di Giuseppe Zaccagni

L’allarme – per l’Iran - non è rientrato. Pur se i servizi di sicurezza di Teheran avevano allertato l’intero paese denunciando una possibile “incursione” statunitense per venerdi 6 aprile. Tutto era pronto, compresa l’accoglienza. Con gli americani impegnati a violare regole e norme e a mettere in campo la loro macchina bellica, capace di attuare la soluzione finale. Ma è accaduto (per ora) un fatto che non era previsto. Perché il presidente di Teheran, Ahmadinejad, offrendo la libertà ai quindici militari britannici che avevano violato lo spazio delle acque territoriali iraniane, ha compiuto un gesto che, tutto sommato, ha spiazzato gli americani che avevano già scaldato al massimo i motori dell’aggressione. Ed ha smantellato (per ora…) quella cabina di regia che il Pentagono ha costruito con grande dispiego di mezzi. E così i marinai di Sua Maestà sono apparsi tirati a nuovo dopo la brutta avventura (completo senza cravatta per gli uomini; blusa, giacca e pantaloni per l'unica donna, Faye Turney, alla quale sono stati fatti coprire anche i capelli con un foulard azzurro) sono stati a colloquio con Ahmadinejad il quale, con molta cortesia mediatica, li ha rispediti al mittente notando che la loro era stata “una visita forzata”. E a chi chiedeva se Teheran avesse ricevuto in cambio qualcosa da Londra il presidente iraniano, molto significativamente, ha affermato che gli inglesi gli hanno inviato “una lettera in cui si impegnano a non ripetere azioni di questo genere”, cioè di sconfinamento. E subito i media iraniani hanno diffuso questa dichiarazione di Blair: “Al popolo dell'Iran vogliamo dire che non l’abbia¬mo con voi, rispettiamo l'Iran, un Paese dalla storia e dalla cultura millenaria”. Un’affermazione che Teheran ha letto attentamente mettendola anche in relazione agli annunci di aggressione che vengono dagli Usa. In pratica l’“Ora X” annunciata è stata probabilmente allontanata dalla crisi dello sconfinamento. E Blair, tutto sommato, forse, ha dato una mano agli iraniani. Almeno per allentare la tensione. Ma la crisi continua. Gli Usa sono sempre pronti ad attacchi contro Paesi che ritengono nemici. E nello stesso tempo avanzano ipotesi su una “Ora X” che potrebbe essere organizzata dai nemici di Washington.

E l'Iran è la nazione, al momento, che pone la maggiore sfida: lo afferma un documento della Casa Bianca (49 pagine intrise di guerra), dedicato alla strategia per la sicurezza nazionale. “Se necessario non escludiamo l'uso della forza prima che un attacco del nemico possa avvenire, anche se ci fosse incertezza sulla data e il luogo dell'attacco nemico”, si legge nel testo che alcune fonti interessate del Pentagono hanno deciso di far conoscere ai media senza attendere l’autorizzazione della Casa Bianca.

Intanto arrivano da Mosca nuove reazioni a quanto sta avvenendo nel teatro Iran-Usa. E si sa che la Russia è particolarmente interessata e preoccupata per la situazione dal momento che, in caso di conflitto, dovrebbe scendere in campo e scegliere con chi stare. Ed ecco che (come è nella prassi strategica del Cremlino: dire e non dire) un alto funzionario del ministero degli Esteri russo - Aleksandr Losiukov – getta un po’ di acqua sul fuoco delle voci di guerra. Dice: “Non vedo perché si debba creare un panico del genere. Non esiste nessun fatto concreto, nessuna testimonianza, che lasci intendere che possa verificarsi un’aggressione americana”. Eppure, in precedenza, sia i mass-media russi che stranieri (citando fonti anonime dell'intelligence militare russa) avevano diffuso la notizia secondo la quale: “Venerdi' 6 aprile alle 4 di mattina, gli Stati Uniti avrebbero dato il via ad un'operazione militare nei confronti dell'Iran della durata minima di 12 ore e denominata in codice "Bite" (Morso), che prevedeva un attacco aereo nei confronti dei siti nucleari iraniani al fine di bloccare a lungo termine il programma nucleare della Repubblica islamica”.

Ma, nonostante le affermazioni del ministero degli Esteri di Mosca, altre fonti sostengono che il Pentagono abbia solamente rinviato l'aggressione militare nei confronti dell'Iran. Dal Kuwait, ad esempio, arriva una notizia diffusa dal quotidiano "Arab Times", il quale citando ambienti governativi anonimi di Washington, sostiene che gli Stati Uniti attaccheranno i reattori e gli impianti nucleari dell'Iran entro la fine del mese. Il giornale afferma inoltre che alcuni dipartimenti della Casa Bianca avrebbero già preparato il discorso con cui il presidente americano Bush annuncerà e spiegherà all'opinione pubblica americana e mondiale - presumibilmente a seguito della prima offensiva aerea - i motivi che hanno indotto gli Stati Uniti ad attaccare l'Iran.

Alla posizione espressa nel Kuwait fa eco, ma di segno opposto, il direttore dell'Accademia delle Scienze dell’Armenia, Ruben Safrastian, il quale sostiene che non è previsto, perlomeno nell'immediato futuro, un attacco statunitense nei confronti dell'Iran. Si è solo in presenza di una guerra mediatica – sostiene l’esponente dell’Armenia - in grado di manipolare l'opinione pubblica verso l'inevitabilità del conflitto. E’ un vero e proprio pressing diplomatico. Ma fino alla fine di maggio, cioè quando scadrà l'ultimatum dell'Onu, gli Stati Uniti non ricorreranno alla forza nei confronti dell'Iran. Attenderanno, comunque, che l'isolamento dell'Iran raggiunga alti livelli.

Intanto Teheran vive l’atmosfera dell’ “Ora X”. Si susseguono, giorno e notte, le riunioni sia del governo che degli alti vertici militari della Repubblica islamica sul tema della contrapposizione militare agli Stati Uniti. E fonti bene informate – riprese anche a Mosca – ritengono che i leader iraniani si sono divisi in due gruppi: c’è chi ritiene che la guerra si possa ancora evitare, mentre altri chiedono che sia immediatamente effettuato un attacco preventivo nei confronti delle forze statunitensi nelle acque del Golfo Persico.
In particolare c’è il comando dei “Guardiani della Rivoluzione” che chiede di intraprendere da subito un'azione militare nei confronti delle forze statunitensi (attualmente schierate nel Golfo Persico) ritenendo che la soluzione migliore sia quella di costringere il nemico a combattere secondo le proprie regole. Opinione che sembra condivisa dal presidente Ahmadinejad, il quale però non è in grado di prendere una decisione senza l'approvazione da parte del leader spirituale della Repubblica islamica, l'ayatollah Khomeini, il quale - al momento - mantiene una posizione assai più moderata.

Sempre a Teheran si prendono in considerazione anche alcune tesi ed ipotesi che vengono dagli ambienti dello Stato Maggiore della Russia. Qui - alla notizia che gli Stati Uniti dispongono di una considerevole forza militare tuttora schierata nelle acque del Golfo Persico al fine di dare il via alla ormai più che possibile aggressione nei confronti dell'Iran - il Capo di Stato Maggiore delle Forze armate russe, il generale d'armata Yurij Baluevskij, dichiara che gli Stati Uniti: "Stanno per commettere un grosso errore politico destinato a diventare il tramonto dell'America… Al massimo per gli americani sarà possibile arrecare un notevole danno al potenziale militare ed industriale dell'Iran, ma vincere per loro sarà impossibile. E il loro attacco avrà ripercussioni in tutto il mondo. Gli americani, quindi, – conclude il generale Baluevskij - farebbero bene a riflettere, dal momento che si sono già impantanati due volte in Afghanistan ed in Iraq".

Tutti, comunque, sembrano essere concordi su un fatto. E cioè che l'obiettivo principale dell'aviazione americana non sia rappresentato dai siti nucleari (efficacemente difesi da sistemi missilistici di fabbricazione russa) bensì dalla struttura petrolifera del Paese. Considerando a questo proposito il fatto che l'economia dell'Iran dipende per intero dalla vendita dell'"oro nero", un eventuale attacco americano alla struttura petrolifera iraniana metterebbe di conseguenza in ginocchio Teheran. E nel caso in cui si verificasse effettivamente una situazione del genere, le autorità iraniane si vedrebbero costrette ad interrompere i rifornimenti di benzina ad uso civile per girarli all’esercito.

Sempre nel quadro militare va poi rilevato che l'Iran (lo scrivono alcuni giornali di Teheran) prende in considerazione il pericolo rappresentato da un attacco americano nei confronti delle isole Karg e Lavan, situate entrambe nel Golfo Persico e che rappresentano il principale terminale dell'export petrolifero iraniano. Ma è chiaro che di fonte ad una “soluzione” del genere si verificherebbe un brusco aumento del prezzo del greggio che, secondo le valutazioni di esperti iraniani, potrebbe arrivare alla quota di 70-80 dollari a barile.

Intanto su questa vicenda dell’eventuale “Ora X” pesa anche il giudizio dello scienziato armeno Ruben Safrastian che, da grande esperto dell’area che va da Baghdad a Teheran, lancia questo monito: “L'America farebbe bene a tenere presenti le esperienze storiche, millenarie dell'Iran. Perché l'Iran non è l'Iraq e Mahmoud Ahmadinejad non è Saddam Hussein. Ecco cosa deve considerare in primo luogo l'amministrazione americana". In pratica si prevede una eventuale guerra con un impegno totale dell’esercito iraniano. Intanto l’orologio dell’ ”Ora X” continua a scandire secondi, minuti ed ore.

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