di Michele Paris

La Corte Suprema degli Stati Uniti si esprimerà entro fine mese sulla legalità di un aspetto fondamentale della riforma del sistema sanitario voluta dal presidente Obama. Il caso in discussione verte attorno alla legittimità dei sussidi federali garantiti ai cittadini americani obbligati ad acquistare una polizza sanitaria sul mercato delle assicurazioni private, in assenza dei quali l’intera fabbrica della legge approvata dal Congresso nel 2010 rischierebbe seriamente di crollare.

La vicenda legale finita all’attenzione dei nove giudici della Corte Suprema si concentra sul senso di una singola frase all’interno di un provvedimento di oltre 900 pagine. Letteralmente, la legge dice cioè che i sussidi pubblici sono a disposizione di coloro che acquistano un’assicurazione sul mercato on-line delle polizze “creato dagli stati”.

Gli oppositori della riforma sostengono che questa formulazione renderebbe illegale l’assegnazione dei sussidi in quegli stati che non hanno creato un simile mercato virtuale. In questi casi, il governo federale si è fatto carico dell’incombenza, assicurando comunque l’erogazione dei sussidi per i redditi più bassi. Per l’amministrazione Obama, lo spirito della legge prevede che chiunque sia qualificato a ricevere un sussidio lo possa ottenere, indifferentemente dal fatto che abbia acquistato una polizza sul mercato stabilito dagli stati o dal governo federale.

Secondo la riforma (ACA o “Obamacare”), gli americani che non hanno un’assicurazione sanitaria tramite il proprio datore di lavoro o programmi pubblici come Medicare e Medicaid hanno l’obbligo di ottenere una polizza dalle compagnie private, acquistandola appunto sui già citati mercati virtuali (“Exchanges”), per non incorrere in sanzioni economiche.

Ad oggi, solo 16 stati americani e il District of Columbia hanno creato questi mercati, mentre nei rimanenti 34 è stato il governo federale a occuparsene. Circa l’85% di quanti hanno già acquistato una polizza in questo modo ricevono un sussudio e, secondo i dati del ministero della Sanità, 6,4 milioni di persone potrebbero essere interessate da un’eventuale sentenza sfavorevole all’amministrazione Obama.

Il governo e i sostenitori della legge ritengono che lo stop ai sussidi farebbe aumentare considerevolmente l’importo dei premi pagati dai sottoscrittori di polizze meno abbienti, provocando una cancellazione di massa delle assicurazioni già stipulate, con effetti rovinosi per tutto il sistema creato con l’ACA.

Secondo un esempio degli effetti di una possibile sentenza contraria al governo descritto recentemente dal Washington Post, una residente 56enne della North Carolina con varie patologie e un reddito annuo di 25 mila dollari, senza sussidi vedrebbe schizzare il premio mensile pagato di tasca propria da 66 a 578 dollari.

Il caso all’attenzione della Corte Suprema è chiamato “King contro Burwell”, dai nomi rispettivamente di uno dei querelanti e del ministro della Sanità di Obama. L’ACA era già passata attraverso due sentenze del più altro tribunale americano. La prima volta, nel 2012, i giudici avevano sancito la costituzionalità dell’obbligo individuale dell’acquisto di una polizza sanitaria. Lo scorso anno, invece, un verdetto profondamente reazionario aveva stabilito che le aziende private che offrono l’assicurazione sanitaria ai propri dipendenti possono negare la copertura relativa ai contraccettivi, in teoria prevista dall’ACA, se ciò va contro le proprie credenze religiose.

Una decisione della Corte Suprema che mettesse fine ai sussidi innescherebbe una nuova probabile crisi politica a Washington. Per evitare il contraccolpo su milioni di sottoscrittori di polizze, il Congresso o la Casa Bianca dovrebbero infatti agire tempestivamente, cosa non facile vista la differenza di vedute sulla riforma.

La soluzione più semplice sarebbe l’aggiunta al testo dell’ACA di una singola frase che estenda esplicitamente l’erogazione dei sussidi a tutti gli stati, indifferentemente dal fatto che il mercato delle polizze sanitarie sia creato da questi ultimi o dal governo federale.

I repubblicani che detengono la maggioranza sia alla Camera sia al Senato, tuttavia, non accetterebbero una modifica di questo genere, dal momento che rafforzerebbe una legge che da cinque anni cercano di smantellare.

Lasciare semplicemente crollare la riforma di Obama senza agire sarebbe però politicamente difficile per i repubblicani, visto che, malgrado la natura essenzialmente reazionaria dell’ACA, milioni di americani hanno per la prima volta una copertura sanitaria, sia pure privata e di qualità relativa, a un costo ragionevole grazie ai sussidi. In vista delle elezioni del 2016, essere identificati come il partito che ha fatto aumentare vertiginosamente i premi delle polizze assicurative non è esattamente auspicabile per i repubblicani.

Deputati e senatori di maggioranza si stanno dando perciò da fare per predisporre misure volte a limitare i danni di una sentenza contro il governo. Tra di esse ci sarebbero iniziative per garantire i sussidi per uno o due anni a coloro che già posseggono una polizza ma escludendoli per i nuovi sottoscrittori. In questo modo, sostiene la Casa Bianca, la morte della riforma verrebbe però solo rinviata.

Alcuni dei 34 stati che hanno delegato la creazione del mercato delle assicurazioni private al governo potrebbero invece fare marcia indietro e decidere di istituirne di propri, magari ottenendo condizioni meno vincolanti, ma molti di essi sostengono di non avere le risorse per farlo o, comunque, sono governati da republicani e non intendono agire in un modo che finisca per salvare la riforma di Obama.

Le udienze delle scorse settimane di fronte alla Corte Suprema hanno fornito pochi indizi sull’orientamento dei giudici il cui voto potrebbe risultare decisivo. Le attese maggiori erano per il giudice centrista, Anthony Kennedy, tradizionalmente l’ago della bilancia nelle sentenze più sofferte della Corte, e per il presidente, John Roberts, il quale era stato decisivo nel caso del 2012 su “Obamacare”.

Il primo ha espresso dubbi circa le posizioni dei querelanti ma ha allo stesso tempo mostrato qualche riserva sull’implementazione della legge da parte del governo. Roberts, invece, è intervenuto in rari casi durante le discussioni, lasciando intatti tutti i dubbi sulle sue intenzioni.

Se, infine, gli ultra-conservatori Antonin Scalia, Samuel Alito e Clarence Thomas dovrebbero votare quasi certamente contro i sussidi, i quattro giudici “liberal” - Ruth Bader Ginsburg, Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan - sono apparsi più che persuasi dalle tesi dell’amministrazione Obama.

Significativamente, questi ultimi hanno però talvolta mostrato preoccupazione non tanto per la sorte dei sottoscrittori di polizze bensì per le compagnie assicurative che operano sui mercati on-line istituiti dal governo, a rischio di veder svanire milioni di clienti e miliardi di dollari incassati sotto forma di sussidi pubblici.

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