di Rosa Ana De Santis

Mentre il sindaco di Firenze ha convocato circa mille amministratori locali al Palacongressi di Firenze, a Roma il segretario Bersani ha convocato i presidenti dei circoli del PD. Segno che il partito dei democratici tenta strenuamente di rimanere in vita e di attrezzarsi per le prossime elezioni, tardi o presto che sia. Dopo il saluto affettuoso a Bersani e la rassicurazioni di lealtà al partito, il giovane rottamatore non annuncia, come tutti si aspettano, la sua candidatura ufficiale alle primarie, ma - per dirla tutta - ci gira intorno.

Ne fa tutta una questione di regole e formalità, come già aveva spiegato nel colloquio televisivo con Lucia Annunziata. Prima vuole accertarsi di come saranno organizzate, si dice contrario al vincolo della pre-iscrizione al PD: una condizione che sembra cucita addosso a lui che, poco amato dal partito e per sua stessa ammissione “imbrigliato” a fatica nell’ortodossia dei burocrati, è invece vincente in tv e abilissimo a cavalcare il malcontento, comprese le ragioni più popolari e populiste dell’antipolitica. Tutto quello che lo fa corteggiare a destra, lo ha reso simpatico a Berlusconi, e lo rende poco amato nella sua area  politico-culturale di riferimento.

Bisogno di cambiare, nuova politica, nuovo modo di intendere il partito: sono questi i temi guida che ispirano i giovani a Firenze e su cui ingaggeranno la loro partita dentro le primarie al partito. E’ questa tutta la forza e insieme la più grande debolezza di Renzi e della sua corrente.

Abilità nel decostruire il partito, nell’analisi spietata delle sue debolezze e penuria di argomenti nella proposte di ricostruzione o di rifondazione. Tanto che tutto al dunque si risolve in una sfida generazionale tra giovani e vecchi. Un po’ troppo poco per convincere  a votare qualcuno dei mille radunati a Firenze e soprattutto un po’ troppo facile per chi invece, con un po’ di storia alle spalle, nella politica vuole vedere saggezza ed esperienza invece di freschezza, eloquio giovanilistico e maniche di camicie arrotolate.

“Libertà, gentilezza e onore” sono le tre parole del Nobel Aung San Su Ki dentro le quali Renzi annuncia le sfide che, secondo lui, dovrà affrontare il PD. Intercettare il voto dei delusi, anche quelli del centro–destra e riconquistare il voto di protesta momentaneamente indirizzato  a Grillo. Quasi del tutto assente lo sguardo al partito, a come ripensarlo e ricostruirlo dal di dentro. Renzi è già, in tutto e per tutto, un’alternativa al PD e non una sua corrente.

La dialettica e il conflitto dentro a un partito non possono essere gestiti aprendo il vaso di Pandora davanti agli elettori, quasi lasciando a loro l’onere della decisione. Nel partito si lavora alle mediazioni, ma criticarlo aspramente a casa propria, dalla roccaforte fiorentina,  equivale ad averlo già superato senza avere il coraggio di correre da soli. Perché i numeri, aldilà del successo televisivo, senza il nome (Pd o Pdl che sia) non ci sono ancora.

 

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