di Sara Nicoli

Sembra quasi una “non-notizia” quella che ieri mattina è apparsa su Repubblica rivelando, brogliacci di intercettazioni alla mano, che tra Rai e Mediaset esisteva un patto per la gestione dei palinsesti durante gli eventi più critici e delicati della vita del Paese e, soprattutto, per un'ottimizzazione a quattro mani della visibilità e della propaganda di Berlusconi. Insomma, quello che è sempre stato sotto gli occhi di tutti, perchè tutti guardano la televisione, si è concretizzato nelle parole dei dirigenti Rai a colloquio con i loro omologhi di Mediaset, per bilanciare notizie di primaria importanza (la morte del Papa, per esempio), con eventi elettorali e politici in modo da enfatizzare (o nascondere, a seconda della circostanza) quanto al Cavaliere facesse più piacere. Nulla di più noto e tangibile solo schiacciando il telecomando. Nulla che non si sapesse e che non si è mai voluto davvero risolvere perchè a tutti faceva comodo così. Perno dell'intera vicenda la dirigente responsabile del marketing strategico della Rai, Deborah Bergamini, ex segretaria particolare di Berlusconi, elevata ad altissimo rango dirigenziale della tv pubblica quando il Cavaliere era al governo. Ruolo della Bergamini era (ed è) quello di funzionare da interfaccia con Mediaset e con altri dirigenti Rai asserviti al Biscione per veicolare l'informazione pubblica a beneficio del proprietario della concorrenza e, all'epoca, presidente del Consiglio. Come dire: che ci fosse il conflitto d'interessi lo sapevano tutti, ma ora sappiamo anche chi lo faceva funzionare, con buona pace di tutti gli altri dirigenti Rai che per non avere rogne preferivano lasciar correre. Uno scandalo? Non più pesante di altri, anzi. Nel caso specifico, l'aver scoperchiato questo verminaio interno alla tv pubblica rende la Rai ancora più debole, dal punto di vista dell'immagine, sempre più fragile da quello della gestione e ancora più bisognosa (se ce ne fosse bisogno) di regole certe con cui proseguire il proprio lavoro. Pensare di colpire Berlusconi svelando che la sua ex segretaria in Rai fa la spia per lui e che detta legge a quei dirigenti Rai che hanno ottenuto il posto di lavoro banciando allo stesso modo la pantofola del signore di Arcore rende, casomai, più forte l'immagine del Cavaliere e dimostra che di una tv pubblica come questa si può anche fare candidamente a meno, tanto è marcia e, sostanzialmente, inutile.

Al di là del polverone che si è alzato in queste ore, composto da querele, inchieste interne, reazioni politiche durissime e richieste di dimissioni (che, ovviamente, non ci saranno) fa pensare ad una manovra mediatica, per altro piuttosto puerile, per costringere Berlusconi a venire a patti con Veltroni sulla riforma del sistema tv, dando un sostanziale via libera a quel ddl Gentoloni sepolto in Parlamento, almeno nella parte che riguarda la “governance” della Rai. Figurarsi. Per usare una colorita, quanto puntuale, espressione del Dc Rotondi, con questo scoop si è voluto “attaccare Berlusconi sputtanando i mezzi busti della Rai, ma al massimo oggi è scoppiato giornalistopoli, fatto che, a Berlusconi non gliene può fregare di meno”.

Ha un bel dire Veltroni che si tratta di un “fatto gravissimo” che ha “umiliato” il servizio pubblico tv. I primi ad aver umiliato la Rai, se la vogliamo dire proprio tutta, sono stati proprio i signori del centrosinistra. Che prima con D'Alema e adesso con Prodi (debole quanto si vuole, ma comunque presidente del Consiglio) si sono sempre rifiutati di mettere mano al conflitto d'interessi e ad una riforma seria della Rai che la mettesse davvero al riparo dalle vessazioni della politica, soprattutto da quelle targate Cavaliere e Mediaset. Se non è stato fatto è probabilmente perchè anche al centrosinistra le cose stanno bene così come sono: una Rai asservita, insomma, fa comodo a tutti.

Un'azienda vera, davanti a cose meno forti di quelle uscite ieri sui giornali, avrebbe preso i dirigenti coinvolti nelle conversazioni e quantomeno li avrebbe sospesi temporaneamente dal servizio in via cautelare, in attesa di avere piena luce da successive indagini interne. Ma la Rai non è un'azienda vera. E il suo direttore generale, Claudio Cappon, fragile in modo speculare a quello del suo sostenitore politico, Romano Prodi, si è limitato al tentativo di acquisizioni delle carte riguardanti le intercettazioni, ipotizzando che la Rai si possa costituire, in un giudizio futuro, come parte lesa. Anche da questa debolissima azione si capisce chiaramente che non succederà nulla di davvero importante che dia l'idea di un'azienda ancora minimamente reattiva: se non si muove il Palazzo, in Rai non si sposta nemmeno una sedia. Chi gliela dà la forza politica a Cappon per licenziare la Bergamini e i suoi sodali? Nessuno. Neppure Veltroni, ovviamente. E colpevolmente.

Nel polverone scaturito dall'inchiesta di La Repubblica, l'unica nota davvero ridicola riguadra la reazione scomposta di Mediaset. Che lungi dal mostrare vergogna, si è invece inalberata attraverso le parole del consigliere del Biscione Gina Nieri. Smentendo seccamente ogni possibile collusione tra le due aziende ( “Siamo alle stupidaggini - ha gettato acqua sul fuoco - che Rai e Mediaset si facciano concorrenza è sotto gli occhi di tutti 72 ore al giorno. Detto questo, è evidente che, come accade nei giornali, i direttori si chiamino, si consultino”), Mediaset ha addirittura annunciato querele per difendere l'onorabilità dei dirigenti coinvolti nella vicenda. Peccato che i responsabili Mediaset, per altro citati incidentalmente nelle intercettazioni, siano solo due, gli altri sono tutti Rai. Ma, forse, una come la Bergamini la sentono più loro che come una concorrente. Non possiamo dargli torto.

La morale di questa vicenda, se proprio si vogliono tirar le somme, è una sola: con questo scandalo si è tentato di colpire Berlusconi e il suo inossidabile conflitto di interessi, non rendendosi conto che, invece, si andava a colpire, ancora una volta, la Rai e la sua credibilità in un momento in cui l'intero arco costituzionale sembra congiurare contro la sua sopravvivenza, a partire dall'insipienza giuridica di Padoa Schioppa fino a quella politica del ministro Gentiloni. Che non ha trovato di meglio che attaccare proprio la Rai, sottolineandone la mancanza di autonomia. Se davvero si vuole salvare la Rai, il centrosinistra dovrebbe pestare sull'accelleratore e far approvare al più presto una riforma vera del sistema tv, che colpisca soprattutto lo strapotere di Mediaset nel mercato pubblicitario e rimetta la Rai in condizioni di competere seriamente sul mercato. Ma siamo pronti a scommettere che questo, ancora una volta, non accadrà.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy