Con la sinistra versavano e con la destra se li riprendevano. La vicenda dei rimborsi che alcuni parlamentari grillini usavano come una fisarmonica è divampata, né poteva essere altrimenti. Racconta sì di malefatte di alcuni e non di tutti, certo, ma anche di una gestione allegra del controllo dell’operato dei suoi eletti che mal si coniuga con l’affermata capacità di controllare e denunciare le malefatte di tutti.

 

 

La storia dei rimborsi elettorali prima versati e poi ripresi, può ben definirsi scandalosa. Lo è perché sebbene di per se la questione sia solo una storia di menzogne, assume il valore dello scandalo proprio perché vi sono coinvolti esponenti del Movimento 5 Stelle, che si volevano diversi. Per questo sembra inutile e anche un po’ priva di senso la difesa polemica dei grillini, ovvero che almeno loro i rimborsi li prevedono mentre le altre forze politiche non ci pensano nemmeno.

 

Diventa anzi un boomerang comunicativo, perché è facile rispondere che almeno gli altri non vanno rivendicando atti e parole che dipingerebbero una presunta diversità. E nemmeno è sufficiente dire che sono alcune mele marce, perché tutti i partiti potrebbero ridurre alle responsabilità personali di alcuni quello che invece è un aspetto sistemico.

 

La questione, allora, è cosa c’è davvero dietro le quinte di questa presunta diversità grillina. Perché prima ci sono le firme false per presentare le liste, poi la mancanza di trasparenza nelle cosiddette “parlamentarie”, quindi la pesante ipoteca di una società privata sulla linea politica ed organizzativa del Movimento sulle nomine e gli incarichi, infine la scoperta di massoni nelle liste elettorali ed ora i rimborsi annunciati e mai erogati. Certo, da parte dei parlamentari coinvolti c’è una manifestazione palese di presa per i fondelli del Movimento e dei suoi elettori, è chiaro come i soldi siano l’obiettivo principale. Prenderne molti e tenerli tutti, questo pare essere il prima e il poi dell’idea che costoro hanno della diversità grillina.

 

Divertente che tra i versatori e recuperatori a tempo di record via sia anche Barbara Lezzi, responsabile economia del Movimento. Si è detta estranea e certamente lo sarà, ma certo che dopo la geniale trovata estiva che definiva l’aumento dei consumi interni come risultato dei condizionatori d’aria accesi per il caldo, adesso con questo dare/avere si dimostra effettivamente esperta di economia. Domestica.

 

In ultimo ma non da ultimo, le faraoniche spese in cancelleria, quella con la “c” minuscola, afferente penne, matite, carta, evidenziatori, pennarelli, gomme da cancellare e temperini, post-it e scotch. Viene da sorridere pensando all’entusiasmo marinettiano per l’era informatica alla quale i  5 stelle si sono da sempre autonominati interpreti assoluti; ora si scoprono invece politici amanuensi e grafomani con un rigetto un po' snob per la tastiera.

 

Ma il sorriso si ferma qui: poi arriva qualcosa di meno divertente, considerando che in istituzioni come Camera e Senato la cancelleria è praticamente gratuita. La fornitura di carta è calcolata per 24mila fogli all'anno a deputato/senatore. Vengono consegnate anche sei gomme ogni tre mesi (tre da biro, tre da matita), ovvero una ogni 15 giorni, insieme a 10 dvd e 20 cd quali supporti per la trasmissione di materiale informatico. La dotazione per agevolare l'attività parlamentare degli onorevoli comprende anche mille fogli di carta bianca l'anno ad uso fotocopie. Dunque, non si capisce dove li avrebbero speso i circa 6000 Euro di cancelleria denunciati da Di Maio: spese che appaiono difficili da spacciare come avvenute e ancor più gravi per essere state utilizzate dal candidato premier.

 

La vicenda dei finti rimborsi non avrà un grande impatto sul voto: gli italiani sono abituati a ben altro e 20 anni di berlusconismo hanno evidenziato la capacità di sopportare cantori d’improbabili diversità. Resta però il dato della credibilità, perché quando ci si auto incensa come gli unici onesti e gli unici specchiati, si offre di se stessi una immagine che non può che pagare un alto dazio nel momento in cui si dimostra che si è come gli altri.

 

E meglio sarebbe, per Di Maio e soci, smetterla di dire che non si erano accorti dei mariuoli nascosti. Non riuscire a controllare i movimenti finanziari di 125 parlamentari non offre indicazioni rassicuranti per chi si candida a governare i conti di sessanta milioni di persone. Che, oltre tutto, spendono pochissimo in cancelleria.

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