Mentre in Canada si consumava la clamorosa rottura tra gli Stati Uniti e gli altri membri del G7, nella località cinese di Qingdao è andato in scena un evento che ha illustrato il processo di consolidamento in atto della partnership tra Mosca e Pechino, così come la crescente integrazione economico-strategica-infrastrutturale nel continente asiatico all’insegna del multipolarismo.

 

Il vertice annuale dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) ha spiccato in questa occasione proprio per l’armonia e l’accordo, almeno apparenti, che hanno caratterizzato gli incontri tra i vari leader presenti. Le parole d’ordine del summit sono state esse stesse un messaggio diretto alle potenze occidentali e in particolare agli USA, mostrando il chiaro intento di combattere le tendenze “unilaterali” e “protezionistiche” per promuovere, al contrario, la libertà dei commerci e la creazione di economie “aperte”.

 

 

La crescita dell’importanza di consessi internazionali “alternativi” come l’SCO, nato nel 2001, come ha spiegato Vladimir Putin, per “risolvere semplicemente questioni di confine tra Cina, Russia ed ex repubbliche sovietiche”, è la diretta conseguenza dell’impronta militarista e aggressiva che segna da tempo la politica estera americana in parallelo alla perdita di peso di Washington sul piano globale. Una dinamica che si è accentuata a partire dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca e dall’accelerazione nazionalista e protezionista data alla nuova amministrazione repubblicana.

 

Lo stesso graduale allargamento dell’SCO a nuovi membri testimonia di un’organizzazione sempre più potenzialmente in grado di influire sulle vicende asiatiche, con particolare enfasi non solo sulle questioni della sicurezza, ma anche sui meccanismi di sviluppo economico e infrastrutturale, in sovrapposizione agli altri organi e meccanismi multilaterali che hanno il loro fulcro in questo continente.

 

L’SCO era stato fondato da Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Nel giugno del 2017 sono stati ammessi a tutti gli effetti India e Pakistan, mentre Afghanistan, Bielorussia, Iran e Mongolia ne fanno parte per il momento come paesi “osservatori”. Complessivamente, l’SCO copre il 60% del territorio dell’Eurasia, include quasi la metà della popolazione mondiale e un quinto del PIL del pianeta.

 

Ferme restando le evidenti potenzialità della presenza nell’SCO di paesi come India e Iran, il cardine dell’organizzazione è il rapporto tra Russia e Cina. Il peso della partnership tra le due potenze, come fulcro di un possibile nuovo ordine mondiale improntato al multilateralismo, è stato sottolineato nel fine settimana sia dall’ostentazione da parte dei media cinesi del calore nei rapporti personali tra Putin e Xi Jinping sia da non pochi commenti più o meno allarmati apparsi sui giornali in Occidente.

 

I due leader non si sono d’altra parte risparmiati nel descrivere l’importanza delle relazioni bilaterali, inserendole significativamente in un quadro non solo regionale o continentale ma, soprattutto, globale. Il presidente cinese ha inoltre insistito sulla natura “strategica” della partnership tra Mosca e Pechino, a suo dire la più “profonda”, “matura”, “stabile” e, appunto, “strategicamente significativa” tra quelle che contraddistinguono le grandi potenze del pianeta.

 

A dare il senso di queste parole sono gli accordi confermati o esplorati tra Russia e Cina nel corso del vertice di Qingdao e che vanno dalla tecnologia nucleare all’ambito più ovvio del gas, dallo sviluppo di porti commerciali lungo la “rotta artica” a progetti infrastrutturali di vario genere.

 

Molti commentatori occidentali hanno rilevato soprattutto le tensioni che persistono dietro l’apparente armonia dei rapporti tra Russia e Cina e all’interno dell’SCO. Il riferimento in questo senso va in primo luogo all’espansione dell’influenza e dei piani infrastrutturali e di sviluppo energetico della Cina in Asia centrale, vale a dire un’area tradizionalmente al centro degli interessi del Cremlino.

 

I motivi di frizioni se non di scontro sono senza dubbio presenti, ma è quanto meno sintomatico che i governi interessati affrontino ufficialmente la questione da un punto di vista opposto, evidenziandone cioè le potenzialità di collaborazione attraverso l’integrazione degli strumenti promossi da Mosca e Pechino per l’avanzamento dei rispettivi interessi economico-strategici.

 

Emblematica a questo proposito è la potenziale interconnessione tra la cosiddetta nuova Via della Seta cinese o, ufficialmente, “Belt and Road Initiative” (BRI) e l’Unione Economica Eurasiatica (EAEU), l’area di libero scambio guidata dalla Russia e comprendente Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan.

Lo stesso discorso può valere per l’ingresso nell’SCO di India e Pakistan. La presenza contemporanea dei due arci-rivali è da un lato e in apparenza motivo di destabilizzazione del gruppo di Shanghai ma, dall’altro, rappresenta un’opportunità di distensione in un quadro di sviluppo economico sotto l’impulso cinese e, in misura minore, russo.

 

Le ambizioni dell’SCO e dell’asse russo-cinese, in una fase segnata dalla disintegrazione dell’ordine mondiale centrato sull’egemonia americana, sono confermate ad esempio anche dallo studio, nel corso dell’incontro di Qingdao, di un meccanismo per il lancio di un percorso di pace in Afghanistan senza il contribuito o l’interferenza occidentale. Il piano è stato rivelato dalla testata on-line Asia Times e, se può apparire illusorio visto il peso degli Stati Uniti nel paese occupato dal 2001, è comunque un chiaro segnale dell’evoluzione in atto negli equilibri internazionali.

 

Un altro sviluppo di estremo interesse è poi la conferma senza riserve dell’Iran come partner con cui collaborare e fare affari, respingendo la rinnovata offensiva di Washington e i tentativi di emarginazione con il boicottaggio dell’accordo sul nucleare di Vienna del 2015 (JCPOA). Il presidente russo Putin ha da parte sua sostenuto apertamente l’ammissione di Teheran nell’SCO come membro effettivo.

 

Mentre infine in Canada le alleanze sembravano andare in frantumi, a margine del summit SCO e nel pieno spirito che lo ha apparentemente caratterizzato, il presidente cinese Xi e il primo ministro indiano, Narendra Modi, sono stati protagonisti di un faccia a faccia da cui sono usciti ancora una volta toni cordiali e l’impegno a superare ostilità e contrasti che nei mesi scorsi avevano portato i due giganti sull’orlo di un conflitto armato.

 

Il mezzo per giungere al disgelo tra Pechino e Nuova Delhi è potenzialmente ancora il piano di integrazione economico e infrastrutturale cinese, verso cui l’India conserva però un atteggiamento cauto. Da parte indiana restano infatti divisioni interne e contraddizioni sugli orientamenti strategici e di politica estera da tenere. È indiscutibile, tuttavia, che da qualche tempo la marcia di avvicinamento agli Stati Uniti e il tentativo di Washington di fare di Delhi il perno della propria strategia asiatica anti-cinese si scontrano con l’attitudine più pragmatica del governo Modi verso la Cina.

 

Per quanto riguarda ancora il consolidarsi dei legami tra Russia e Cina e le implicazioni strategiche che ne derivano, il riflesso principale in Occidente è l’irrigidimento degli Stati Uniti e il probabile moltiplicarsi dell’impegno, primo fra tutti quello militare, per ostacolare questa dinamica.

 

La dottrina consueta accettata negli ambienti di potere a Washington dopo il crollo dell’Unione Sovietica prevede l’impedimento del formarsi di una o più potenze in grado di minacciare la posizione internazionale americana e, nello specifico, il controllo sul continente euroasiatico.

 

I più recenti documenti strategici dell’apparato militare e della sicurezza nazionale degli Stati Uniti segnano infatti un cambiamento rispetto agli ultimi due decenni, identificando non più il “terrorismo internazionale” come principale minaccia bensì la crescita di paesi come Russia e Cina. La realtà indica però un’evoluzione precisamente in questo senso e il recente vertice di Qingdao ha messo un altro tassello nella costruzione di un ordine mondiale multipolare che si scontra sempre più con l’eccezionalismo in rapido declino dell’impero americano.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy