di Mariavittoria Orsolato

A 11 anni da quella terribile notte, la giustizia italiana ha messo la parola fine sulla vicenda del sanguinoso blitz alla scuola Diaz. Ieri sera la quinta sezione penale della Cassazione ha confermato in via definitiva le condanne per falso aggravato inflitte agli alti funzionari di polizia coinvolti nelle violenze contro i manifestanti accampati nell'istituto messo a disposizione dal comune di Genova.

Convalidata la condanna a 4 anni per Francesco Gratteri, attuale capo del dipartimento centrale anticrimine della Polizia; convalidati anche i 4 anni per Giovanni Luperi, vicedirettore Ucigos ai tempi del G8, oggi capo del reparto analisi dell'Aisi. Tre anni e 8 mesi a Gilberto Caldarozzi, attuale capo servizio centrale operativo. Convalidata anche la condanna a 5 anni per Vincenzo Canterini, ex dirigente del reparto mobile di Roma. Prescritti, invece, i reati di lesioni gravi contestati a nove agenti appartenenti al settimo nucleo speciale della Mobile.

Tra prescrizione e indulto le condanne non saranno dunque detentive, ma per i funzionari questo potrebbe significare l’immediata decadenza da incarichi e la sospensione dal servizio, dal momento che, per ciascuno dei 25 imputati, è stata applicata la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Ma è davvero possibile cantare vittoria?

In molti hanno atteso ed accolto la sentenza della Cassazione come la liberatoria conclusione di un processo durato fin troppo tempo: la giustizia ha stabilito che la notte del 21 luglio 2001 alcuni uomini delle forze dell'ordine piazzarono false molotov, molti altri si accanirono violentemente contro persone inermi mentre altri ancora cominciarono a tessere una fitta rete di menzogne per insabbiare il tutto.

Una verità storica che ora, redatta e protocollata, stabilisce la veridicità di quanto i manifestanti denunciarono immediatamente a ridosso del blitz. Peccato che questa verità arrivi dopo 11 anni e peccato che, a testimoniare le ragioni di quelli che tutti chiamarono indistinatmente “black bloc”, ci siano tonnellate di materiale girato in presa diretta che confermano la cieca brutalità di quanto avvenuto quella notte.

C'era dunque davvero bisogno di una sentenza di terzo grado per affermare storicamente che alla Diaz fu un massacro gratuito, un abuso di potere intollerabile? Serviva una punizione. Una punizione esemplare, dal momento che si tratta di alti papaveri delle forze dell'ordine. L'allontanamento dal proprio incarico - per quanto favorevolmente accolto dall'opinione pubblica - ha comunque durata transitoria: un lustro appena e i 25 pubblici ufficiali riconosciuti colpevoli di lesioni e falso aggravato torneranno tranquillamente al loro posto, con il loro stipendio, le loro ferie pagate, il loro manganello.

Per quella che Amnesty International ha definito “la più grave sospensione dei diritti umani dopo la seconda guerra mondiale”, questa lievissima pena non può e non deve bastare. Soprattutto se si pensa al fatto che, la prossima settimana, 100 anni di carcere rischiano di essere comminati a 10 persone accusate di aver rotto delle vetrine nei giorni del G8 o di aver “compartecipato psichicamente” (sic!) a queste azioni. La sproporzione è più che evidente e basterebbe soltanto un po' di buon senso per archiviare il procedimento, con tante scuse agli imputati. Ma probabilmente le cose non andranno in questo verso.

“Don't clean up this blood” scrisse sui muri insanguinati della Diaz un'anonima mano inorridita da tanta brutalità, eppure questo sangue sembra continui a voler essere lavato via. Da una giustizia istituzionale mite nelle pene e furbescamente lenta e miope nei procedimenti. Dalle promozioni date ai responsabili di quella che lo stesso Michelangelo Furnier, vicequestore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma, definì “macelleria messicana”. Dal fatto che quella politica che siede ora in parlamento è la stessa che in 11 anni non è mai riuscita a mettere assieme una commissione d'inchiesta parlamentare.

Se è vero però che la storia siamo noi, allora le macchie di sangue della Diaz devono essere come quella del fantasma di Canterville e ritornare puntuali, dopo ogni tentativo di lavaggio, a ricordare la colpa di chi le ha causate.

Un pugno di magistrati dalla schiena dritta, ha saputo per una volta imporre la terzietà di giudizio ed il rifiuto dell’obbedienza dovuta e dell’omissione consueta. Ma queste condanne non bastano. Le responsabilità politiche del governo Berlusconi da poco insediato e quelle di chi, in parlamento, ha sempre rifiutato la possibilità di una commissione parlamentare d’inchiesta su quanto avvenuto a Genova, sono state le due gambe sulla quali si è retta la violazione della democrazia.

Duecento poliziotti protagonisti della mattanza, riparatisi con i caschi e i fazzoletti per non farsi riconoscere, sono solo la parte pubblica di chi, da dietro le quinte, diede indicazioni precise per quelle ore di macelleria. Quando costoro saranno chiamati a rispondere di quanto ordito, allora e solo allora si potrà dire che giustizia è fatta.

 

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy