di Cristina Cosentino

Collegialità e unità. Sono queste le parole d'ordine risuonate a più riprese durante l'incontro tra i leader della sinistra dell'Unione. In 14, tra segretari, capigruppo e ministri, intorno ad un tavolo per cercare quella collegialità tanto auspicata da Prodi e poco praticata durante le scelte di governo. Una denuncia su tutte: i provvedimenti economici che sono stati portati, sino ad oggi, all'esame del Consiglio dei Ministri non sono mai stati discussi nelle sedi preconsiliari, in pratica hanno rappresentato il "pacco a sorpresa" consegnato ai ministri della sinistra. Così, il cambio di passo, necessario a questa maggioranza per andare avanti dopo il disastroso risultato elettorale, deve avvenire a partire dalla condivisione delle scelte di politica economica. Su questi temi non ci sono divisioni a sinistra, contrariamente a quanto si è assistito all'interno del Partito Democratico, ed i leader presenti sono pragmatici: per ottenere l'esito sperato i segretari dei partiti dovranno incontrare subito Prodi per discutere dell'utilizzo del "tesoretto" e dei contenuti del DPEF, il Documento di programmazione economica e finanziaria che sarà varato prima della pausa estiva. Le parole di Pecoraro Scanio sintetizzano il pensiero di tutti: "l'extragettito dovrà essere utilizzato per sostenere i ceti sociali più deboli e per la politica ambientale". Una riunione, durata meno di due ore, in cui i segretari e i capigruppo di Rifondazione Comunista (Franco Giordano, Gennaro Migliore, Giovanni Russo Spena, accompagnati dal ministro Paolo Ferrero), della Sinistra democratica (Fabio Mussi, Titti Di Salvo e Giovanni Salvi), dei Verdi (Alfonso Pecoraio Scanio, Angelo Monelli e Natale Ripamonti), e dei Comunisti italiani (Oliviero Diliberto, Pino Sgobio e Manuela Palermi) non si sono osservati e non hanno studiato le mosse l'uno dell'altro: si conoscono, ma soprattutto condividono le analisi e la "lista della spesa" che rappresenta le priorità per portare fuori dal pantano la sinistra ed il governo tutto.

Il confronto è avvenuto sulle cose da fare, concrete, e non sulla politica politicante, fatti più che parole. Avanti come treni, dunque, per rientrare in quel governo che sino ad oggi li ha solo fatti guardare, "un governo che – come ironizza Diliberto – più che essere amico è conoscente".

Il primo appuntamento è per il 7 giugno, quando si incontreranno i 150 parlamentari, un centinaio dalla Camera e una cinquantina dal Senato, per organizzare i gruppi parlamentari in modo unitario, sia sui temi in calendario alle Camere sia per cercare, insieme, una forma più strutturata del semplice coordinamento già avviato al Senato. Il processo unitario attivato dalla sinistra dell'Unione sembra essere inarrestabile: "abbiamo marcato un percorso irreversibile di unità delle forze della sinistra – afferma Giordano - che è molto più avanti ed imparagonabile a quello del Partito democratico."

Il segretario di Rifondazione non ha tutti i torti: mentre nel nascente Pd si discute di leadership, speaker unico, segretario, presidente, coordinatore – in tempi certi, ma con modalità del tutto incerte – alla sinistra del Piddì si ragiona di priorità politiche necessarie al Paese. Anche il contenitore è importante, non si può negarlo, ma, per dirla con Mussi "non si possono unificare oligarchie, non possiamo essere un pezzo della casta. Dobbiamo creare un processo che guardi a ciò che cresce dal basso."

Il processo di unità è ormai avviato e questa mattina una prova tangibile è stata fornita dai segretari presenti al vertice dell'Unione a S.S. Apostoli: si sono mossi come una cosa sola nel chiedere a Prodi di ascoltare il disagio delle fasce sociali più deboli e dare risposte discutendo in maniera collegiale. Insieme, con atteggiamento unitario, hanno posto al Presidente del Consiglio e ai segretari dei partiti di maggioranza i temi del disagio sociale dei pensionati al minimo, dei salariati,di tutti coloro che hanno manifestato con il voto contrario o con l'astensione il proprio disagio rispetto al governo. Una simile unità di intenti e determinazione non potrà restare inascoltata, pena lo sgretolamento dell'esecutivo e di tutta la maggioranza.

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