di Ika Dano

Roma, 09 febbraio 2012. Sabato scorso il ministro iraniano del petrolio Rostam Qassemi ha annunciato che l’Iran bloccherà l’esportazione di petrolio verso alcuni stati europei e procederà prossimamente anche con gli altri Stati favorevoli alle sanzioni. Più che danneggiare il settore di massima importanza per l’economia iraniana, le sanzioni potrebbero invece rafforzare l’export di Teheran verso l’Asia.

Al report dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) dello scorso novembre 2011 - un’esplicita denuncia della possibile dimensione militare del programma di arricchimento dell’uranio - erano seguite le ennesime sanzioni da parte di Stati Uniti ed Europa: embargo sull’export di petrochimici, greggio e gas naturale iraniani. All’annuncio di una possibile chiusura da parte di Teheran dello stretto di Hormuz, da dove transita un terzo del commercio internazionale di petrolio, gli Sati Uniti avevano inviato unità della marina. Teheran, però, non ha fatto marcia indietro sul programma, definito da un diplomatico citato dall’agenzia ufficiale IRNA “pacifico e conforme alla regolamentazione della AIEA” .

Ferma la reazione del governo americano e del consiglio d’Europa: embargo anche del settore finanziario e delle proprietà della Banca centrale iraniana negli Stati Uniti e nell’Unione Europea . E Il 23 gennaio è stato annunciato il blocco di nuovi contratti con compagnie petrochimiche iraniane a partire dal primo prossimo luglio.

Teheran non sembra però voler aspettare sino ad allora. “Il Parlamento iraniano ha passato un disegno di legge con cui la Repubblica Islamica s’impegna a bloccare l’esportazione di petrolio verso alcuni stati europei, fino a quando non ritireranno le sanzioni” ha dichiarato il vice-repsidente della commissione parlamentare per l’energia Nasser Soudani all’agenzia Fars News. Un altro articolo prevederebbe il blocco delle importazioni dai Paesi che hanno aderito alle sanzioni contro l’Iran.

“Metodi quali pressioni e sanzioni sono stati usati per anni, sempre inutilmente” viene riportato l’ambasciatore iraniano a Sofia Gholam-Reza Baqeri-Moqaddam in una recente intervista con IRNA. “L’EU si trova nel mezzo di una crisi economica e gli Stati Uniti - ha continuato - sono in bancarotta. In queste condizioni, perché l’Europa decide di perdere un mercato enorme come l’Iran? Ci sorprende molto che l’Unione Europea continui tanto ciecamente verso scelte così difficoltose”.

Il terzo esportatore di greggio e petrochimici al mondo - 80% del totale delle esportazioni con 2 523 millioni di barili al giorno secondo il Fondo monetario internazionale - rifornisce con il 18% del suo greggio l’Europa, sopratutto l’Italia (6.2%) e la Spagna (4.7%). Eppure non sembra spaventato dall’embargo che entrerà in vigore a luglio. E si orienta sempre di più verso il mercato asiatico, con cui spera di far fronte alla perdita degli importatori occidentali.

Secondo dati riportati dal Wall Street Journal, l’India è diventato il più importante cliente per il greggio iraniano, registrando a gennaio una crescita del 37.5% delle importazioni rispetto al mese precedente. Alla Cina va, con 250,000 barili al giorno, 20% delle esportazioni della Repubblica islamica, e anche Giappone, Turchia e Corea del Sud soddisfano parte importante dei loro bisogni energetici con il petrolio di Teheran.

Le tensioni intanto fanno salire il prezzo del greggio sul mercato internazionale, che ha raggiunto i 99.45 dollari a barile. L’Europa, dal canto suo, ha bisogno di tempo per trovare alternative al rifornimento dall’Iran.

Fonte: Nena news

 

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