di Fabrizio Casari

Macelleria sociale. Così è stata definita la manovra finanziaria di spending review del governo, che prevede 24.000 esuberi, in una penosa replica delle manovre greche. E ad aggettivarla come macelleria sociale non sono soltanto i sindacati o le organizzazioni della sinistra radicale e del sindacalismo di base, bensì Confindustria, nella persona del suo presidente Giorgio Squinzi, che già nel recente passato aveva definito “una grande boiata” la riforma del mercato del lavoro e che ora dichiara di ritenere il governo Monti meritorio di un voto insufficiente. Monti, da parte sua, infuriato risponde che “con simili dichiarazioni sale lo spread”. Montezemolo ha criticato duramente Squinzi, ma questo attiene soprattutto a questioni di rivalità interna a Viale dell'Astronomia.

Notoriamente poco disponibile ad ascoltare giudizi non incensatori, il Premier dimentica però che per far stare lo spread sulla soglia dell’abisso basta il suo operato. Le forze politiche, impegnate nel vassallaggio parlamentare, intervengono per dare ragione a l’uno o all’altro, ma certo è che una polemica con questi accenti non ha precedenti nel teatrino italiano.

Non si deve pensare, però, ad una improvvisa quanto impossibile riconversione “sociale” nella lettura delle operazioni governative da parte dell’organismo di rappresentanza del mondo industriale. La critica netta, senza appello, a Monti e alla sua manovra di tagli, viene invece dalla lettura del testo del provvedimento sulla spending review e del contesto socio-economico nel quale l’accetta governativa rotea sul collo dell’Italia.

Rappresenta una bocciatura severa dell’insieme delle politiche di Monti ed un segno di forte preoccupazione per la deriva del Paese guidato da una combriccola di incompetenti che, come Tremonti, tagliano orizzontalmente senza criterio alcuno in ordine alle necessità del paese ma unicamente per apparire come gli “uomini forti” del risanamento. Più vanità che competenza, insomma.

Nelle parole di Giorgio Squinzi, come in quelle di Susanna Camusso, emerge infatti una valutazione fortemente negativa sull’effettiva capacità di cura del sistema Italia da parte del governo Monti. Perché al netto della propaganda di regime, il quadro è chiaro: dopo nove mesi di governo Monti l’Italia è a pezzi. Lo spread nel rendimento dei titoli di stato è ai livelli di quando la compagine di professorini si è insediata a Palazzo Chigi, mentre la spesa pubblica è aumentata e le condizioni generali del paese sono fortemente peggiorate.

L’innalzamento del tasso di disoccupazione, l’aumento dell’imposizione fiscale giunta a livelli non tollerabili e l’aggravio pesante delle capacità di spesa per le famiglie, ha portato l’Italia nel pieno della recessione economica, mentre l’ingiustizia palese dei provvedimenti adottati (come si fa a dire che la mobilità obbligatoria per il 10% degli statali migliori le entrate e rifiutarsi nel contempo un decreto per l’innalzamento del prelievo sulle pensioni d’oro dei dirigenti generali? ndr) ha ulteriormente allargato il divario tra cittadini e politica, generando un ulteriore aumento dei fenomeni di scollamento tra società e istituzioni, già messo a durissima prova dal governo Berlusconi.

L’allarme di Confindustria e sindacato segue la constatazione che il governo Monti ha peggiorato sensibilmente il quadro socio-economico dell’Italia, per non aver mai pensato seriamente a politiche economiche destinate a stimolare la ripresa e far ripartire la crescita è risultato il peggior incentivatore del pessimismo dei mercati.

In un processo ormai patologico di autoavvitamento sulle misure finanziarie senza criterio (dannose, prima che inutili visto il contesto speculativo al centro del quale l’Italia si trova) le scelte governative si sono articolate sull’unica volontà di piegare i sindacati e abbassare oltre ogni soglia possibile i livelli della spesa sociale, intaccando alla radice i meccanismi di tutela sociale necessari a salvaguardare in fasi economiche depressive coloro i quali sono sprovvisti di strumenti di sopravvivenza.

Una idiozia in generale che oggi, in questa fase di attacco speculativo, diventa un’idiozia criminale, giacché in luogo di predisporre meccanismi di tutela dalla speculazione finanziaria e di valorizzare le peculiarità dell’economia italiana (possediamo in capitale privato 8 volte l’ammontare intero del debito e lo stesso debito è detenuto all’80 per cento da italiani) Monti pensa di azzerare o quasi il sistema di welfare, già tra i meno costosi in Europa nel rapporto tra spesa sociale e PIL.

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