di Carlo Benedetti

E’ questa una storia di spie, di delitti, di suicidi, di disinformazioni e depistaggi. Ha come teatro la Bulgaria e avviene in un clima di paurose reticenze, di cose dette e non dette. E, comunque, tutte avventure di 007 finiti male. Si comincia - con una ricostruzione ovviamente approssimativa - con quanto avvenuto a Sofia, in una fredda sera del 15 novembre scorso. A rendere note queste vicende è ora il giornalista russo Stanislav Lekarev, che sulle pagine del settimanale Argumenty fedeli descrive i retroscena dei servizi di Sofia. E, in particolare, pone l’accento sul ruolo della Cia nella distruzione della Jugoslavia.La storia comincia con Bozhidar Doicev, capo del reparto degli “Archivi e dossier segreti” della sicurezza che negli anni di Jivkov era chiamata “Darzhavna sigurnost”. Doicev, come al solito, è al lavoro nel suo ufficio. Passano varie ore - ormai è notte - e qualcuno va a bussare alla sua porta. Silenzio assoluto e così i colleghi decidono di entrare. Doicev, 61 anni, sembra addormentato sulla scrivania dove c’è però una grossa macchia di sangue che rivela subito quanto accaduto. E la prima versione è che si sarebbe suicidato con un colpo in bocca. La sua pistola è sul tavolo ed è ancora calda.

Pagina chiusa, quindi, questa del 15 novembre? No, perchè nel clima generale di una Bulgaria entrata in Europa, si aprono gli armadi. Escono molti scheletri che la “Darzhavna sigurnost” teneva ben nascosti e, nello stesso tempo, si avanzano varie ipotesi sulla fine di Doicev. Non suicidio, quindi, ma una esecuzione?
Il personaggio era infatti nel mirino di quasi tutti i maggiori servizi di spionaggio. Era lui il custode di segreti che, se resi noti, potevano gettare nel panico intere diplomazie. E così a Sofia la sua scomparsa (avvenuta nel momento in cui il ministero dell’Interno decideva di togliere il segreto a 3000 dossier del periodo comunista) non è ritenuta come un gesto folle di una persona in crisi. Perchè Doicev era - da oltre venticinque anni - il custode numero uno di un archivio che non aveva eguali nel mondo. Superiore a quello del Kgb e della Cia proprio perchè la Bulgaria aveva sempre avuto un ruolo di intermediazione tra le grandi centrali di spionaggio. Doicev, di conseguenza, era in grado di sapere molto di più rispetto alle carte conservate. Poteva essere il custode di un archivio super-segreto, un vero e proprio secondo livello...

Intanto vengono alla luce i nomi di circa 8000 agenti e di semplici delatori del periodo comunista. In pratica si conoscono ora gli elenchi di quella nomenklatura alla quale era affidata, sino al 1990, l’informazione segreta. E si viene a sapere che solo nella capitale Sofia gli agenti erano 30.000 mentre nel resto del paese l’organico arrivava a 17.000 e si avvaleva di 45.000 “delatori spontanei”. Doicev era quindi in grado di intervenire su ognuno ottenendo informazioni di vario carattere. Non solo politico ma anche e soprattutto economico-commerciale. Di qui la tesi che viene avanti ora a Sofia e che il giornalista russo rilancia. E cioè che molti servizi segreti di varie parti del mondo erano interessati alla fine di Doicev.

E così si vanno a rileggere vari dossier. Si ricorda, in particolare, che nel marzo 2001 dalla Bulgaria vennero espulsi dei collaboratori russi del Gru (il servizio segreto dello stato maggiore di Mosca) - Lomachin, Smirnov e Vlasenko - accusati di aver tentato di corrompere una dirigente del ministero della Difesa bulgara, Leliana Guceva. Successivamente, nel 2002, sempre a Sofia, fu condannato a quattro anni di reclusione il generale bulgaro Atanas Semergiev ritenuto colpevole di aver distrutto 144.235 dossier dell’ex servizio di sicurezza. E un altro scheletro che esce ora dagli armadi della “Darzhavna sigurnost” riguarda i rapporti della Bulgaria con gli Usa. E’ però uno scheletro che l’attuale direzione bulgara teme particolarmente in quanto non riguarda il vecchio regime, ma l’attuale sistema. I dossier dei quali si parla sarebbero infatti dedicati alla Cia e al suo ruolo nella distruzione della Jugoslavia, nel 2000. Doicev era al corrente di tutto? Conosceva nomi ed indirizzi? Risposte concrete, per ora, non ci sono. Ma è certo che era il “custode” di documenti che se conosciuti potrebbero fare luce su molte azioni degli americani e della Nato contro la Jugoslavia.

Il fatto è che nell’estate di quell’anno 2000 il Direttore della Centrale, George Tenet, raggiunse un accordo con la sicurezza della Bulgaria per formare nel suo territorio un gruppo d’assalto della Cia da impegnare per operazioni segrete in Jugoslavia. Fu appunto in questo periodo che nella regione della città di Sciabla, sul Mar Nero, venne realizzato un centro segreto di ascolto radio. Aveva come obiettivo quello di ascoltare le trasmissioni che avvenivano sui canali militari della Bielorussia, dell’Ucraina, del Caucaso del nord e dell’Asia centrale. E in proposito si ricorda che in quel tempo in Bulgaria era di casa il direttore dell’Fbi Louis Fre, il quale aveva come compito quello di istruire gli agenti bulgari che dovevano infiltrarsi negli organi di sicurezza della Russia.

Storie sempre più gialle che, forse, anticipano nuove pagine di storia della guerra fredda. Pagine che, non a caso, il giornalista Stanislav Lekarev ha voluto intitolare: “Suicidi segreti a Sofia” ricordando anche quel dissidente bulgaro Georgi Markov, che operava nella Bbc e che fu ucciso a Londra con un ombrello dalla punta avvelenata. E rispolvera poi quella vicenda del 1991, quando si suicidò il dirigente dei servizi segreti bulgari, Savov, e quando - sempre nello stesso anno - scomparve il magnate dell'editoria Robert Maxwell (il cui vero nome era Jan Lodvik Hoch, sospetto agente del Mossad, il servizio segreto israeliano) che aveva ricevuto dall’ex premier bulgaro Andrej Lukanov materiale sensazionale che proveniva dagli archivi bulgari sulla partecipazione del Sis (il servizio segreto inglese, “Secret Intelligence Service”, considerato la più grande fabbrica di spionaggio del mondo) all’uccisione di Markov.

Sempre Lekarev ricorda che nel 1993, in un incidente d’auto, moriva l’agente bulgaro Kozev, al quale era stata affidata l’indagine sull’uccisione di Markov.
Brutte storie sulle quali la Bulgaria - ora “europea” - dovrebbe fare luce. In particolare sulle vicende legate a quelle attività della Cia svolte contro la Jugoslavia, nel territorio bulgaro.



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