Le ultime drammatiche immagini di migranti latinoamericani morti mentre cercavano di entrare negli Stati Uniti stanno alimentando un sentimento di orrore diffuso nei confronti delle politiche repressive e di stampo apertamente fascista dell’amministrazione Trump. Mentre l’indignazione continua a crescere in America e non solo, il Congresso di Washington è però sul punto di approvare un nuovo stanziamento di fondi per l’apparato repressivo della Casa Bianca, il tutto in uno spirito sostanzialmente bipartisan.

 

I segnali dell’opposizione popolare nei confronti del trattamento degli immigrati da parte del governo americano stanno iniziando a diffondersi nel paese. Queste manifestazioni, assieme a svariati sondaggi sul gradimento delle politiche migratorie dell’amministrazione repubblicana, sembrano testimoniare dell’assenza di una base di massa per le inclinazioni neo-fasciste di Trump. Mercoledì, ad esempio, centinaia di persone hanno protestato a Boston contro la società di vendita online di articoli di arredamento Wayfair, fornitrice di una struttura di detenzione per minori immigrati in una località del Texas. Bank of America, invece, come già avevano fatto altre compagnie finanziare, ha dovuto annunciare lo stop ai prestiti concessi a società private che gestiscono per conto del governo federale le carceri riservate ai migranti fermati dalle autorità di frontiera.

 

 

Questi episodi minacciano di moltiplicarsi dopo la diffusione di immagini come quella di un giovane padre stretto alla figlia di nemmeno due anni, provenienti da El Salvador, annegati nel tentativo di attraversare il Rio Grande e raggiungere il territorio americano. Le loro morti sono la diretta conseguenza della decisione dell’amministrazione Trump di costringere i migranti ad attendere in territorio messicano per settimane o mesi l’esito delle loro domande di asilo, in totale violazione del diritto internazionale.

 

Almeno altri quattro corpi sono stati inoltre recuperati lungo il confine col Messico, portando quasi a 300 il numero totale di decessi registrati ufficialmente tra i migranti negli ultimi nove mesi. Il bilancio drammatico è da attribuire al numero record di arresti operati dalle forze di sicurezza alla frontiera americana nel corso del 2019, che ha spinto i migranti in arrivo da paesi devastati da violenza e povertà a provare percorsi sempre più pericolosi per entrare negli Stati Uniti.

 

A Washington, intanto, il Congresso sta valutando l’approvazione di un pacchetto contenente fondi per circa 4,5 miliardi di dollari da destinare all’emergenza migrazione nel sud-ovest del paese. In discussione ci sono due testi di legge, uno approvato dalla Camera a maggioranza democratica e l’altro dal Senato a maggioranza repubblicana. In apparenza, le due posizioni appaiono difficilmente conciliabili, poiché solo il primo pacchetto conterrebbe una serie di “garanzie” necessarie a evitare l’uso dei fondi per intensificare le misure repressive ordinate dalla Casa Bianca.

 

La legislazione appena passata alla Camera prevede l’obbligo di garantire assistenza medica, cibo adeguato e condizioni igienico-sanitarie appropriate ai minori che giungono non accompagnati negli Stati Uniti e messi in stato di fermo. La detenzione di questi ultimi non dovrebbe poi superare i 90 giorni, anche se ciò potrebbe alla fine essere possibile dietro notifica scritta al Congresso da parte delle autorità di frontiera nel caso non risultino disponibili altre sistemazioni. Complessivamente, il provvedimento assegna centinaia di milioni di dollari per rafforzare la rete repressiva e concentrazionaria americana, gestita dalle agenzie federali per l’immigrazione CBP (“Customs and Border Protection”) e ICE (“Immigration and Customs Enforcement”).

 

Altri vincoli più o meno trascurabili dovrebbero rendere meno drastico l’approccio del governo federale alla “crisi” migratoria. Il pacchetto della Camera è stato però bocciato nettamente al Senato, dove mercoledì è stata invece approvata una versione leggermente diversa e più repressiva, vale a dire con poche o nessuna garanzia che venga messo fine al trattamento barbaro riservato ai migranti arrestati al confine. La legge licenziata dal Senato include anche quasi 150 milioni di dollari a beneficio delle operazioni militari ordinate mesi fa da Trump in appoggio alle autorità di frontiera, anche in questo caso in maniera illegale, visto che la Costituzione USA vieta l’utilizzo delle forze armate sul suolo domestico.

 

Nonostante le due versioni differenti approvate da Camera e Senato, il clima al Congresso sulla crisi dei migranti non sembra essere esattamente di muro contro muro. Quattro deputate “progressiste” democratiche, tra cui Ilhan Omar e Alexandria Ocasio-Cortez, hanno in effetti votato anche contro lo stanziamento di fondi della Camera, perché insufficiente a garantire a un livello minimo i diritti dei migranti. La sensazione che trapela è però di un imminente compromesso su un testo comune o, meglio, sull’aggiunta di qualche emendamento alla versione uscita dal Senato con 84 voti favorevoli e solo 8 contrari.

 

Appena sei senatori democratici hanno votato contro un pacchetto che permette la prosecuzione delle politiche repressive di Trump al confine col Messico. Altri sette, poi, non hanno partecipato al voto, inclusi Bernie Sanders ed Elizabeth Warren, perché opportunamente impegnati nel primo dibattito televisivo delle primarie democratiche per le presidenziali 2020, previsto in due tranche tra mercoledì e giovedì a Miami.

 

Con buona pace di quanti vedono nei democratici un possibile baluardo contro la deriva ultra-autoritaria dell’amministrazione Trump, dopo il voto alla Camera e al Senato di mercoledì, i vertici di questo partito si sono affrettati ad assicurare che una soluzione è a portata di mano per approvare definitivamente i fondi voluti dalla casa Bianca. La “speaker” della Camera, Nancy Pelosi ha parlato in questi giorni con il presidente americano proprio per esprimere il suo ottimismo e la volontà dei democratici di accettare buona parte delle condizioni previste dalla legge approvata dal Senato.

 

Alla Pelosi ha fatto eco il numero uno dei democratici al Senato, Charles Schumer, il quale ha prospettato una discussione rapida tra i rappresentati dei due rami del Congresso per trovare un compromesso prima dello stop ai lavori in occasione della festa del 4 luglio. Il Partito Democratico intende in definitiva ostentare un’attitudine favorevole ai migranti, presentando ai suoi potenziali elettori la presenza nella nuova legge per il finanziamento della guerra all’immigrazione qualche minimo vincolo che obblighi l’amministrazione Trump a rispettare i “diritti umani” di quanti cercano di entrare negli Stati Uniti.

 

Le battaglie dei democratici continuano ad avere tuttavia solo la parvenza dell’impegno per principi a tutti gli effetti inviolabili. I veri scrupoli dei leader di questo partito sembrano essere in realtà ben altri e hanno a che fare piuttosto con il timore per il radicalizzarsi e il dilagare della protesta nel paese. D’altra parte, la difesa dei diritti dei migranti non è mai stata una vera priorità per il Partito Democratico, come conferma il fatto che l’amministrazione Obama è stata di gran lunga quella che ha espulso il maggior numero di stranieri “irregolari” durante i suoi due mandati.

 

Su questa linea si inserisce perfettamente un’altra iniziativa recente di Nancy Pelosi. Lo scorso fine settimana, la leader democratica alla Camera aveva parlato telefonicamente ancora una volta col presidente, convincendolo con ogni probabilità a rinviare un già annunciato piano di arresti e deportazioni di “clandestini” in tutto il paese senza precedenti, in cambio della promessa di assicurare in un modo o nell’altro l’approvazione dei fondi da destinare all’emergenza migratoria creata dalla stessa amministrazione repubblicana.

 

L’attuazione di un piano di questo genere avrebbe richiesto l’impiego massiccio di forze di polizia e si sarebbe risolto in situazioni da Gestapo, con famiglie e comunità lacerate, immigrati arrestati e a rischio di espulsione anche dopo anni o decenni di vita e lavoro negli USA. Questa prospettiva, peraltro non ancora scongiurata, avrebbe suscitato ancora di più l’orrore di decine di milioni di persone nei confronti della Casa Bianca e di tutta la classe politica americana.

 

Vista anche l’attitudine dei democratici, il presidente Trump ha comunque tutta l’intenzione di intensificare la battaglia contro i migranti, al preciso scopo di mobilitare la sua base elettorale ultra-reazionaria e neo-fascista in vista della campagna elettorale per il prossimo anno, nonché come copertura per le politiche di classe implementate in questi due anni e mezzo in ambito economico e sociale. A riprova di ciò, questa settimana il suo governo ha deciso di inviare nuovamente un centinaio di minori stranieri fermati al confine in una struttura detentiva di Clint, in Texas, da dove qualche giorno prima erano stati evacuati a seguito di polemiche esplose per le condizioni inumane in cui sono costretti a vivere.

 

Trump, infine, ha fatto sapere di volere sostituire alla guida della CBP (“Customs and Border Protection”) il dimissionario John Sanders con l’ex funzionario dell’amministrazione Obama, Mark Morgan. Quest’ultimo, finora direttore ad interim della ICE (“Immigration and Customs Enforcement”), è notoriamente un fautore della linea durissima contro l’immigrazione e ha tra l’altro svolto un ruolo di spicco nella preparazione dei già ricordati arresti di massa contro i migranti “irregolari” per il momento sospesi dall’amministrazione Trump.

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