Di fronte a un movimento dei “gilet gialli” che non accenna a spegnersi, il governo francese del presidente, Emmanuel Macron, e del suo primo ministro, Édouard Philippe, sta sempre più ricorrendo a metodi repressivi attraverso la mobilitazione massiccia delle forze di sicurezza e la possibile approvazione di nuove leggi gravemente anti-democratiche.

 

Lo stesso premier ha minacciato in un’apparizione televisiva l’adozione di provvedimenti radicali per soffocare le manifestazioni che dallo scorso mese di novembre hanno scosso la Francia e si sono rapidamente trasformate in un’ondata di protesta contro le politiche neoliberiste dell’inquilino dell’Eliseo.

 

Nel mese di dicembre, un Macron sotto pressione aveva mostrato la disponibilità a fare qualche modesta concessione ai manifestanti, sospendendo in primo luogo la tassa sui carburanti all’origine della mobilitazione dei “gilet gialli”. In seguito, con il persistere delle dimostrazioni, il presidente e il governo sono tornati però a scegliere il pugno di ferro, di fatto inevitabile vista la volontà di continuare a ignorare le richieste espresse dalle proteste e di persistere nell’implementazione di un’agenda fatta di austerity e militarismo.

 

 

In un’intervista alla rete TF1, Philippe ha rivelato come il governo di Parigi stia valutando sanzioni e misure punitive in caso di proteste non notificate preventivamente alle autorità. Non solo, l’utilizzo di cappucci o maschere da parte dei manifestanti sarà ugualmente punito e, soprattutto, è allo studio la possibilità di applicare alle proteste di piazza le misure restrittive già in vigore anche in Francia per combattere la violenza negli stadi.

 

Come i tifosi di calcio oggetto dell’attenzione della polizia, anche i manifestanti organizzati nei “gilet gialli” e non solo potranno essere cioè schedati e, sulla base di valutazioni arbitrarie delle forze dell’ordine e del governo, saranno preventivamente privati del diritto di protestare.

 

Proprio mentre annunciava questa pericolosa stretta sulle libertà democratiche, il primo ministro di Macron sosteneva singolarmente di voler “salvaguardare il diritto di manifestare”. Dichiarazioni di questo genere rispondono a uno schema ben preciso da parte del governo francese, il quale rivendica le proprie azioni in difesa della democrazia proprio mentre è in atto una chiarissima svolta autoritaria.

 

Per dare un’idea delle intenzioni del governo, lo stesso Philippe ha avvertito che, in previsione della prossima manifestazione dei “gilet gialli” del prossimo fine settimana, saranno mobilitati ben 80 mila uomini delle forze di sicurezza. L’intensificarsi della repressione è giustificata dagli scontri che puntualmente si registrano nel corso delle manifestazioni, iniziate sempre in maniera pacifica e sfociate spesso in episodi di violenza quasi sempre a causa delle provocazioni della polizia.

 

Particolari preoccupazioni nel governo aveva provocato sabato scorso il tentativo di irrompere in un edificio governativo da parte dei “gilet gialli” con un veicolo preso da un vicino cantiere edile. Esponenti del gabinetto Philippe e lo stesso Macron avevano sfruttato l’episodio per denunciare un presunto attacco contro la Repubblica e, con la maggioranza dei francesi favorevoli all’azione dei “gilet gialli”, esso è servito a creare un clima di tensione utile all’annuncio di questa settimana del primo ministro sulle prossime iniziative di legge.

 

Oltre a queste ultime, ulteriori misure estreme sono invocate da molti all’interno della classe politica transalpina, non solo negli ambienti governativi. Il presidente del partito gollista “I Repubblicani”, Laurent Wauquiez, ha ad esempio accusato Macron di essere troppo tenero con i “gilet gialli”, chiedendo piuttosto il ripristino dello stato di emergenza, a lungo in vigore dopo gli svariati attentati terroristici in Francia, in modo da “ristabilire l’ordine” nel paese.

 

Le proteste di queste settimane in Francia continuano a essere in larga misura l’espressione spontanea e legittima dell’opposizione di lavoratori e classe media contro i diktat dei grandi interessi economici e finanziari di cui anche il governo Macron è portatore. Esse si inseriscono inoltre in un clima di tensioni sociali che è comune praticamente a tutta l’Europa e non solo e che, proprio come a Parigi, sta in molti casi provocando derive repressive e anti-democratiche da parte delle autorità politiche.

 

Allo stesso tempo, il movimento francese rischia di essere strumentalizzato dalle forze populiste che, in assenza di soggetti credibili a sinistra, sono in grado di presentarsi come unica alternativa alle élites rappresentate, tra gli altri, da Macron o dai “burocrati” dell’Unione Europea. In questo quadro va inserito il sostegno tutt’altro che disinteressato offerto nei giorni scorsi ai “gilet gialli” francesi da Matteo Salvini e da Luigi Di Maio, più interessati all’aspetto della polemica con l’Eliseo che alle rivendicazioni dei manifestanti.

 

Se il governo di Parigi sta dunque preparando nuove iniziative di legge repressive per rafforzare l’apparato di polizia contro la popolazione, misure anti-democratiche contro i “gilet gialli” vengono già ampiamente utilizzate. La macchina della giustizia è il primo strumento impiegato per scoraggiare le proteste, come dimostrano i numeri che lo stesso primo ministro Philippe ha presentato questa settimana. Dal mese di novembre sono stati già emessi verdetti sommari contro più di mille manifestanti e, complessivamente, gli arrestati sono stati circa 5.600.

 

Prevedibilmente, l’attenzione del governo e della polizia si è concentrata poi su alcune delle figure più rappresentative di un movimento in grandissima parte spontaneo e privo di una vera e propria leadership. Emblematici sono i casi del “portavoce” dei “gilet gialli”, Eric Drouet, e dell’ex pugile Christophe Dettinger.

 

Dopo essere già stato fermato a inizio dicembre sulla base di accuse assurde, il primo è finito di nuovo agli arresti settimana scorsa durante una manifestazione interamente pacifica a Place de la Concorde per commemorare i manifestanti morti per varie ragioni nel corso delle proteste di questi mesi. La magistratura parigina e il governo hanno ridicolmente sostenuto che l’evento, di portata decisamente limitata, era illegale perché non comunicato in anticipo alla prefettura.

 

Dettinger, invece, si è presentato spontaneamente alla polizia lunedì dopo essere stato al centro di una caccia all’uomo a dir poco sproporzionata per essersi difeso colpendo degli agenti che, durante le proteste di sabato scorso, stavano caricando un gruppo di manifestanti di cui faceva parte lo stesso ex atleta francese. Per questo episodio, Dettinger rischia ora una condanna fino a cinque anni e una multa di 75 mila euro.

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