di Michele Paris

Con il voto nei rimanenti 17 governatorati dell’Egitto, si è chiuso sabato il secondo round della consultazione popolare per l’approvazione della nuova Costituzione redatta dai Fratelli Musulmani al potere e dai loro alleati islamisti. Secondo i risultati non ancora ufficiali, la Carta costituzionale avrebbe ricevuto il 64% dei voti a favore, anche se le condizioni in cui gli egiziani si sono recati alle urne e l’astensionismo di massa indicano un processo di transizione politica nel paese nord-africano tutt’altro che democratico.

A causa delle forti resistenze nei confronti del crescente autoritarismo del presidente Mohamed Mursi, il quale lo scorso novembre si era assegnato poteri virtualmente assoluti, la gran parte dei giudici egiziani si era rifiutata di svolgere i compiti di supervisione delle operazioni di voto a loro assegnati. La loro protesta e lo scarso numero di giudici a disposizione avevano così costretto il governo a suddividere il referendum costituzionale in due tranche.

Il primo turno era andato in scena il 15 dicembre scorso in un’atmosfera segnata, come nel fine settimana appena trascorso, dalla presenza massiccia della polizia e delle forze armate, dispiegate per mantenere l’ordine ed evitare le proteste di piazza che avevano caratterizzato la vigilia del voto.

Alla fine, la percentuale dei votanti non ha raggiunto nemmeno il 32%, dimostrando la diffusissima avversione per il nuovo regime che continua a presentarsi come il legittimo difensore delle aspirazione rivoluzionarie della popolazione. La partecipazione al voto in quest’ultima tornata elettorale è stata molto più bassa anche rispetto alle altre consultazioni tenute in seguito alla deposizione di Hosni Mubarak. Nel marzo 2011 fu infatti il 41% degli elettori a partecipare al referendum sulla costituzione provvisoria stilata dai militari, mentre l’affluenza nel secondo turno delle elezioni presidenziali lo scorso mese di giugno sfiorò il 50%.

La modestissima partecipazione al voto, così come le manifestazioni contro il presidente Mursi e i Fratelli Musulmani, ha reso evidente ancora una volta la distanza incolmabile che separa la gran parte degli egiziani sia dal nuovo regime che, in definitiva, dalle stesse forze di opposizione che avevano chiesto a gran voce un rinvio del voto sulla Costituzione. Queste ultime avevano alla fine lanciato un appello a recarsi comunque alle urne per votare contro la costituzione ma il loro invito è rimasto in gran parte inascoltato, con la maggioranza degli egiziani che si è invece rifiutata di dare una qualche legittimità al processo contro-rivoluzionario in atto.

L’opposizione egiziana e i media indipendenti locali hanno segnalato numerosissime irregolarità nelle operazioni di voto, attribuendone la responsabilità ai sostenitori dei Fratelli Musulmani e del loro partito Libertà e Giustizia. Appoggiati dagli Stati Uniti in quanto difensori dello status quo nella regione dopo gli sconvolgimenti della Primavera Araba, questi ultimi hanno introdotto una Costituzione che in sostanza consolida il ruolo dei militari nella vita politica dell’Egitto e getta le fondamenta per l’islamizzazione della società, minacciando i diritti delle minoranze che vivono nel paese.

La nuova costituzione, ad esempio, stabilisce che il ministro della Difesa debba essere un alto ufficiale dell’esercito egiziano, mentre un altro articolo assegna ad un Consiglio Nazionale della Difesa, presieduto dal presidente ma formato in gran parte da militari, la responsabilità totale sulle questioni riguardanti la sicurezza dello stato e il bilancio delle forze armate, senza alcuna supervisione parlamentare.

La costituzione, inoltre, consente processi militari per quei civili che commettono crimini contro le forze armate. Tra gli articoli maggiormente contestati dall’opposizione secolare c’è poi quello che fissa i principi della legge islamica (sharia) come la base principale di tutta la legislazione.

Dopo gli scontri anche molto duri dei mesi scorsi, la ritrovata unità, suggellata dalla nuova Carta costituzionale, tra i Fratelli Musulmani e i militari risponde in definitiva alla necessità di costituire un fronte comune con una parvenza di legalità all’interno della classe dirigente egiziana per fronteggiare le tensioni e le resistenze che persistono tra la popolazione.

Infatti, gli scontri e le proteste a cui si è già assistito in questa fase minacciano di intensificarsi una volta che dovranno essere messe in atto le durissime misure economiche richieste dal Fondo Monetario Internazionale in cambio di un prestito da quasi 5 miliardi di dollari continuamente ritardato a causa della già esplosiva atmosfera interna.

L’opposizione al governo di Mursi e dei Fratelli Musulmani, riunita nel Fronte di Salvezza Nazionale, ha da parte sua definito illegittima la Costituzione ma ha allo stesso tempo lasciato intendere di riconoscere i risultati del referendum, escludendo perciò qualsiasi forma di mobilitazione popolare contro il regime. Nella giornata di domenica, esponenti del Partito Giustizia e Libertà hanno poi lanciato un invito alla collaborazione alle forze di opposizione ufficiali in vista della prossima approvazione di importanti leggi che dovranno completare la costituzione stessa.

L’approvazione della carta farà anche scattare entro due mesi nuove elezioni parlamentari, alle quali i partiti di opposizione hanno già assicurato di partecipare, così da cercare di capitalizzare la crescente impopolarità del partito dei Fratelli Musulmani che aveva invece dominato il primo voto teoricamente democratico dopo la caduta di Mubarak.

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