A dirigere almeno per un breve periodo di tempo una struttura clandestina adiacente al lager americano di Guantanamo, adibita alla tortura dei prigionieri accusati di terrorismo, potrebbe essere stata, tra il 2003 e il 2004, l’attuale controversa direttrice della CIA, Gina Haspel. Pur non essendoci ancora prove certe, fortissimi sospetti sulle responsabilità della numero uno della principale agenzia di intelligence americana sono emersi nei giorni scorsi in seguito alla pubblicazione parziale da parte del dipartimento della Difesa delle trascrizioni di un’udienza del processo in corso a porte chiuse contro il presunto architetto degli attentati dell’11 settembre 2001, Khalid Sheik Mohammed.

 

La notizia ha riportato all’attenzione pubblica il coinvolgimento della Haspel, scelta lo scorso anno dal presidente Trump per dirigere la CIA, nel programma di interrogatori con metodi di tortura autorizzati dall’amministrazione di George W. Bush e descritti nel dettaglio da un rapporto del Senato di Washington nel 2014.

 

Il documento che ha fatto supporre a molti che la Haspel abbia per un periodo imprecisato coordinato le torture degli agenti CIA a Guantanamo riguarda una mozione presentata da uno dei legali di Mohammed, l’avvocato Rita Radostitz, nel tentativo di far cadere le accuse nei confronti del suo cliente proprio in base alle implicazioni derivanti dal trattamento riservato ai detenuti accusati di terrorismo.

 

L’avvocato difensore, a un certo punto del suo intervento, si lamenta che l’accusa “non è disposta a discutere dei nomi delle persone coinvolte nelle torture” e, dopo una parte del documento pesantemente censurata, prosegue dicendo che “ciò rende impossibile identificarla per i detenuti di Guantanamo che potrebbero averla vista quando era capo della base”.

 

In seguito, la Radostitz chiede la testimonianza della Haspel al processo, perché il suo ruolo alla guida della CIA e, quindi, il suo potere decisionale sulla possibilità o meno di mettere a disposizione della difesa documenti top secret sulle torture che ella stessa avrebbe diretto, lede i diritti degli imputati e dovrebbe determinare la caduta delle accuse o, per lo meno, la rinuncia da parte dell’accusa all’invocazione della pena di morte per Khalid Sheik Mohammed.

 

L’udienza in questione risale al novembre scorso e il giudice del tribunale militare di Guantanamo, colonnello Keith Parrella, coerentemente con il carattere fortemente anti-democratico del procedimento aveva respinto l’istanza dei legali di Mohammed nel mese di dicembre, anche se la pubblicazione dei documenti in cui viene coinvolta Gina Haspel è avvenuta solo pochi giorni fa.

 

La definizione di “capo della base”, forse attribuita alla direttrice della CIA, si riferisce a una posizione che l’agenzia d Langley assegna all’ufficiale responsabile delle operazioni di un determinato sito o postazione segreta all’estero, come appunto i cosiddetti “buchi neri” nei quali avvenivano gli interrogatori di arrestati con l’accusa di terrorismo dopo l’11 settembre.

 

Secondo il già ricordato rapporto del Senato USA sulle torture, a Guantanamo erano in funzione tra il 2003 e il 2004 due di queste strutture, chiamate “Maroon” e “Indigo”, rigorosamente clandestine e separate dal “Campo Delta”, ovvero il complesso principale della prigione sull’isola di Cuba dove i detenuti erano e sono tuttora sotto la responsabilità del dipartimento della Difesa americano.

 

Mentre i nomi dei comandanti della prigione ufficiale controllata dai militari sono di dominio pubblico, quelli dei due siti gestiti dalla CIA sono sempre stati tenuti segreti. In questi ultimi venivano inviati i presunti terroristi arrestati illegalmente all’estero per essere interrogati dagli agenti CIA. Solo dopo periodi più o meno lunghi essi venivano consegnati alle autorità militari presso il “Campo Delta”.

 

A far pensare alla possibile presenza di Gina Haspel a Guantanamo in qualità di supervisore delle torture non è soltanto il riferimento alla direttrice della CIA da parte del legale di Khalid Sheik Mohammed, ma anche la mancanza di informazioni sui parecchi incarichi che essa ha ricoperto in passato per l’agenzia di intelligence americana. La responsabilità, almeno per alcuni mesi, di uno dei “buchi neri” di Guantanamo aiuterebbe a colmare una parte dei vuoti sul suo curriculum, rimasti senza risposta nonostante le richieste di svariati senatori al tempo delle udienze per la conferma del suo incarico nell’estate del 2018.

 

Di una carriera lunga 33 anni, la CIA ha ritenuto di non rendere pubblici una trentina di incarichi temporanei e di breve durata che Gina Haspel ha ricoperto, chiaramente in maniera clandestina. Uno di essi potrebbe essere appunto quello di Guantanamo, dove gli agenti della CIA con compiti di responsabilità restavano proprio per periodi brevi, vista la delicatezza e la scomodità del ruolo stesso.

 

A supporto di questa tesi si è schierato l’ex agente CIA Glenn Carle, il quale assicura che le persone dell’agenzia coinvolte nel programma di detenzioni e torture dopo l’11 settembre facevano parte di una cerchia molto ristretta e, vista la precedente esperienza della Haspel in questo ambito, è del tutto plausibile che fosse stata destinata a Guantanamo. La stessa direttrice della CIA, sempre nel corso dell’udienza nel processo a Mohammed, è stata inoltre collegata a una struttura detentiva segreta in Polonia, dove sarebbe stata vista e riconosciuta da alcuni detenuti.

 

L’avvocato Rita Radostitz ha affermato di non potere confermare l’identità dell’agente CIA tirato in ballo durante un’udienza segreta. La stampa americana si è comunque ben guardata dall’indagare sulla vicenda che potrebbe coinvolgere la Haspel, nonostante ci siano già dei precedenti – questa volta documentati – sul suo coinvolgimento nel programma di torture e detenzioni illegali post-11 settembre. La notizia riguardante la numero uno della CIA è stata riportata dall’agenzia di stampa McClatchy e dal Miami Herald, mentre a distanza di ormai alcuni giorni dalla sua pubblicazione praticamente tutti i media americani, soprattutto quelli più importanti, hanno scelto di ignorarla completamente.

 

Se il collegamento tra la Haspel e il “buco nero di Guantanamo” dovesse essere confermato, risulterebbe ancora più grave la decisione dell’amministrazione Trump di nominare un’agente pesantemente implicata in crimini gravissimi come la tortura alla guida della più nota agenzia di intelligence americana.

 

Com’era emerso già lo scorso anno, Gina Haspel aveva coordinato le operazioni clandestine in una delle strutture detentive segrete della CIA in Thailandia. Qui erano passati numerosi sospettati di terrorismo sottoposti a torture, tra cui il presunto uomo di al-Qaeda, Abu Zubaydah, oggetto di ripetuti trattamenti violenti e degradanti. Pur non essendo del tutto chiaro se Zubaydah sia stato torturato prima o durante la direzione della prigione della Haspel, quest’ultima fu invece senza alcun dubbio coinvolta in prima persona nella decisione illegale di distruggere un centinaio di registrazioni video che documentavano gli interrogatori, tra cui anche quello dello stesso cittadino saudita tuttora detenuto a Guantanamo.

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