di Cinzia Frassi

Ci sarà ancora questo clima fino al deposito dei simboli e sicuramente fino alla presentazione delle liste di candidati, il 9 e 10 marzo prossimo. Si concluderà solo allora questo periodo all'insegna del "rimpasto", di fusioni audaci e separazioni annunciate e di restyling di simboli, identità e scambio di poltrone. Il centro destra, dopo l’ingresso nel Pdl di Fini e dei suoi, chiude la porta in faccia a Casini e all’Udc. A cercare di rastrellare i nostalgici di una destra con una sua identità ideologica più tradizionale: Francesco Storace a capo del nuovo partito la Destra. Secondo i recenti sondaggi, una formazione che potrebbe riuscire a trovare una quota tra l’1 e il 3% e una potenziale fetta del 12%. Così mentre Gianfranco Fini sostiene che nessuno li voterà, Storace risponde proprio che “bisogna avere più prudenza quando si parla di piccoli partiti". Una fetta di elettori di An quindi dovrebbe riconoscersi maggiormente nella neo formazione che vede come candidato premier la signora Santanchè. Negli spazi lasciati vuoti dalla ostentata sicurezza delle grandi formazioni, Pdl e Pd, c’è tuttavia un discreto margine lasciato libero ai centristi. L’Udc, dopo l’affrancamento teatrale dal Cavaliere per bocca di Pierferdinando Casini, vede all’orizzonte l’intesa con la Rosa bianca di Pezzotta, Tabacci e Baccini. Naturalmente il candidato premier non si discute. L’alleanza centrista è sicuramente ancora solo all’inizio, dato che potrebbe accogliere anche altre formazioni che, non arrivando sicuramente alla soglia del 3% prevista per l’accesso alla Camera dei Deputati, decidessero di salutare sia Berlusconi che Veltroni.

Bruno Tabacci, dall’Assemblea nazionale dei fondatori della “Rosa bianca” a Montecatini prospetta un’intesa che vada al di là dell’appuntamento con le urne e mette in guardia i grandi big dichiarando: "Non credo che le sigle in campo oggi siano in grado di dare risposte a una parte importante dell'elettorato italiano". Sicuramente quella di tenere fuori le formazioni con i consensi più bassi, è tendenza comune tanto al centro sinistra, che ha visto per primo Veltroni sancirlo con la dichiarazione di correre da solo, quanto al centro destra. Preferenza messa da parte solo quando vi sia un accordo che preveda un ingresso vero e proprio, seguito da un abbandono del simbolo e dell’identità della formazione che accetta di farne parte. Questo infatti dovrebbe scongiurare sorprese l’indomani del voto del 13 aprile prossimo.

E’ quanto accaduto proprio nelle ultime ore con i Radicali. Votando all’unanimità la mozione di accordo con il Partito Democratico, siglano il loro ingresso nell’entourage di Veltroni. Un patto che ha sacrificato il nome di Pannella, fattosi da parte, ma che ha consentito la conclusione dell’accordo sotto la premessa di un ministero targato Bonino. Un altro punto a favore di Walter Veltroni che tuttavia forse ha sottovalutato le conseguenze di un accordo con i primi nemici dei teodem e dei filocentristi cattolici.

Eutanasia, coppie di fatto, diritti degli omosessuali, aborto e contraccezione. I punti di incompatibilità non si discutono e sul piede di guerra si fa sentire immediatamente l’onorevole Binetti ''perplessa, smarrita e preoccupata'' per l'intesa con i Radicali. I cattolici tra le fila del Partito Democratico si ritrovano quindi “in casa” ciò che fino a poco tempo fa erano riusciti a scongiurare.
I teodem si riuniranno mercoledì prossimo a Roma e decideranno il da farsi. La Binetti mette le mani avanti e ricorda che ''i cattolici del nostro partito, che sono tanti, dovranno fare quadrato per difendere i loro valori stando sempre all'interno del Pd''. Fare quadrato.

A rincarare la dose la recentissima candidatura di Umberto Veronesi, capolista democratico in Lombardia. Un medico oncologo che mette al centro la scienza e che non ha fatto mistero in passato della sua concezione morale in termini di eutanasia e di possibilità di cura, anche attraverso le staminali, né di diagnosi preimpianto. Con i toni che lo contraddistinguono, Veltroni sposta il problema sulla possibilità di mettere in campo risorse d’eccellenza contro i vecchi della politica e dice che “per troppo tempo questo paese è stato avaro con le sue energie migliori”.

Ecco, il clima dovrebbe essere questo ancora per qualche giorno, quindi i colpi di scena dovrebbero rientrare. La campagna elettorale, gli slogan, i programmi fantasiosi, senza argomentazioni riguardo alla loro attuabilità, gli accordi con scambi di poltrone, questo ciò che ci aspetta ancora per un po’. Resta inteso che, quale che sia il risultato, questa campana elettorale non ha niente di irrinunciabile. Gli schieramenti sembrano confrontarsi con l’energia di una battaglia all’ultimo sangue, quando, quale che sia il risultato esso sarà ben presto vanificato dal referendum tra poco meno di un anno che ci porterà ancora allo stesso punto di oggi.

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