L’insediamento ufficiale nella mattinata di lunedì del nuovo governo austriaco ha segnato come previsto il ritorno al potere nel paese alpino del Partito della Libertà (FPÖ) di estrema destra. Questa formazione, legata ad ambienti xenofobi e neo-nazisti, sarà il partner di governo del Partito Popolare Austriaco (ÖVP) del neo-cancelliere Sebastian Kurz, a coronamento di un processo, in atto anche in altri paesi europei, che vede l’establishment politico tradizionale spostarsi sempre più a destra sotto la spinta di un crescente disagio economico e sociale.

 

 

Il 31enne Kurz e il leader dell’FPÖ, il nuovo vice-cancelliere Heinz-Christian Strache, hanno giurato lunedì a Vienna di fronte al presidente federale, Alexander Van der Bellen. L’ex leader dei Verdi austriaci aveva sconfitto di misura nelle presidenziali del 2016 il candidato dell’FPÖ, Norbert Hofer, ma né lunedì né in precedenza durante i negoziati per la formazione del nuovo gabinetto ha ritenuto di dover mettere in guardia dalla presenza in esso della destra estrema, se non per una possibile minaccia alla permanenza dell’Austria nell’Unione Europea.

 

L’accordo di governo tra FPÖ e ÖVP è stato ratificato dopo circa due mesi dalle elezioni. Il voto era stato vinto dal partito di Kurz, protagonista nel mese di maggio di un golpe interno all’ÖVP che aveva portato il principale partito centrista-conservatore austriaco ad abbracciare molte delle proposte dell’FPÖ, piazzatosi invece terzo a ridosso dei socialdemocratici (SPÖ).

 

L’accelerazione populista impressa da Kurz a un partito gravemente compromesso da decenni al governo del paese e dalla partecipazione a una “grande coalizione” con i socialdemocratici, ha riguardato in particolare la questione dei migranti. Questi ultimi sono così diventati il facile bersaglio di una campagna xenofoba di criminalizzazione, a cui ha peraltro partecipato buona parte del panorama politico austriaco.

 

L’esecutivo che ha preso in mano le sorti dell’Austria lunedì sarà pesantemente influenzato dalle politiche dell’FPÖ. Questo partito ha ottenuto infatti posizioni molto importanti, tra cui insolitamente tre dei principali dicasteri: Interni, Esteri e Difesa. I titolari di questi incarichi sono tutti esponenti politici con dimostrati precedenti nei circoli di estrema destra, così da garantire l’implementazione di un’agenda repressiva, ultra-nazionalista e anti-democratica.

 

Il nuovo ministro dell’Interno sarà il segretario generale dell’FPÖ, Herbert Kickl, già braccio destro e autore dei discorsi del defunto ex leader dell’estrema destra austriaca, Jörg Haider. Dopo la spaccatura nell’FPÖ, Kickl aveva abbandonato Haider e seguito Strache nella fazione ancora più estrema che era emersa, mentre negli ultimi anni si è distinto in un’accesa battaglia contro gli immigrati e per la difesa delle radici cristiane dell’Europa.

 

Al ministero della Difesa ci sarà invece Mario Kunasek, ex ufficiale da provati legami con organizzazioni neo-naziste. Anche Kunasek è un feroce oppositore, su basi xenofobe se non apertamente razziste, dell’ingresso di stranieri in Austria.

 

Identico “background” può vantare anche il ministro degli Esteri, Karin Kneissl, pur non facendo parte ufficialmente del Partito della Libertà. La Kneissl ha poi spesso criticato in maniera dura l’Unione Europea. Secondo la stampa locale, tuttavia, il cancelliere Kurz avrebbe mantenuto sotto il suo controllo alcuni dipartimenti del ministero degli Esteri incaricati della gestione delle questioni comunitarie.

 

Proprio i timori di possibili rotture con Bruxelles stanno sollevando le maggiori preoccupazioni tra i vertici europei. Quando nel 2000 l’FPÖ di Haider entrò per la prima volta nel governo di Vienna, guidato dall’allora leader dell’ÖVP, Wolfgang Schüssel, l’Unione Europea decise di imporre sanzioni contro l’Austria.

 

Oggi, al contrario, una simile ipotesi non viene nemmeno discussa. Il cambiamento di attitudine è dovuto in sostanza al processo di sdoganamento dei movimenti di estrema destra in atto da tempo in tutta Europa, a sua volta legato alla deriva reazionaria che ha interessato i partiti “mainstream” del vecchio continente. Questo fenomeno si è in qualche modo riflesso anche sull’entità delle proteste che hanno accompagnato l’insediamento del governo Kurz-Strache lunedì a Vienna. Il numero dei dimostranti è stato quantificato in poche migliaia, mentre nel 2000 furono in centinaia di migliaia a scendere nelle piazze.

 

Assieme alle iniziative anti-migranti e al massiccio rafforzamento delle forze di sicurezza, il nuovo governo di Vienna ha tra le sue priorità la ristrutturazione del welfare e della spesa pubblica federale, in parallelo alla riduzione del carico fiscale, soprattutto per il business, e alla flessibilizzazione del mercato del lavoro. I toni relativamente moderati di Kurz e gli inviti a non temere la presenza della destra estrema nel nascente gabinetto nascondono perciò i preparativi di un nuovo attacco frontale ai diritti democratici e alle protezioni sociali anche in Austria.

 

L’obiettivo dell’ÖVP e dell’FPÖ è quello di implementare quest’agenda reazionaria dirottando l’attenzione della popolazione austriaca sulla presunta emergenza dell’immigrazione e della sicurezza dei cittadini. Tra le iniziative promesse dal nuovo governo figura infatti la drastica riduzione delle protezioni previste per i migranti, tra cui la riduzione dei tempi per le espulsioni e per i ricorsi contro le richieste di asilo respinte.

 

Ugualmente preoccupanti sono inoltre le proposte di ampliamento dei poteri di controllo del governo sulle organizzazioni islamiche in Austria, in previsione di campagne allarmistiche volte ad alimentare le divisioni sociali per favorire l’adozione di misure classiste e anti-democratiche.

 

Soprattutto le “riforme” dirette contro i diritti dei lavoratori saranno ancora più distruttive di quelle ipotizzate dall’accordo di governo appena siglato a Vienna. Un commento di Bloomberg News ha spiegato che le associazioni degli industriali austriaci si aspettano un’azione più incisiva in questo ambito una volta messi alle spalle gli appuntamenti elettorali a livello regionale previsti nel corso del 2018.

 

Per quanto riguarda ancora le questioni europee, Kurz e lo stesso Strache hanno cercato di limitare al minimo le critiche nei confronti di Bruxelles. Lo stesso neo-cancelliere si recherà martedì nella capitale belga, dove incontrerà Juncker e Tusk. All’ordine del giorno ci sarà probabilmente anche il rapporto tra Vienna e Mosca, visto che l’FPÖ mantiene relazioni decisamente cordiali con il partito del presidente Putin.

 

Queste rassicurazioni difficilmente potranno tuttavia fermare le tendenze centrifughe in atto a livello europeo e rafforzate proprio dalla partecipazione al governo austriaco dell’FPÖ. A riprova di ciò, in un meeting tra i partiti dell’estrema destra avvenuto nel fine settimana a Praga, complimentandosi con Strache e il suo movimento, molti dei partecipanti hanno ribadito la loro ferma opposizione verso l’Unione Europea.

 

I nuovi scenari austriaci confermano infine una tendenza comune a quasi a tutti i sistemi politici occidentali, nei quali i partiti tradizionali, e non solo conservatori o “moderati”, si attestano su posizioni sempre più reazionarie nel tentativo di invertire il comune declino dei consensi e la crisi di legittimità che li sta colpendo.

 

Proprio mentre in Austria veniva ratificata la nuova alleanza di governo tra l’ÖVP e l’FPÖ, a Parigi è andato in scena un evento politico dai contorni per molti versi simile a quanto accaduto a Vienna nel corso dell’anno. I gollisti dell’LR (“Les Républicains”) hanno eletto cioè il loro nuovo leader dopo la batosta subita nelle presidenziali della scorsa primavera.

 

A guidare il principale partito conservatore francese sarà il candidato della destra interna, Laurent Wauquiez, premiato dalla maggioranza degli iscritti dopo una campagna durante la quale ha fatto propri molti dei temi del Fronte Nazionale (FN), dando così spazio alle voci sempre più insistenti di una futura possibile alleanza tra l’LR e il partito neo-fascista di Marine Le Pen.

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