Fra le tante abitudini sgradevoli di Matteo Salvini, ce n’è una più grottesca delle altre: quella di travestirsi. Intendiamoci, se lo facesse per sollazzo privato non ci sarebbe nulla di male. Il problema è che il ministro dell’Interno indossa divise che non gli competono per rastrellare consensi e cementare la sua immagine di uomo forte, garante dell’ordine. La mascherata più frequente è quella con la divisa della Polizia: e da mesi alcuni dei professionisti chiamati in causa se ne lamentano.

 

“Il ministro dell’Interno fa una cosa sbagliata – ha detto a TPI Daniele Tissone, segretario generale del sindacato di polizia Silp Cgil - Si appropria del lavoro e dell’attività di poliziotti, magistrati, carabinieri. Come fossero opera del suo governo”. E come se i poliziotti fossero i suoi pretoriani, pronti a manganellare i dissidenti e a cancellare i murales sgraditi al capo.   

 

Purtroppo questa posizione non è condivisa dal capo della Polizia, Franco Gabrielli, che anzi giustifica l’abitudine di Salvini: “Ne ho parlato spesso con il ministro – spiegava a febbraio il numero uno della Polizia – Lo fa come un gesto di attenzione, come un volersi sentire parte dell'istituzione che, fino a prova contraria, finché non sarà sfiduciato, rappresenta a tutti gli effetti”.

 

Alcuni hanno ipotizzato che, indossando le divise, Salvini violi l’articolo 498 del Codice penale, che disciplina “l’usurpazione di titoli o di onori” e prevede che “chiunque (…) abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato (…) è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da centocinquantaquattro euro a novecentoventinove euro”. Una volta era reato, ma dal 199 è stato depenalizzato ad illecito amministrativo.

 

In realtà, Salvini non è mai stato perseguito perché in punta di diritto non viola questa norma. La Cassazione ha spiegato che quell’articolo del Codice serve a punire chi trae in inganno “la pubblica fede”, cioè, in questo caso, chi si fa passare per Poliziotto senza esserlo. È chiaro che il leader della Lega non punta a presentarsi ufficialmente con una carica che non ricopre, anche perché in Italia lo conoscono tutti. “Come può un ministro dell'Interno ingenerare confusione rispetto al fatto che è il vertice delle forze di polizia?”, chiede bonariamente Gabrielli, a chiosa della sua apologia.

 

Il punto però è un altro. Con quella divisa addosso, Salvini non spaccia se stesso come agente di Polizia, ma usa l’operato di quel Corpo per proprio tornaconto. E qui nasce davvero un inganno per “la pubblica fede”, perché i cittadini meno avveduti saranno indotti a pensare che i successi della Polizia siano merito dell’attuale Esecutivo.

 

Esempio. In una recente intervista al Corriere della Sera, Salvini si è vantato delle ultime statistiche sulla sicurezza - elaborate dal suo stesso ministero - da cui emerge che nei primi mesi del 2019 i reati in Italia sono diminuiti. Una buona notizia, non c’è dubbio. Sennonché, il calo dei reati non è una novità: gli ultimi dati del Viminale sono in continuità con quelli degli anni scorsi, solo che allora - dall’opposizione - Salvini parlava di “situazione fuori controllo” e ignorava le statistiche ufficiali per costruire il clima di paura e rabbia su cui ha edificato il proprio successo. Ora che ha cambiato ruolo, guarda un po’, ha cambiato anche idea sull’affidabilità dei dati ministeriali. E non è un inganno alla “pubblica fede”?

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