di Mario Lombardo

L’insolita e preoccupante marcia indietro fatta pubblicamente questa settimana dal sindaco di New York, Bill de Blasio, in relazione ai rapporti con la polizia della sua città, ha messo in luce ancora una volta il peso dell’apparato della sicurezza negli Stati Uniti e i tentativi da parte della classe dirigente di reprimere qualsiasi genere di protesta popolare nei confronti dell’establishment.

L’ammorbidimento dei toni da parte del primo cittadino di origine italiana verso le forze di polizia della città è giunto dopo lo scontro seguito all’assassinio nel pomeriggio di sabato di due agenti in servizio per mano di un uomo di colore affetto da chiari disturbi mentali.

A New York e nel resto del paese, la polizia aveva subito sfruttato l’episodio per collegare il doppio assassinio alle proteste che nelle scorse settimane erano esplose in molte città contro vari omicidi di cittadini disarmati ad opera di agenti, tutti puntualmente sottratti a possibili incriminazioni.

Nel fine settimana, la polizia di New York aveva attaccato duramente il sindaco de Blasio, accusato addirittura di avere “del sangue sulle proprie mani” dal momento che si era permesso di esprimere una tiepida solidarietà verso coloro che manifestavano contro la violenza e l’impunità della polizia stessa.

Il presidente del principale sindacato di polizia della città, Patrolmen’s Benevolent Association (PBA), aveva rilasciato una dichiarazione nella quale sosteneva ad esempio che “il sangue… inizia sulle scale del municipio [di New York]” e, più precisamente, “nell’ufficio del sindaco”.

A suo dire, la morte dei due agenti sarebbe la conseguenza diretta delle azioni di “coloro che hanno incitato alla violenza attraverso manifestazioni di potesta”, così da “distruggere il lavoro che i poliziotti svolgono quotidianamente”.

Con un gesto plateale, inoltre, sabato scorso decine di agenti avevano inscenato una clamorosa protesta, voltando contemporaneamente le spalle al sindaco durante una conferenza stampa di quest’ultimo presso l’ospedale dove i due agenti erano stati portati dopo la sparatoria.

L’escalation dello scontro deve avere scosso l’amministrazione de Blasio e il sindaco ha alla fine deciso di indire una conferenza stampa nella giornata di lunedì con a fianco, significativamente, il capo della polizia di New York, William Bratton.

Il sindaco democratico ha eccezionalmente chiesto uno stop alle manifestazioni di protesta contro la violenza della polizia almeno fino a dopo i funerali dei due agenti uccisi nel quartire di Bedford-Stuyvesant, a Brooklyn. I servizi funebri sono previsti per venerdì e sabato.

“Credo sia ora di mettere da parte i dibattiti politici, le proteste e tutte le altre questioni di cui discuteremo in un momento più opportuno”, ha affermato de Blasio prima di cercare di screditare il crescente movimento che contesta i metodi della polizia americana. Il sindaco ha poi invitato gli abitanti di New York a segnalare qualsiasi possibile minaccia agli agenti di polizia e a condividere il dolore dei famigliari per la morte dei due agenti.

De Blasio non ha mancato anche di ricordare il suo sostegno al Dipartimento di Polizia di New York (NYPD), mostrato principalmente con lo stanziamento a favore di quest’ultimo di centinaia di milioni di dollari negli ultimi mesi.

In un’intervista rilasciata sempre lunedì alla NBC, il capo della polizia Bratton aveva evidenziato il suo ruolo di mediatore tra il Dipartimento e il sindaco, escludendo che i commenti di de Blasio delle scorse settimane avessero potuto contribuire a far aumentare le presunte minacce per gli agenti in servizio.

Tuttavia, pur ricordando i problemi mentali dell’assassino, Bratton ha collegato la sparatoria a Brooklyn direttamente alle recenti proteste contro la polizia. I legami deriverebbero dal fatto che il responsabile del doppio omicidio aveva citato sui social media i casi di Michael Brown e Eric Garner - uccisi la scorsa estate rispettivamente da agenti di polizia a Ferguson, nel Missouri, e a New York - prima di recarsi da Baltimora, dove aveva sparato all’ex fidanzata, a Brooklyn per uccidere i due agenti.

Nonostante i riferimenti alle vicende di Brown e Garner, il ritratto che è emerso dell’uomo - Ismaaiyl Brinsley - ha evidenziato come le ragioni delle sue azioni siano da ricercare nell’estremo disagio mentale in cui versava piuttosto che in possibili suggestioni dovute alle proteste più che legittime contro la polizia esplose nel paese. Ciò sarebbe confermato anche dal fatto che Brinsley si è suicidato prima della cattura della polizia.

Le autorità politiche e i vertici della polizia hanno comunque utilizzato il doppio assassinio per dipingere un improbabile scenario nel quale gli agenti sarebbero esposti a una sorta di assedio da parte di frange violente tra la popolazione.

In questo modo, appaiono legittimate possibili reazioni indiscriminate da parte della polizia, come dimostra un’inquietante dichiarazione rilasciata qualche giorno fa da un esponente del sindacato, secondo il quale “per la prima volta da anni siamo diventati un Dipartimento di Polizia di guerra e agiremo perciò di conseguenza”.

In realtà, è la violenza della polizia negli Stati Uniti a essere diventata ormai una piaga dilagante. Nella sola New York e soltanto nell’ultimo periodo le forze dell’ordine si sono distinte, oltre che per lo strangolamento di Eric Garner a Staten Island, per l’uccisione “accidentale” di un uomo di colore per mano di un agente mentre scendeva le scale nel palazzo del proprio appartamento di Brooklyn.

Oltre alla violenza ingiustificata, gli agenti di polizia negli Stati Uniti godono poi di una pressoché totale impunità, anche di fronte all’evidenza delle loro responsabilità.

Dopo lo scagionamento completo dei responsabili della morte di Michael Brown e di Eric Garner, proprio in questi giorni un agente di Milwaukee è sfuggito all’incriminazione per l’uccisione nel mese di aprile di un 31enne afro-americano, anch’egli con problemi mentali e colpevole soltanto di avere dormito in un parco pubblico nella città del Wisconsin.

L’agente, licenziato dal Dipartimento di Polizia non per l’omicidio ma per avere perquisito senza ragione la sua vittima, aveva scaricato ben 14 colpi di arma da fuoco contro quest’ultimo dopo essere stato minacciato col manganello di ordinanza che gli era stato sottratto.

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