L’intera classe politica degli Stati Uniti sta cercando disperatamente di scongiurare uno sciopero dei ferrovieri americani che, se attuato a partire dalla prossima settimana, potrebbe causare danni devastanti a un’economia già in serio affanno. Il presidente Biden ha infatti chiesto un intervento legislativo eccezionale del Congresso per superare l’opposizione di alcune sigle sindacali alla ratifica di un nuovo contratto con le compagnie private di trasporto su rotaia mediato dalla stessa Casa Bianca. La Camera dei Rappresentanti ha già approvato mercoledì l’imposizione unilaterale dell’accordo e nei prossimi giorni toccherà al Senato esprimersi sulla vicenda.

Dopo anni di contrattazioni senza risultati, a settembre le due parti erano riuscite a convergere su una bozza di contratto che accoglieva solo una parte delle richieste dei lavoratori. L’intesa era stata favorita appunto dall’intervento di rappresentanti del governo sotto la supervisione del ministro del Lavoro, Marty Walsh. L’accordo era stato poi sottoposto al voto degli iscritti e tre delle dodici principali organizzazioni avevano finito per bocciarlo. Senza un’approvazione completa, il contratto non può essere ratificato e, in base a quanto stabilito dai sindacati stessi, in assenza di nuovi sviluppi il 9 dicembre prossimo scatterà uno sciopero a cui prenderanno parte anche le sigle che avevano espresso parere positivo.

 

La stampa ufficiale americana sottolinea invariabilmente i vantaggi economici che i ferrovieri si sarebbero assicurati dalle contrattazioni, a cominciare da bonus una tantum e un adeguamento dei salari pari al 24% entro i prossimi cinque anni. Il punto su cui non è stato possibile trovare un accordo è invece la concessione di un determinato numero di giorni di malattia retribuiti, oltre che la riorganizzazione dei turni di lavoro con orari più sostenibili per i lavoratori.

I sindacati chiedevano 15 giorni di malattia pagati all’anno, ma le aziende ferroviarie sono state irremovibili e nella versione finale del contratto è prevalsa la posizione di queste ultime. Secondo un articolo della Reuters, le compagnie hanno “tagliato posti di lavoro e altri costi” negli ultimi anni al fine di “massimizzare i profitti” e si oppongono perciò ora alla concessione di periodi di malattia retribuiti, poiché si vedrebbero costrette ad assumere altro personale in sostituzione degli assenti.

La prospettiva di uno sciopero rappresenta un incubo per il governo, le compagnie di trasporto e l’economia americana in generale. Se i circa 115 mila lavoratori interessati dovessero incrociare le braccia a partire dalla fine della prossima settimana, si stimano perdite per due miliardi di dollari al giorno. Il sistema ferroviario americano trasporta dal 30% al 40% delle merci scambiate nel paese, tra cui molti beni cruciali come fertilizzanti e prodotti chimici impiegati in vari settori. Le conseguenze per la catena di approvvigionamento negli Stati Uniti sarebbero quindi pesantissime, tenendo conto delle difficoltà già accumulatesi negli ultimi due anni, spingendo ancora più in alto il livello dell’inflazione.

Lunedì, circa 400 associazioni che rappresentano le aziende americane hanno rivolto un appello al Congresso di Washington per intervenire e sventare il rischio di uno sciopero che, a loro dire, avrebbe conseguenze catastrofiche. Nella serata dello stesso giorno, il presidente Biden ha invitato pubblicamente i leader del Partito Democratico e di quello Repubblicano ad adottare un provvedimento che costringa di fatto i ferrovieri ad accettare il contratto negoziato a settembre. Il Congresso può intervenire in dispute simili in base al “Railway Labor Act” del 1926. Questa autorità è stata esercitata molto volte nell’ultimo secolo, ma l’ultima occasione in cui è stato imposto un contratto ai lavoratori del settore ferroviario risale al 1991.

È probabile che Biden abbia valutato con estrema attenzione l’opportunità di delegare al Congresso la risoluzione unilaterale dello stallo nelle contrattazioni. Una volta presa la decisione, tuttavia, la classe politica si è mobilitata rapidamente e con uno spirito bipartisan che dimostra l’importanza della posta in gioco. L’attuale amministrazione fa dell’appoggio dei sindacati americani uno dei propri punti di forza e per questa ragione il presidente democratico è stato costretto a giustificare l’iniziativa come una misura necessaria a evitare disagi ai lavoratori di tutto il paese, se non addirittura la perdita di posti di lavoro derivante dal blocco delle attività economiche.

In realtà, l’intervento della politica serve a preservare i profitti delle compagnie private, sia quelle ferroviarie sia di altri settori, visto che una destabilizzazione dei trasporti e delle forniture su rotaia a causa di uno sciopero massiccio comprometterebbe la circolazione di merci e persone alla vigilia del periodo natalizio. D’altra parte, se Biden fosse realmente il presidente più vicino al mondo del lavoro della storia americana, come spesso si vanta di essere, avrebbe potuto chiedere l’implementazione di un nuovo contratto contenente le rivendicazioni dei ferrovieri.

Al contrario, la Casa Bianca ha assicurato che la versione che dovrà essere accettata per legge da questi ultimi è quella negoziata a settembre, senza perciò la garanzia di giorni di malattia retribuiti. La questione resta comunque delicata e non è da escludere che ci possano essere conseguenze indesiderate per Biden e il Partito Democratico. Entrambi contano comunque sul ruolo dei sindacati che, al di là delle apparenze, stanno facendo di tutto per evitare uno sciopero. Le stesse votazioni per la ratifica del contratto erano avvenute tra mille polemiche, con i lavoratori che avevano denunciato ritardi e brogli.

È infatti probabile che l’opposizione al contratto mediato dal governo tra i ferrovieri sia molto più vasta di quanto abbia lasciato intendere il voto. Anche per questo, i leader democratici al Congresso sembrano voler procedere con una certa cautela, anche se nei tempi più stretti possibili. La “speaker” uscente della Camera dei Rappresentanti, Nancy Pelosi, ha portato in aula mercoledì il provvedimento per fermare lo sciopero che è stato approvato con 221 voti favorevoli e 207 contrari. In parallelo, ha ottenuto il via libera anche l’aggiunta al contratto di sette giorni di malattia retribuiti. La manovra è stata necessaria per convincere i deputati democratici “progressisti”, ma potrebbe andare incontro a intoppi al Senato, dove la maggioranza democratica è risicatissima.

Da valutare sono anche i calcoli politici di entrambi gli schieramenti, nonostante un sostanziale accordo bipartisan sulla lezione da dare i lavoratori. In questo senso va interpretata la presa di posizione apparentemente “pro-labor” di uno dei repubblicani più a destra del Senato, Marco Rubio, il quale ha escluso di poter votare a favore di un contratto che non sia stato ratificato dai ferrovieri. L’ex candidato alla Casa Bianca Bernie Sanders, invece, intende inserire nel provvedimento la garanzia dei giorni di malattia retribuiti richiesti dai sindacati durante le contrattazioni.

Le regole procedurali del Senato danno la possibilità anche a un solo senatore di rallentare l’iter legislativo, così che i tempi potrebbero allungarsi. Di fronte alla minaccia all’economia e, soprattutto, ai profitti delle compagnie ferroviarie americane, è probabile tuttavia che l’imposizione del nuovo contratto verrà alla fine approvata in tempi record. Resta da vedere quali saranno le reazioni dei lavoratori, già sul piede di guerra anche in molti altri settori e, sempre più spesso, a corto di pazienza con le tattiche collaborazioniste adottate ormai di norma, negli Stati Uniti come altrove, da praticamente tutte le sigle sindacali.

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