di Cinzia Frassi

Tra pochi giorni, il 12 e il 13 giugno, si gioca la partita dei referendum con gli ormai famosi quattro quesiti: nucleare, legittimo impedimento e i due sull'acqua pubblica. Sulle quattro schede i quesiti che in questi ultimi mesi hanno impegnato da un lato il governo a sabotarli e dall'altro il grande popolo dei Si. Grande perché oltre ai promotori, la lista degli aderenti e dei sostenitori è chilometrica: dal WWF ai comitati cittadini, dai francescani ai gruppi di acquisto solidale, dai sindacati confederali a Italia nostra e poi Liberazione, Il Manifesto, Circoli, Movimenti studenteschi, Associazioni ambientaliste e culturali, Arci, Acli e moltissimi altri ancora. A tutti questi si aggiunge la voce della rete, capillare, esuberante, tentacolare che tra blog, siti, social network tiene banco, informa e amplifica le attese per il prossimo voto.

A voler vedere, la campagna referendaria, soprattutto negli ultimi mesi, ha visto la presenza di un elemento che mette perfino una punta di sana ironia: tutto il baccano fatto dal governo Berlusconi per vanificare l'appuntamento. Non solo la questione dell'election day o il tentativo di cancellare il referendum sul nucleare, ma quasi tutta la linea di condotta.

Una corsa forsennata allo stratagemma, fosse per cavillare su un quesito referendario o pontificare sull’energia nucleare con dichiarazioni ai limiti proprio della satira. Paradossalmente, se se ne fosse stato zitto, se non avesse messo in atto tentativi teatrali e grotteschi, magari non se ne sarebbe parlato tanto e la gente sarebbe andata davvero al mare forse.

Ora francamente la gita l’hanno praticamente tutti rimandata. Va da se che una spintarella energica viene anche dall’esito del recente appuntamento con le elezioni amministrative che hanno segnato la sconfitta del governo, del suo entourage e del suo modus operandi.

Non è stato zitto e l’attenzione per l’appuntamento referendario è sempre più alta. Quattro i quesiti, che si traducono, di fatto, in altrettanti No alla costruzione di centrali nucleari sul territorio nazionale, No al legittimo impedimento e ancora No alla privatizzazione dell'acqua.

Il primo quesito sull’acqua (scheda rossa) propone l’abrogazione di quanto introdotto dal decreto Ronchi. In particolare il primo quesito, “Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”, nasce da alcune norme introdotte dal decreto firmato Andrea Ronchi, l'allora ministro per le politiche comunitarie, in seguito convertito in legge a suon di fiducia il 18 novembre 2009. Il decreto era nato per ottemperare a una serie di direttive comunitarie e per provvedere ad adeguare alcune norme censurate a livello europeo: si va dall'etichetta made in Italy alle lampadine "verdi", a questioni amministrative relative al trasporto ferroviario.

A quel decreto si deve la necessità di votare domenica e lunedì prossimi perché ha introdotto l’obbligo per i Comuni di conferire la gestione dei servizi pubblici locali a società miste. Chiede in sostanza che si costituiscano società miste pubblico-privato, mentre la gestione in house diventa una deroga per situazioni eccezionali.

A chi commenta dicendo che spesso la gestione pubblica dei servizi non è sempre un fiore all’occhiello, resta da dire che sarebbe proprio quell’inefficienza a dover assorbire le energie, trovando soluzioni concrete, ma senza utilizzarlo come alibi per creare business ai privati su una risorsa pubblica.

Il secondo quesito referendario (scheda gialla) chiede l’abrogazione di parte di una norma introdotta dal governo Prodi e relativa alla determinazione della tariffa del servizio idrico in base ad una “adeguata remunerazione del capitale investito”. Questo il secondo quesito referendario al quale occorre votare Si.

Quest’adeguatezza della remunerazione consente di gonfiare il conto ai cittadini fino al 7% in più, per remunerare il costo del capitale investito dall’azienda privata, in nome del profitto di pochi. Cancellando questa norma s’intende andare verso una tariffa adeguata al concetto stesso di servizio pubblico.

L’acqua è un bene comune, una risorsa naturale, di tutti: questo il concetto di fondo che i promotori hanno visto violato da una serie di norme. Certo, si difende il principio, ma non basta. Ci sarà da lavorare sul fronte della capacità di produrre una gestione pubblica efficiente, intervenire sulla rete idrica e garantire alla risorsa acqua il massimo della purezza. Di certo è la strada migliore, considerando anche che nei settori dove si è privatizzato in Italia, non ci sono stati sempre risultati apprezzabili.

Nel frattempo si contano ben 47 milioni e 300 mila elettori attesi nelle 61.601 sezioni di voto tra domenica e lunedì. Servono quindi 23 milioni e 650 mila voti per raggiungere il quorum per sancire la validità dei referendum. Ancora meglio: servono più di 23 milioni di SI.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy