di Sara Nicoli

E’ una campagna elettorale strana, schizofrenica, più guerreggiata nelle retrovie che verso l’esterno. Tranne rare eccezioni di gesti plateali, come quello del Cavaliere che straccia il programma del Pd, fino a poco prima accusato di essere “copiato” dal suo, per il resto gli schizzi di veleno sono equamente dispensati in una guerra del tutti contro tutti che solo quaranta giorni fa sarebbe stata impensabile. E’ ufficialmente cambiato tutto, con Borselli che dice peste e corna di Bertinotti e Bertinotti fa altrettanto con Veltroni, mentre Berlusconi spara addosso a Casini e quest’ultimo se la prende con Fini che, a sua volta, inveisce contro Storace: saltate le coalizioni, è tutto uno strapparsi il pane di bocca. Con un’unica certezza sul finale di questa giostra: se Berlusconi sarà per la quinta volta presidente del Consiglio, porterà con sé, tra Camera e Senato, un battaglione di parlamentari che mai avremmo pensato di dover chiamare un giorno “onorevoli” se non all’interno di un film dell’orrore. Che, invece, puntualmente si è verificato. Certo, anche il Pd avrebbe potuto dispensarci da alcune “idee geniali” del segretario Veltroni, degne anch’esse di un film dei fratelli Vanzina più che delle aule parlamentari. Fatta salva la “provocazione” Calearo e la necessità di cavalcare l’emozione della cronaca attraverso la candidatura dell’operaio Thyssen, sopravvissuto al massacro della linea 5, sfugge l’impellenza della candidatura di una giovane parolina che si fa vanto dell’inesperienza come Marianna Madia o di una non-precaria di un call center come Pina Piperno solo per fare uno sgarbo a De Mita.

Queste due giovani ce le ritroveremo senz’altro in Parlamento, dove terranno alta una bandiera che avremmo preferito non veder rispolverata da un partito con le radici a sinistra, quella della raccomandazione e del buon nome di famiglia che si fa beffe del merito e della professionalità guadagnate sul campo. Anche se così fan tutti, avremmo preferito che Veltroni non lo facesse. Ce ne faremo una ragione consapevoli che il cancro della casta non albergherà in maggioranza dentro il loft di piazza Santa Anastasia, bensì altrove, dove in fondo è sempre stato e dove lo ritroveremo, peggiore di quanto l’avevamo lasciato.

Ma la gentaglia che queste elezioni vomiteranno dentro le aule parlamentari a dispetto del diritto di scelta dell’elettorato proviene in maggioranza dalle liste del Pdl. Dove campeggerà anche l’agente Betulla, quel Renato Farina espulso dall’Ordine dei Giornalisti per aver fatto lo spione per conto del Sismi e che qualcuno già ipotizza presidente della commissione sui Servizi (Copaco). Ovviamente per competenza. Il film dell’orrore delle liste compilate dagli amici per l’amico Silvio prosegue con un nome illustre per il Lazio, quello di Loreno Bittarelli, presidente della cooperativa radiotaxi 3570, il capo rivolta che guidò le manifestazioni dei tassinari romani contro le liberalizzazioni di Bersani. Mentre scioperava contro i noleggiatori apriva una sua società di noleggio, tanto per dire il personaggio. Veltroni lo detesta e Berlusconi, giustamente, lo ha fatto suo. Tornerà alla Camera, poi, Franco Frattini, che si è sospeso da commissario Ue e domani ce lo potremmo ritrovare alla Farnesina, mentre Roberto Formigoni ha già messo il cappello sulla scrivania che è stata fino a ieri di Fioroni: vorrebbe per sé l´Istruzione.

E’ un’elezione, questa, che servirà anche a pagar dazio per i servigi resi nei trascorsi cinque anni di legislatura berlusconiana. E così Gianfranco Fini ha annunciato che Maurizio Gasparri, il firmatario dell’oscena legge consacrazione del conflitto di interessi del Capo, sarà il capogruppo al Senato del Pdl. L´ex ministro delle Comunicazioni sarà il numero due della lista del Lazio dietro Marcello Pera e davanti a Lamberto Dini, quest’ultimo un vero campione di trasformismo all’italiana. Si paga pegno anche candidando Diana De Feo, moglie di Emilio Fede (in Campania), la ex responsabile marketing della Rai, Deborah Bergamini (che in contemporanea lavorava anche per Mediaset, in Toscana), un seggio a Montecitorio verrà riservato all´ex comandante della GdF Roberto Speciale, mentre Michela Vittoria Brambilla finirà nella lista dell´Emilia Romagna.

Finite le gabelle? Macchè. Le più gustose sono altre, quelle contenute nella lista rosa delle amiche personali di Silvio: il "politburo" del Pdl ha avuto l´ordine di piazzarle in lista, senza sé e senza ma. Dentro c´è Nunzia Di Girolamo, giovane avvocatessa di Benevento che molti indicano come la nuova Mara Carfagna. E abbiamo detto tutto. E poi Francesca Pascale, l'avvenente presidentessa del comitato “Silvio ci manchi”, seguita da Mariella Rizzotti, chirurga plastica di Torino. Berlusconi ha fatto sapere di tenere, in particolare a Licia Ronzulli, fisioterapista al Galeazzi, che gli fece dei massaggi al viso al tempo del lifting: uno futuro da parlamentare guadagnato sul campo.

Tra le signore che hanno avuto meriti non riferibili e che gli italiani dovranno pagare con le proprie tasse, figura anche l´attrice Emanuela Romano, la giornalista del Tg4 Francesca Romana Impiglia (immortalata anni fa mano nella mano con il leader della Cdl nel parco di villa Certosa), la giovane romana Veronica Cappellaro, nota perché il Cavaliere parteciperò al suo matrimonio con Luca Pompei. C´è poi Angy Calabria, figlia della responsabile di “Azzurro donna” a Roma, la ex di Paolo Berlusconi, Katia Noventa, e l´imprenditrice piemontese Manuela Repetti.

Della Repetti in Forza Italia ricordano una sua gaffe di qualche anno fa, quando venne in visita alla Camera e chiese ai commessi di incontrare il presidente. Quando le risposero che Casini era impegnato, lei replicò stizzita: “Ma quale Casini? Per me c'è solo un Presidente: Berlusconi”. Per far posto alle new entry resteranno a casa Alfredo Biondi, Cesare Campa, Lino Jannuzzi, Egidio Sterpa e Patrizia Paoletti Tangheroni, una che nella passata legislatura ha mostrato carattere. Niente di più grave, nel Pdl: l’imperativo è solo compiacere il Capo. A spese nostre, ovviamente.

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