Sono bastati pochi giorni ai vertici del Partito Social Democratico tedesco (SPD) per passare dal rifiuto totale a entrare in una nuova “grande coalizione” con i conservatori della CDU/CSU all’apertura al dialogo con questi ultimi in preparazione di un nuovo governo guidato dalla cancelliera Merkel.

 

Subito dopo il naufragio dei negoziati per la formazione di un esecutivo tra la principale forza di centro-destra della Germania, i liberali dell’FDP e i Verdi, il direttivo federale socialdemocratico aveva confermato la volontà di rimanere all’opposizione e indicato come soluzione all’uscita dallo stallo politico una nuova tornata elettorale dopo quella del 24 settembre scorso.

 

 

Le condizioni politiche a Berlino sono però cambiate rapidamente e, con l’opzione del ritorno alle urne fortemente sgradita in pratica a tutto l’establishment tedesco, le pressioni sulla SPD sono aumentate in maniera sensibile, fino a fare aprire molto più di uno spiraglio alla terza edizione di una “grosse Koalition” a guida Merkel.

A svelare il teatrino che si appresta ad andare in scena a Berlino e le forze che spingono per un nuovo governo CDU/CSU-SPD è stato, tra gli altri, un economista di UniCredit sentito in questi giorni da Bloomberg, il quale si è detto certo che, “in pratica, non ci sono dubbi che il tutto si concluderà con una coalizione di maggioranza guidata da Angela Merkel”. L’unica incognita consiste nei tempi che porteranno a questo esito.

 

L’inversione di rotta della SPD necessita infatti di tempo per far digerire ai propri elettori, già fuggiti in massa dal partito nelle ultime elezioni, un’iniziativa che era stata esclusa prima e dopo il voto e, ancora, meno di una settimana fa.

 

Un’accettazione troppo esplicita degli inviti della cancelliera rappresenterebbe a questo punto un problema, soprattutto alla luce della contrarietà a una nuova “grande coalizione” tra la sinistra della SPD. Da qui, la relativa prudenza dei vari leader del partito intervenuti pubblicamente nel fine settimana appena trascorso.

 

La strategia del leader socialdemocratico, Martin Schulz, è quella di delegare la decisione ai membri del partito nel quadro di un congresso programmato per il 7 dicembre prossimo. La consultazione sarà prevedibilmente preceduta da ulteriori pressioni per entrare in un terzo governo Merkel e da prese di posizione degli esponenti più autorevoli della SPD circa la necessità di agire responsabilmente di fronte alla crisi politica in atto in Germania.

 

I principali giornali tedeschi hanno da parte loro già sposato l’ipotesi della “grosse Koalition”. Il Süddeutsche Zeitung, ad esempio, ha bocciato un eventuale gabinetto di minoranza di CDU/CSU, per poi spiegare efficacemente che, “vista la situazione in cui si trova la Germania e il suo ruolo in Europa, è inconcepibile che il governo debba temere per il raggiungimento di un accordo nel proprio parlamento su ogni difficile decisione” che si prospetta.

 

Nel centro-destra, intanto, sono caduti possibili veti all’accordo con la SPD. I vertici sia di CDU che di CSU sono usciti da un incontro, tenuto domenica a Berlino, con la convinzione che un nuovo governo di “larghe intese” sia da decisamente preferire a elezioni o a un esecutivo di minoranza.

 

Le tensioni che potrebbero agitare le trattative sono ad ogni modo trasparite da alcune dichiarazioni, come quella del primo ministro cristiano-democratico dello stato dell’Assia, Volker Bouffier. Quest’ultimo ha avvertito i socialdemocratici a “non esagerare” con eccessive richieste, poiché “un partito con il 20% [dei consensi] non può ottenere il 100%” di quanto chiede.

 

Questi malumori sono il riflesso della situazione all’interno della SPD, i cui leader, in cambio della partecipazione al prossimo esecutivo, presenteranno probabilmente una serie di richieste alla Merkel per introdurre nel programma di governo provvedimenti vagamente “progressisti”, necessari a limitare le conseguenze elettorali della decisione che il partito sta per prendere.

 

Il principale promotore della “grosse Koalition” tra i socialdemocratici è il presidente federale tedesco, Frank-Walter Steinmeier. Steinmeier ha già avuto un faccia a faccia con Schulz nei giorni scorsi, al termine del quale il leader della SPD ha aperto ufficialmente al dialogo con la Merkel. Sempre su iniziativa del presidente, nella giornata di giovedì la cancelliera e Schulz si vedranno per la prima volta nell’ambito delle nascenti trattative di governo.

 

Tutt’altro che casualmente, l’impegno di Steinmeier per evitare nuove elezioni o un debole governo di minoranza coincide con il fatto che egli stesso, nel suo precedente incarico di ministro degli Esteri nel governo uscente della Merkel, era stato uno dei principali promotori del militarismo tedesco e di una politica estera sempre più aggressiva, anche alla luce della piega ultra-nazionalista degli Stati Uniti di Donald Trump.

 

Il compattamento della classe dirigente della Germania attorno al progetto della terza “grande coalizione” a guida Merkel ha infatti a che fare con la necessità di evitare incertezze, destabilizzazioni e l’aumentare delle tensioni sociali in una fase storica cruciale per il capitalismo tedesco. Dalle divisioni con Washington ai progetti di “riforma” di un’Unione Europea lacerata da “Brexit” e populismi, dall’integrazione euro-asiatica all’intensificarsi della competizione sui mercati internazionali, le questioni all’ordine del giorno per la Germania e il suo governo sono molteplici e Berlino necessita dunque di una leadership la più ferma e autorevole possibile nel prossimo futuro.

 

Un eventuale nuovo governo CDU/CSU-SPD avrà in ogni caso conseguenze pesanti proprio su quest’ultimo partito, la cui ala sinistra e buona parte dell’elettorato teoricamente di riferimento continuano a chiedere una qualche accelerazione progressista. Le possibilità che ciò possa accadere anche solo in minima parte all’interno del probabile prossimo gabinetto Merkel sono state chiarite dalla stessa cancelliera nel fine settimana.

 

Come ha riportato Bloomberg, nel corso di un discorso davanti ai membri della CDU, la Merkel ha sottolineato che “qualsiasi partner di coalizione dovrà appoggiare il pareggio di bilancio e, più in generale, politiche economiche pro-business”. Dopo questo messaggio inviato più agli elettori che ai vertici socialdemocratici, la cancelliera ha aggiunto che, nei suoi due mandati al governo in regime di “grosse Koalition”, il suo partito ha sempre “lavorato molto bene” con la SPD.

 

La disponibilità della Socialdemocrazia a contribuire a stabilizzare lo stato e il capitalismo tedesco entrando in un gabinetto che avrà dichiaratamente un indirizzo di classe conferma perciò ancora una volta la natura di questo partito, da tempo strumento di una parte dei poteri forti della Germania.

 

Il governo che si preparerà a Berlino nelle prossime settimane, a differenza dei due precedenti guidati dalla Merkel, avrà infine una più che dubbia legittimità democratica, essendo il risultato di un’elezione segnata da un chiarissimo rifiuto dell’establishment politico tradizionale, tradottosi in sconfitte più o meno pesanti per entrambe le formazioni che vi prenderanno parte.

 

Anche per questa ragione, le tendenze del prossimo gabinetto Merkel saranno sempre più autoritarie e anti-sociali. E ciò in risposta non solo al mutato clima internazionale, ma anche alle crescenti tensioni nel paese, visibili nelle proteste di migliaia di lavoratori tedeschi proprio in questi giorni, e alle pressioni dell’estrema destra del partito AfD che, con l’ingresso della SPD nel governo, diventerebbe di fatto la principale forza dell’opposizione a livello federale.

 

 

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