di Emanuela Muzzi

LONDRA. Se nell’immaginario collettivo del comune cittadino europeo, gli inglesi sono simbolo di self control e razionalità, allora vuol dire che gli inglesi non sono più europei. Almeno a giudicare da chi li rappresenta al momento. Prendiamo il recente discorso di Cameron sull’immigrazione, ad esempio. C’è un punto che, nell’elenco di proposte elettorali anti-immigrazione, colpisce non solo il senso comune ma anche il buon senso di chi si definisca europeo.

Il punto prevede il rimpatrio degli immigrati europei che non abbiano trovato lavoro in Gran Bretagna entro sei mesi. Adesso, che Cameron sia in competizione con l’estrema destra di Farage è chiaro, ma non avremmo mai creduto che si spingesse a tanto.

I rimpatri di normali cittadini di paesi dell’Unione è fuori da qualsiasi parametro legale e logico. A meno ché non si voglia fare carta straccia di Schengen. Per mantenere  la propria credibilità a livello politico, sia nazionale che internazionale, il Primo ministro Tory dovrebbe presentare la proposta direttamente a Bruxelles dopo una discussione con i partner Europei: primi tra tutti Germania e Italia.

Sono questi i due paesi che Cameron ha chiamato in causa nel discorso di venerdì 30 Novembre: “L’Italia sta affrontando il grave problema dell’immigrazione dal nord Africa...La Germania ha molti più immigrati dai paesi europei che del Regno Unito. Ma la Germania è in una situazione diversa, lì la popolazione è in diminuzione, qui è in aumento”.

Dalla preoccupazione per la minaccia del terrorismo a quella demografica, a quella per il welfare e per la disoccupazione, ci sono una miriade di motivi per i Conservatives per fare dell’immigrazione il primo problema nazionale.

Se da una parte non si può e non si deve negare l’impatto dei flussi migratori, dall’altra non si possono trasformare questi ultimi nello slogan elettorale da sbandierare fino al prossimo maggio solo perché se si ricordasse invece all’elettorato inglese che si sta smantellando la sanità pubblica, il sistema della difesa, e il sistema dell’accesso ai benefits anche degli stessi cittadini britannici, i Tories non prenderebbero un voto.

Forse Cameron ovrebbe fare una gita a Bruxelles. Il monito di Barroso del resto non era sbagliato riguardo al fatto che la Gran Bretagna sulla possibilità del ‘Brexit’ sta facendo un errore storico. Sinceramente, la chiara sensazione di chi in Gran Bretagna ci vive da anni e con gli inglesi ci vive e ci parla, sia al lavoro che al pub, la sensazione comune è che sì, è vero gli inglesi temono una ‘massive immigration’ dall’Europa dell’Est, ma non ne fanno un problema primario.

C’è in questo senso il rischio da parte dei politici di perdere il contatto con il paese con l’intenzione e l’arroganza di stabilire la cosiddetta ‘agenda setting’ ovvero le issues di cui la gente ‘deve parlare’.

Il discorso del Primo Ministro britannico ha fatto un effetto negativo, sia all’estero che ‘in casa’. Sembra un paradosso che mentre oltreoceano Obama apre simbolicamente le porte a milioni di immigrati clandestini, i cugini nella vecchia Europa si dibattano come un topo in trappola alla ricerca del tempo perduto, di un benessere conosciuto trent’anni fa che forse non potrà più tornare.

Perché la verità, in fondo, è che il risorgere del nazionalismo e della xenofobia che sono l’eredità più pericolosa della crisi finanziaria, sono la proiezione politica del bisogno delle nuove generazioni di tornare al benessere del secondo dopoguerra conosciuto attraverso la famiglia d’origine. Accade in Gran Bretagna come in Italia del resto.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy