di Emanuela Muzzi

Londra. I matrimoni basati sugli interessi materiali in genere durano poco e finiscono male; tra questi ultimi quelli che durano più a lungo poi, finiscono malissimo. Se dunque l’interesse del Regno d’Inghilterra, Scozia ed Irlanda del Nord a restare nell’Unione Europea è unicamente il vantaggio commerciale, è meglio che GB e Ue vadano subito da un matrimonialista per la separazione dei beni (nel caso vi fossero) e poi dritti in tribunale.

Non ci sarà bisogno neanche dell’assegno per il mantenimento della prole perché le nuove generazioni d’Europa si sono già assicurate i benefici della corona di Elisabetta II; quello che non hanno fatto sinora i magnifici governi dell’Unione lo fanno da tempo la regina ed una “charity no profit” chiamata British Government.

A partire dalle nuove generazioni italiche, un’interminabile flusso migratorio preme contro le coste della Manica da circa dieci anni: toh, guarda caso, proprio in coincidenza del crollo della zona Euro. Non sarà mica per il vile denaro che giovani senza lavoro e senza speranze lasciano i “paesi caldi” per andare a prendere una zaffata gelida a tre gradi sotto zero? No, non può essere. Sarà invece sicuramente per apprezzare il patrimonio culturale inglese: basta entrare alla National Gallery per trovare Leonardo, Perugino, Raffaello, Lorenzo Lotto, Piero della Francesca (tipici pittori britannici com’è noto). Oppure per sperimentare le prelibatezze culinarie inglesi: ormai, dopo l’Italian invasion gli inglesi non sanno neanche più cosa siano uova e bacon.

Oggi la colazione inglese è la seguente: cornetto scongelato e caffè “ciofeca” (o caffè americano, se vogliamo usare un eufemismo) ingozzato di corsa col vento freddo in faccia alle otto del mattino; in compenso per il lunch ci si rifà con un rapido brunch, c’è la scelta: tramezzino pollo, bacon e muffa; erba con pomodori verdi e pezzi di roba bianca simil-mozzarella e, dulcis in fundo, cheesecake: torta sfatta dagli ingredienti indecifrabili al retrogusto di ruggine. Gli italiani ne vanno pazzi e non mancano di commentare le british delicatessen con tipiche blasfemie dialettiche della loro terra d’origine.

Anche per questo gli inglesi adorano gli italiani; in particolare quelli laureati e "masterizzati" che lavorano alla City e gli fanno concorrenza. Con questa crisi aspettavano proprio i nuovi brokers e bankers europei, preparatissimi, e con un business English impeccabile.

Ma “adorano” anche le centinaia di migliaia dal resto dell’Unione: la media ha la laurea e a casa propria muore di fame. Chissà perché i sudditi di Sua Maestà non vedono l’ora di votare “No” al possibile referendum antieuropeo annunciato dal primo ministro David Cameron. Eppure non sono tutti d’accordo, ancora.

La Confindustria britannica (CBI) per voce del direttore generale John Cridland ha chiaramente espresso la volontà dei business inglesi di restare nell’Ue per via dell’export di convenienza. Inoltre alcune grandi multinazionali tra cui Siemens, Nissan, Hitachi, hanno minacciato di lasciare il Regno Unito nel caso di uscita. Fuori e dentro che sia, sempre di soldi si tratta.

La love story UK-Ue era cominciata nel lontano ’73 quando il Regno Unito entrava a far parte della Comunità Economica Europea. Uno sposalizio sigillato con un referendum nel ’75 che segnò la vittoria sui divorzisti. Il matrimonio d’interesse ha vissuto momenti di crisi, ma si è sempre scongiurata la separazione. Oggi si rischia l’abbandono del tetto coniugale, anzi, guardando al mercato interno dei 27 e alla zona euro, si tratterebbe di abbandono della baracca coniugale che affonda. I primi a saltare sulla zattera che sventola bandiera bianca sono stati i greci seguiti dall’ondata recente degli Italians in cerca di lavoro.

Lavoro: una parola ormai caduta in disuso nell’Europa continentale; generalmente associata in un binomio inscindibile con l’aggettivo nero è definitivamente scomparsa dal linguaggio quotidiano, sostituita dall’otium. In Italia si può oziare e sprofondare nella disoccupazione; è permesso, è gratis, nessuno dice nulla e soprattutto chi lo fa non dà fastidio a quelli che devono lavorare; in sostanza l’otium giovanile è incentivato dai partiti che generosamente delegano con eleganza la responsabilità finale e materiale della disoccupazione alle famiglie costrette de facto a mantenere figli ormai adulti. Che bello, sembra un affresco decadente stile fine Impero: il figlio disoccupato che spizzica l’uva sdraiato sul triclivio.

Peccato che circa mezzo milione (cifra provvisoria e non ufficiale, naturalmente) di giovani Italiani si sia alzato dal triclivio e sia salito sulla zattera ovvero sul primo volo low cost della Ryanair per Londra: solo andata. Perché Londra? Semplice: perché è membro dell’Unione Europea quindi non è necessario il visto di lavoro, ma anche per via del’inglese. La maggioranza degli italiani non lo parla (e questo è un dato di fatto) ma è una lingua acquisibile anche con pochi skills di base, ovvero con una preparazione culturale e linguistica medio bassa. Le altre lingue, francese, tedesco ed anche lo spagnolo, sono più complesse nella forma parlata e scritta.

Lo stesso volo low cost solo andata lo ha preso la bella gioventù spagnola e parte della meglio gioventù germanica e francofona (Francia, Belgio ed ex colonie francesi). Aggiungiamo “on top” tutto l’est Europa della splendida, magnifica Unione a ventisette e tutto il Commonwealth (i giovani delle ex colonie dell’Impero Britannico). Facciamo la somma ed eccoci qua. Tutti in Gran Bretagna: un’ammucchiata multiculturale di milioni di disperati all’arrembaggio dell’ultima, diciamolo, democrazia occidentale.

L’eurofobia inglese è motivata in primis da questo: dall’immigrazione, dalla disoccupazione e dall’eccessiva competizione anche nei lavori qualificati. L’uscita dall’Ue allenterebbe sicuramente la morsa della competizione feroce. Un sollievo a breve termine che però, stando agli economisti, l’Inghilterra potrebbe pagare caro nel lungo periodo sul fronte del mercato import/export e della produttività interna.

Fuori dall’Ue vorrebbe dire più soldi e posti di lavoro subito, ma più poveri domani. Se a votare fossero solo i broker della City e la media borghesia inglese Barroso e compagnia sarebbero già nel cestino (più che un divorzio, un’esecuzione). Ma tutti gli altri, in caso di referendum, cosa voterebbero? Chi sono, e soprattutto, quanti sono?

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