di Carlo Benedetti


Le “presidenziali” della Russia sono fissate per il 2008, ma Putin accelera i tempi. Ha già detto – rispettando i dispositivi istituzionali – che non si ricandiderà. E così, mentre a Mosca è cominciato il toto-presidente, è proprio lui che si preoccupa di fissare le regole del gioco. Con una mossa a sorpresa sconvolge schieramenti e cordate. Porta al vertice una nuova trojka di suoi compaesani e uomini del Kgb. Allontana dalla scena, almeno per ora, l’ambizioso e carrierista vice primo ministro Medvedev – vera incognita nella schiera della nuova nomenklatura - e sistema nelle stanze del Cremlino: Serghej Ivanov, (che sino a ieri occupava contemporaneamente le cariche di vice primo ministro e ministro della Difesa, e lo nomina primo vice premier) e insedia Serghej Naryshkin – già responsabile dell’apparato governativo – nella poltrona di vice premier. Chiama quindi a ricoprire l’alto incarico militare (che era di Ivanov) Anatolij Serdiukov, sino a ieri capo del servizio federale fiscale.
Vediamoli, ora, da vicino questi personaggi dei quali sentiremo parlare sempre più spesso. Ivanov Sergej Borisovic è nato il 31 gennaio 1953 a Leningrado. Si laurea in filologia (parla correntemente l’inglese) e nel 1976 entra nella scuola del Kgb di Minsk. Si diploma a pieni voti in quella che era allora considerata la migliore accademia dei cekisti, l’Istituto intitolato ad Andropov. Ricopre posti di rilievo nell’apparato centrale del Kgb e precisamente nei servizi del controspionaggio. Numerosi in questo periodo i suoi incarichi in Africa e in Europa. Nell’agosto 1998 diviene direttore dell’Fsb (l’organizzazione che prende il posto del Kgb). Diviene segretario del consiglio di sicurezza federale e, nel marzo 2001, Putin lo nomina ministro della Difesa.
Ora, firmando il decreto che prevede un allargamento della sfera di responsabilità di Ivanov, nominandolo appunto responsabile per il coordinamento del settore civile economico oltre che dell'apparato militare-industriale, Putin sottolinea che "Sergej in qualità di ex ministro della Difesa si è disimpegnato onorevolmente in tutti i compiti che gli erano stati affidati". Promozione, quindi, senza appello. Intanto di Ivanov si ricordano le sue prese di posizione contro “l’avvicinamento delle strutture atlantiche ai confini della Russia”. Fu proprio lui, già nel lontano novembre 2006, a mettere in guardia l’opinione pubblica rilevando la pericolosità delle azioni della Nato “nei cieli del Baltico, a breve distanza dalla Russia, in Polonia e nella Repubblica Ceka”.

Sergej Evgeneevic Naryshkin è nato il 27 ottobre 1954 a Leningrado. Nel 1978 si è diplomato in un istituto di tecnica meccanica e poi ha frequentato l’accademia del management di San Pietroburgo. E’ stato consigliere economico presso l’ambasciata dell’Urss in Belgio (nel 1980) ed a Bruxelles (parla correntemente francese ed inglese) è stato uno dei massimi agenti del Kgb. Alla scuola dell’intelligence ha avuto come compagno di banco proprio Putin. E’ entrato nel mondo del commercio nel 1992, operando in un settore chiave del comune di Leningrado. Ha diretto il settore degli investimenti stranieri. Nel febbraio del 2004 è entrato nell’apparato presidenziale della Russia seguendo sempre le questioni commerciali ed economiche. E’ uno dei direttori della grande holding “Rosneft” (un colosso nel campo del petrolio) ed è membro del consiglio di amministrazione del “Primo canale” della tv.

Anatolij Eduardovic Serdiukov è il nuovo ministro della Difesa. E’ nato l’8 gennaio 1962 nella regione di Krasnodar. Si è diplomato presso l’istituto leningradese del Commercio Estero e poi si è laureato in giurisprudenza all’Università di Leningrado. E’ stato impiegato in una azienda di importazione di mobili ed è poi divenuto, nel 1991, direttore di una società del settore industriale. E’ quindi passato nelle istituzioni del controllo fiscale sino a raggiungere i vertici del servizio federale. La sua nomina alla Difesa non era stata prevista da nessuno. I quotidiani di Mosca, in proposito, scrivono che gli ambienti militari sono letteralmente scioccati e che tutta la società politica russa non attendeva questi cambiamenti di organico.
Sorprese? Proviamo a rispondere alle domande sulle strategia e sulle tattiche che Putin sta seguendo in vista dell’appuntamento delle “presidenziali”. Molte le chiavi per interpretare i cambiamenti, tenendo anche conto di alcune indicazioni che vengono dall’opinione pubblica generale. Perché - secondo i dati di un sondaggio effettuato dal “Levada Center” - il 35% della popolazione ha dichiarato di essere estremamente interessato alla consultazione del 2008, mentre il 40% ha dichiarato di esserne moderatamente interessato ed il 22% di esserne poco o per niente interessato.
Qui bisogna ricordare che l’attuale presidente russo tiene in grande considerazione i testi di quel polacco-americano che risponde al nome di Brezinskij. In particolare Putin ha fatto sempre riferimento a quella teoria del consigliere americano secondo il quale “dopo la caduta del muro di Berlino, alle idee sbagliate non hanno fatto seguito le idee giuste, ma l’assenza di idee”. Di conseguenza Putin cerca di sbaragliare gli avversari con una tempesta di idee e mosse a sorpresa. Le interpretazioni variano e ogni sua nuova parola rappresenta, per molti, un problema.

Sempre in questo contesto utilizza il tema del patriottismo, umiliato dalla dissoluzione della “patria” sovietica. Esalta i segnali di un ritorno del paese sulla scena internazionale (partecipazione alla lotta contro il “terrorismo internazionale”, rimborso anticipato del debito, incontri al vertice, difesa degli interessi delle grandi imprese russe e così via), ma passa poi sotto silenzio altre condizioni come le riforme ultraliberali, la riduzione della spesa sociale… Ma nello stesso tempo, in una società traumatizzata, stanca, impoverita e precarizzata, sa approfittare dell'aspirazione popolare al ristabilimento di uno Stato difensore dell'interesse generale, della sicurezza sociale e di una “dittatura della legge” in grado di imporsi sull'economia criminale e informale. E qui, come primo atto, si impegna nel controllo di quegli oligarchi, così influenti durante l'era Eltsin. Ma la sua azione repressiva – contro chi ha ottenuto profitti illegittimi – è soprattutto di carattere “politico”. Teme, infatti, le ambizioni politico-mediatiche degli attuali oligarchi.

Cerca, comunque, di dimostrare ai russi di aver fatto un po’ di pulizia nel mondo degli affari. Ma subito si scopre che l’ha fatta soprattutto per piazzare i propri uomini. L'”équipe di San Pietroburgo” (la sua città natale) e i “rappresentanti dei servizi speciali” (dei quali, ricordiamolo, ha fatto parte) hanno assunto il controllo dell'economia attraverso il gigante del gas Gazprom e le compagnie nazionali delle ferrovie e dell'elettricità. Nelle telecomunicazioni “gli uomini di San Pietroburgo”, ad esempio, hanno sostituito tutti gli ex dirigenti.
Ora Putin parte all’attacco cercando di bruciare i tempi ed assicurarsi la paternità del successore. Dimostra così di non essere indifferente alla questione relativa a chi sarà il nuovo inquilino del Cremlino. Sa – sulla base dei sondaggi d’opinione - che i russi vogliono "uno come Putin": ben il 42% degli interpellati dal centro “Levada” desiderano che l'attuale Capo di Stato "indichi anzitempo chi ritiene possa essere all'altezza di sostituirlo e che tutti coloro che sostengono Putin possano a loro volta sostenere questa candidatura". Sa che il 43% degli interpellati ha dichiarato la propria intenzione di votare a favore del candidato che lui indicherà. Ma nel conto delle probabilità rientra anche questo dato: un 30% ha risposto che voterà secondo le circostanze e il 12% ha preferito il silenzio. E comunque sia la percentuale di coloro che hanno dichiarato la propria disponibilità a votare per l’uomo indicato da Putin è cresciuta, passando dal 29% all'attuale 43%. Quanto ai dettagli delle inchieste sull’opinione pubblica si sa che alla domanda relativa da quale sfera sociale sia indispensabile scegliere il futuro presidente, il 31% dei russi ha risposto "uno tra gli stretti collaboratori di Putin" e il 55% degli interpellati è sicuro del fatto che la decisione di Putin sarà proprio questa.

Resta l’incognita di Medvedev. Proprio perché questo personaggio (chiamiamolo con il suo nome completo che è Dmitrij Anatolevic – classe 1965 - e così lo distingueremo da quel lungo elenco di omonimi presenti nel vertice della Russia) ha cercato in tutti questi mesi di ritagliarsi un suo ruolo. Si è mostrato al mondo occidentale come il reale portavoce della economia dell’intero paese. Al suo recente debutto a Davos in occasione del forum economico mondiale, ha affermato che "la Russia da paese-debitore si è trasformata in paese-creditore”. “Non necessitiamo più – ha detto - di crediti ufficiali e non abbiamo intenzione di ristrutturare ulteriormente alcuna pendenza" e così la Russia, attualmente, “non solo ammortizza i debiti dei paesi più poveri, bensì investe nell'economia di questi paesi”... In pratica Medvedev ha disegnato una Russia che dopo essersi trasformata da paese-debitore a paese-creditore, avrebbe “tutte le carte in regola non solo per entrare a far parte dei primi dieci paesi-esportatori mondiali, ma soprattutto per diventare il primo paese al mondo per estrazione petrolifera superando addirittura l'Arabia Saudita”.
Ora al Medvedev “stratega dell’economia” e anticipatore del futuro del Paese, Putin contrappone altri personaggi. Tira fuori dal cilindro del Cremlino Ivanov, Naryshkin e Serdiukov. Tutti superfidati. E i primi due anche ben allenati ai giochi del Kgb. La corrente di pensiero che va per la maggiore.

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