La nuova sconfortante prestazione elettorale del centro-destra tedesco nel fine settimana sembra avere convinto la cancelliera, Angela Merklel, a fare in maniera ufficiale il primo passo verso il clamoroso ritiro da una scena politica che ha dominato fin dal 2005. Il voto nel “Land” occidentale dell’Assia aveva segnato nella giornata di domenica l’ennesima emorragia di voti per i partiti al governo a Berlino, inclusi i Cristiano Democratici (CDU), accelerando la crisi della “Grande Coalizione” e della posizione politica della stessa Merkel.

 

Lunedì, dopo un vertice del suo partito, la cancelliera ha confermato quanto appariva probabile già dopo la diffusione dei risultati del voto in Assia, cioè che lascerà la leadership della CDU e non si ricandiderà per questo incarico nel congresso del partito previsto per il mese di dicembre. La Merkel è comunque intenzionata a rimanere alla guida del governo federale fino alle prossime elezioni del 2021, anche se le acque sempre più agitate nella “grosse Koalition” rendono tutt’altro che scontato il suo proposito.

 

 

Il dato più significativo dell’ultimo appuntamento con le urne a livello statale in Germania è stato in ogni caso quello della conferma della crescente avversione degli elettori per tutti i principali partiti del panorama politico tedesco. Solo due settimane fa, il partito gemello della CDU, i Cristiano Sociali della CSU, aveva incassato una vera e propria umiliazione nel proprio feudo della Baviera. Solo per la seconda volta dal dopoguerra, la CSU aveva perso la maggioranza assoluta dei seggi nell’assemblea statale bavarese, vedendosi costretta a cercare un partner di governo.

 

In Assia, l’esito del voto ha ricalcato quello del più popoloso “Land” meridionale. La CDU ha perso cioè circa l’11% dei consensi rispetto al 2013, scendendo dal 38% al 27%. Come la CSU in Baviera, il partito della cancelliera sarà in grado di rimanere alla guida dell’Assia solo in una coalizione,  probabilmente assieme ai Verdi, con cui ha già governato negli ultimi cinque anni.

 

Proprio i Verdi, esattamente come in Baviera, sono stati i veri vincitori nella serata di domenica, grazie all’intercettazione dei voti di CDU e, soprattutto, dei Social Democratici (SPD). L’affermazione di questo partito, passato dall’11% a quasi il 20%, conferma anche come il sentimento della popolazione tedesca nei confronti dei migranti sia in buona parte lontana anni luce dalle posizioni abbracciate da molti partiti non solo della destra estrema.

 

Se la CDU ha fatto segnare in Assia la peggiore performance in oltre mezzo secolo, secondo i media tedeschi il livello toccato dalla SPD non è mai stato così basso da ben 72 anni. Il più importante partito di centro-sinistra in Germania è sceso sotto il 20% ed è riuscito a sopravanzare i Verdi solo per una manciata di voti. Il percorso della SPD rischia così di essere simile a quello di altri partiti socialdemocratici europei virtualmente decimati negli ultimi anni, dal momento che i sondaggi a livello federale la danno addirittura dietro ai Verdi e all’estrema destra dell’Alternativa per la Germania (AfD).

 

L’AfD ha a sua volta capitalizzato il crollo di CDU e SPD, ma, ancora una volta, con poco più del 13%, non ha sfondato. Nonostante la sostanziale legittimazione e, non di rado, la promozione della AfD da parte di tutti o quasi i partiti politici “mainstream” tedeschi e dei media ufficiali, la destra xenofoba non gode di un sostegno consistente nel paese e resta, almeno per il momento, sugli stessi livelli registrati nelle elezioni federali del 2017. Grazie ai seggi conquistati domenica, l’AfD è ora presente in tutti e 16 i parlamenti statali tedeschi, oltre che in quello federale di Berlino, dove è il principale partito di opposizione.

 

Il voto dell’Assia potrebbe avere riflessi importanti sul governo Merkel. Le ansie e le divisioni interne ai partiti che lo sostengono minacciano infatti di esplodere nel prossimo futuro. Nella CDU, sono sempre più forti le pressioni per imprimere al partito una sterzata verso destra nel tentativo di rincorrere gli elettori attratti dall’AfD. Non è un caso, infatti, che la versione ufficiale circa la crescente impopolarità della Merkel e del suo governo faccia riferimento quasi sempre all’attitudine presumibilmente troppo accomodante della cancelliera nei confronti dei migranti.

 

In questo contesto, il prossimo avvicendamento alla guida della CDU di qui a poche settimane prospetta una rapida archiviazione anche delle politiche moderate e centriste che hanno spesso caratterizzato i gabinetti a guida Merkel in questi anni. D’altra parte, già l’operato dell’attuale governo di Berlino presenta più di una analogia con il programma dell’estrema destra tedesca, a cominciare dalla linea dura su immigrati e rifugiati.

 

Sul fronte della SPD, il voto dell’Assia, come già quello in Baviera, ha acuito la spaccatura interna tra una leadership in genere più moderata e orientata a rimanere nella “grosse Koalition” e una base decisamente più a sinistra che vorrebbe rimodellare dall’opposizione e in senso progressista un partito spostatosi a destra in maniera drammatica negli ultimi due decenni.

 

Che la crisi dei socialdemocratici tedeschi sia vicina al punto di rottura, tanto da mettere a rischio il governo federale, è apparso chiaro dalle dichiarazioni della leader della SPD, Andrea Nahles, dopo la chiusura delle urne in Assia. La numero uno del partito ha lanciato un chiaro messaggio alla Merkel, avvertendo che “le condizioni di governo non sono accettabili”.

 

Nel prospettare una possibile rottura, la Nahles ha chiesto disperatamente una sorta di “road map” programmatica e una verifica della sua implementazione nei prossimi mesi, in modo da decidere se la coalizione sarà “ancora il posto giusto” per la SPD. In molti ai vertici del partito temono però che un’uscita dal governo porti direttamente a un voto anticipato e a una nuova batosta elettorale.

 

La crisi politica in Germania è dunque molto più profonda di quanto lasci intendere l’immagine di un paese con un’economia in ottima salute. Molti commentatori si sono chiesti la ragione della perdita di voti della CDU in Assia visto il livello bassissimo della disoccupazione, gli stipendi elevati e il crimine quasi inesistente nello stato che comprende la città di Francoforte, ovvero il centro nevralgico della finanza tedesca.

 

La spiegazione più frequente è che gli elettori abbiano voluto punire i partiti al governo a Berlino per gli scontri e le accese polemiche interne che hanno caratterizzato i mesi seguiti all’insediamento del gabinetto federale. Una simile lettura è tuttavia superficiale e fuorviante. Piuttosto, la frammentazione crescente e l’allontanamento degli elettori dal centro politico indicano un disagio diffuso per una classe politica vista correttamente come responsabile di fenomeni come precarizzazione del lavoro, austerity senza fine e disuguaglianze sociali esplosive, tutti ben presenti anche nella realtà odierna della Germania della cancelliera Merkel.

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