di Michele Paris

Il secondo tentativo in poche settimane dell’amministrazione Trump e della leadership Repubblicana al Congresso americano di sostituire la riforma sanitaria di Obama con una nuova legge continua ad avere prospettive estremamente incerte a causa delle profonde divisioni interne al partito di governo su alcuni punti cruciali della proposta in discussione.

Nonostante il naufragio nel mese di marzo del cosiddetto “American Health Care Act” (AHCA), sempre per l’impossibilità di trovare un accordo tra i deputati Repubblicani, il presidente e i vertici del suo partito avevano provato a rilanciare sulla riforma sanitaria per consegnare alla Casa Bianca almeno un successo legislativo dopo i primi 100 giorni di governo Trump segnati da confusione e polemiche.

Le modifiche apportate all’AHCA hanno però confermato come la coperta resti molto corta sulla questione sanitaria. Il pacchetto che dovrebbe prendere il posto di “Obamacare” è stato infatti modellato per venire incontro alle perplessità dell’ala ultra-conservatrice del Partito Repubblicano, la quale aveva fatto saltare l’intesa sulla versione precedente, ma ha inevitabilmente provocato numerose defezioni tra i deputati “centristi”.

La sorte dell’AHCA dipende ora dalla possibilità di ottenere un compromesso tra le due anime del partito di maggioranza. La prima è intenzionata a dare la massima libertà alle compagnie assicurative private e a ridurre al minimo l’impegno finanziario pubblico per l’assistenza sanitaria, mentre la seconda appare preoccupata dalle reazioni negative dei propri elettori per l’eventuale perdita della copertura o per il possibile aumento dei costi necessari per riceverla.

La questione cruciale è rappresentata dall’obbligo per le compagnie di assicurazione private di garantire la copertura sanitaria a individui con “condizioni preesistenti” di malattia senza incrementi dei premi da pagare. Questa imposizione, prevista da “Obamacare”, è stata di fatto eliminata dalla nuova versione dell’AHCA, anche se lo stesso Trump e i leader Repubblicani alla Camera dei Rappresentanti continuano in sostanza a negarlo.

Le nuove norme prevedono che le amministrazioni dei singoli stati americani possano concedere alle compagnie di assicurazione la possibilità di richiedere a clienti con una storia di malattia pregressa premi esorbitanti, cioè fino a cinque volte superiori a quelli applicati a individui sani e di giovane età.

I sostenitori della legge affermano che quanti presentano “condizioni preesistenti” non sarebbero penalizzati da costi maggiori per due ragioni. La prima perché i premi possono essere maggiorati solo se un individuo che ha avuto malattie in passato non è stato coperto da un’assicurazione sanitaria per un periodo di almeno 63 giorni nell’anno precedente la stipula della polizza.

La seconda perché gli stati che permettono il lievitare dei premi dovranno creare dei piani alternativi “ad alto rischio” destinati agli individui con “condizioni preesistenti”. A questo scopo, il governo federale stanzierà tuttavia appena 13 miliardi di dollari l’anno, cioè una cifra insufficiente a garantire una copertura decente a tutti coloro che vedranno moltiplicare i costi delle loro polizze private.

Che quest’ultima misura avrà un impatto trascurabile è confermato dal fatto che essa ha fatto poco o nulla per convincere i deputati Repubblicani indecisi ad appoggiare la nuova versione dell’AHCA o per far cambiare idea a quelli contrari. Secondo i media americani, lo “speaker” della Camera dei Rappresentanti, Paul Ryan, starebbe perciò preparando un’ulteriore modifica alla legge per persuadere i colleghi “moderati”, anche se ciò potrebbe nuovamente far perdere qualche voto tra i conservatori.

Vista l’umiliazione seguita al fallimento del primo tentativo di abrogare “Obamacare”, risoltosi senza nemmeno un voto dell’aula, è singolare come la questione sia stata riportata all’ordine del giorno da parte di Trump e dei vertici Repubblicani senza la certezza di un accordo all’interno del partito sulla nuova versione dell’AHCA. Una nuova sconfitta su questo fronte potrebbe oltretutto ripercuotersi negativamente sul resto dell’agenda della nuova amministrazione.

I numeri alla Camera sembrano per il momento tutt’altro che favorevoli per i promotori della legge sul sistema sanitario, senza parlare degli ostacoli ancora maggiori che essa incontrerebbe poi al Senato.

I 193 deputati Democratici voteranno compatti contro la nuova legge, così che la leadership Repubblicana potrà permettersi al massimo 22 defezioni tra la propria delegazione. Gli ultimi conteggi dei giornali USA davano 21 deputati Repubblicani decisi a votare “no” e 24 indecisi. Nelle ultime ore, le pressioni di Trump e del suo vice, Mike Pence, si sono però moltiplicate per convincere gli scettici, ricevuti dallo stesso presidente mercoledì alla Casa Bianca.

I tempi sono in ogni caso molto stretti. Giovedì la Camera dei Rappresentanti sospenderà i lavori fino al 16 maggio e senza un voto dell’aula l’AHCA potrebbe perdere definitivamente il già modesto slancio degli ultimi giorni.

La tendenza alla vigilia di un possibile voto non promette comunque nulla di buono per i Repubblicani. Due defezioni di spicco hanno gettato un’ombra sulla nuova legge a inizio settimana, quando i deputati Billy Long e Fred Upton, rispettivamente di Missouri e Michigan, hanno fatto sapere ufficialmente di non poter votare a favore dell’AHCA nella versione attuale.

Long è considerato uno dei membri del Congresso più vicini a Trump, mentre Upton era stato il promotore di svariati disegni di legge Repubblicani approdati senza successo alla Camera a partire dal 2010 per cercare di revocare la riforma sanitaria di Obama. Dopo l’incontro con Trump, però, Upton è apparso più ottimista, poiché il presidente avrebbe appoggiato la sua proposta di aggiungere altri 8 miliardi di dollari allo stanziamento federale per i piani sanitari “ad alto rischio” nei singoli stati.

L’AHCA di Donald Trump rappresenta ad ogni modo un passo indietro rispetto a “Obamacare”, della quale aggrava gli aspetti più reazionari, come la prevalenza dell’offerta privata, il “focus” sul taglio dei costi sanitari e la promozione di un sistema di assistenza a due velocità, uno costoso e di prima qualità per chi può permetterselo e un altro con servizi razionati per i più poveri.

Oltre poi alla già ricordata questione dell’aumento dei premi assicurativi per quanti presentano “condizioni preesistenti”, l’AHCA consente ai singoli stati americani di non applicare la norma, anch’essa prevista da “Obamacare”, che impone ai piani di copertura sanitari offerti di includere una serie di servizi fondamentali, tra cui visite di emergenza, ricoveri ospedalieri, esami di laboratorio e vaccinazioni.

La gran parte degli elementi regressivi inclusi nella prima versione dell’AHCA è rimasta invariata dopo le modifiche alla legge oggetto di discussione in questi giorni. Per dare un’idea dell’impatto che essa avrebbe in caso di approvazione, basti ricordare che l’analisi di un ufficio indipendente del Congresso nel mese di marzo aveva stimato in 14 milioni il numero di americani che con l’AHCA perderebbe la copertura sanitaria già nel 2018 e 24 milioni entro il 2026.

Inoltre, la nuova legge cambierebbe i criteri di assegnazione dei sussidi per l’acquisto di polizze private, determinando un aumento complessivo dei premi per singoli e famiglie. L’AHCA, infine, ridurrebbe i fondi federali di Medicaid per centinaia di miliardi di dollari, con il risultato che, nel prossimo decennio, altri 14 milioni di americani sarebbero privati della copertura sanitaria ottenuta grazie al popolare programma di assistenza pubblico destinato ai redditi più bassi.

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