugurazione il 26 maggio 1883, settant'anni dopo. Tanto occorse per costruire la cattedrale. Per distruggerla bastarono tre giorni e un ordine di Stalin nel novembre del 1931.

Secondo la "storiografia parallela" pesò molto la paura che egli aveva di un possibile attentato contro il Cremlino che, teoricamente, poteva essere realizzato utilizzando la cupola della cattedrale del Cristo Salvatore come "base" poiché, con i suoi cento metri di altezza, era l'unico punto dal quale si potevano superare le mura della vecchia fortezza degli zar diventata il  palazzo del potere sovietico.

La demolizione del tempio  cominciò il primo dicembre del 1931 e, come ricordano gli storici fu «barbara e orrenda». Una squadra di genieri dispose le cariche di dinamite per abbattere le mura perimetrali, ma la prima esplosione lasciò quasi intatta la struttura. Anche il secondo tentativo andò a vuoto e i fedeli cominciarono a parlare di miracolo. Ma alla terza prova, il 5 di dicembre, mentre l'orologio della torre Spasskaja del Cremlino suonava il mezzogiorno, «la cupola si inclinò dolcemente», davanti agli sguardi attoniti di migliaia di moscoviti che s'erano radunati lungo la Moscova.

Per sgomberare tutto il terreno dalle macerie furono necessari  tre anni. Lazar Kaganovic, l'allora primo segretario del Pc di Mosca e responsabile della sua trasformazione urbanistica, vi voleva edificare il Palazzo dei Soviet: riuscì a far scavare soltanto le fondamenta dalle quali, più tardi, fu ricavata una piscina all'aperto.  Si salvarono soltanto alcuni pezzi  di sculture e decorazioni che furono sparpagliati in diversi musei dell'Urss; mentre, ahimè, la gran massa dei decori fu frantumata per ricavarne una collinetta per lo zoo, dove vi  pascolano da allora  le capre tibetane.

Tuttavia quanto fin qua descritto è soltanto un aspetto di cosa rappresenti la cattedrale per i russi, e nemmeno il principale. Infatti, prima di ogni altra cosa c’è l'Ortodossia che l’amministra. Essa detiene il potere spirituale dai tempi del "secolo d'oro" nel Medioevo, quando i mongoli avevano smembrato la Rus' così sistematicamente che il Paese aveva quasi perduto il senso della propria identità, e non sarebbe sopravvissuto se la Chiesa non avesse tenuta accesa la fiamma della coscienza nazionale, dando vita al “secolo d’oro”  appunto.

Il Khram, cioè la cattedrale del Cristo Salvatore, rappresenta  il periodo sinodale della vecchia Chiesa nata a Kiev, poi trasferitasi come Patriarcato a Mosca e nel Settecento subordinata allo Stato da Pietro il Grande. Essa ricorda dunque secoli di connivenza ambigua, subìta ma dalla Chiesa  non condannata, che s'è tradotta in quel sostegno allo Stato zarista con il quale Stalin giustificò la repressione che aveva scatenato chiudendo i monasteri e i seminari e portando l’Ortodossia a un passo dalla sua scomparsa, alla fine degli Anni Trenta, quando in tutta l'Urss erano rimasti soltanto quattro vescovi attivi.

Tuttavia i pope riuscirono nonostante la sorte avversa, a mantenere un loro equilibrio misterioso tra i credenti e il partito, tra l'Eternità e la Storia. Essi  sanno da sempre che i fedeli continuano a guardare con grande devozione  alla città santa di Zagorsk  con le sue cupole azzurre, da dove nei viaggi incantati di Leskov parte sempre l'ombra beata di Sergheij, per correggere nei sogni i servi di Dio in errore.

Tanti furono gli errori a cominciare dalla repressione staliniana, la campagna antireligiosa di Krusciov, l'intolleranza del periodo brezneviano fino a quella non meno infausta dell'ultimo Cernienko per non dire di quelli di Boris El'cin. Saranno i funerali  del primo presidente russo, proprio Boris El'cin, morto per un attacco cardiaco il 23 aprile 2007, che venne esposto nella cattedrale del Cristo Salvatore appunto, a sancire di nuovo  il ruolo prioritario della Chiesa nella società russa. Che Putin si è impegnato fin dalla sua prima elezione a mantenere e a tutelare.

Perché tutti sanno a cominciare dagli uomini del Cremlino che in quella stessa nuvola d' incenso che in ogni cerimonia s'innalza a due passi dall'altare, mille anni fa entrò Vladimir il Sole col suo mantello ampio, la lunga barba e la corona da principe guerriero. Portarono la spada, il fuoco e la Croce avvolti nei fumi degli incensi. Vladimir il Bello chinò il capo davanti al Dio dei cristiani, lui che aveva a Kiev ottocento donne, più di  dieci figli e tutti e sei gli idoli delle tribù riuniti sul colle davanti al suo portone, Volos e Chors, Dazborg con Stribog, Mokos dio dell'amore.

Perùn, il dio terribile, signore del  fulmine e del tuono, fu trascinato dai cavalli nel Dnepr dove non voleva affondare e chi lo aveva picchiato al passaggio coi bastoni vide a lungo sull' acqua la sua testa d' argento e i baffi d'oro. Ma ormai a Kherson il vescovo aveva già alzato la sua mano per benedire la conversione di Vladimir il Santo, battezzando con lui tutta la Rus' nel nome di Cristo, 6 mila 496 anni dopo la creazione del mondo.

 

Se questa è la storia e peraltro affatto dimenticata, ben si capisce perché le due detenute delle Pussy Riot non possano contare sul sostegno popolare. Maria Alyokhina - è notizia di pochi giorni fa - è stata ammonita altre due volte, dopo un primo richiamo poco dopo il suo arrivo, per essersi svegliata in ritardo.

La sveglia  è alle sei del mattino, ma nella cella di isolamento in cui ella si trova non c’è un orologio, denuncia Pyotr Verzilov il marito della compagnia di Maria, Nadezhda Tololonnikova, che si presta a fare da portavoce alle ragazze in carcere.

Così Alyokina, rischia di non poter più  beneficiare di eventuali riduzioni della pena anche perché , ella lamenta: «La libertà condizionata viene concessa più facilmente a chi frequenta la cappella del carcere, anche se la Russia è uno stato secolare». Essa non lo è mai stata se non a parole o meglio ancora a slogan, neppure quando la Russia era l’Urss, almeno secondo me che in quegli anni a lungo vi ho abitato e viaggiato.

www.vincenzomaddaloni.it

 

 

 

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