Il Governo del Cambiamento è cambiato talmente tanto da implodere. Lo strapotere comunicativo di Salvini – amplificato da un sistema mediatico incapace di criticarlo – alla fine ha ridotto in poltiglia l’alleato a 5 Stelle, sempre più simile a una compagnia d’improvvisazione teatrale che a una forza politica. “Andiamo subito in Parlamento per prendere atto che non c'è più una maggioranza, come evidente dal voto sulla Tav, e restituiamo velocemente la parola agli elettori”. Dopo un’ora di colloquio con Giuseppe Conte, giovedì sera il leader della Lega ha scelto queste parole per dichiarare ufficialmente la morde dell’Esecutivo.  

 

Alla fine, il pretesto è stato il voto sulla Torino-Lione – peraltro favorevole al Carroccio – ma ormai da mesi era chiaro che la convivenza isterica fra leghisti e grillini non poteva più andare avanti. Si può dire anzi che l’alleanza gialloverde non sia mai nata davvero, visto quanto sono diversi i Dna dei due alleati: uno radicato al Nord, l’altro al Sud; uno vicino a imprenditori e partite Iva, l’altro ai disoccupati; uno fan dei condoni, l’altro giustizialista. Esaurita con quota 100 e reddito di cittadinanza la spinta propulsiva iniziale, il Governo è entrato in una fase di stallo. E con l’arrivo della primavera i litigi si sono fatti sempre più frequenti, determinando infine il trionfo di Salvini, capace di fagocitare l’alleato. In poco più di un anno, la Lega ha raddoppiato la propria quota di consensi nel Paese, mentre il Movimento 5 Stelle l’ha dimezzata. Una mobilità elettorale del genere non si era mai vista nella storia del nostro Paese.

 

Oltre alle capacità di Salvini – abilissimo a sfruttare paura e rabbia per scatenare gli istinti più bassi – ha pesato molto anche la strategia suicida scelta da Di Maio. Incapace di tenere testa all’altro vicepremier, per mesi il capo politico grillino non ha fatto altro che cedere ai diktat leghisti. In questo modo ha inquinato lo spirito del Movimento, rendendolo complice di abomini come i condoni e i decreti sicurezza. E per cosa, poi? Per vedersi superare nei sondaggi perfino dall’odiatissimo Pd (ancora in cerca d’autore).

A questo punto rimane da capire quale sarà il copione dei prossimi mesi. Lega e M5S hanno escluso immediatamente la possibilità di votare un governo tecnico (espressione che da Monti in poi è considerata sinonimo di sciagura). I pentastellati hanno recentemente chiarito che non prenderanno mai in considerazione l’ipotesi di un accordo il Pd, il quale a sua volta non sarebbe interessato a una prospettiva simile. Pallottoliere alla mano, quindi, non esistono maggioranze alternative in Parlamento e anche l’ipotesi di un governo di minoranza è fantascienza. Alla fine, perciò, Sergio Mattarella dovrà sciogliere a malincuore le Camere e indire nuove elezioni, che a questo punto si terranno a ottobre, forse il 13.

Nel frattempo, Salvini si produrrà nel suo Beach Tour al Sud, un giro organizzato da tempo con evidenti fini di campagna elettorale, a riprova del fatto che l’eutanasia governativa di ieri era ampiamente premeditata.

Se l’esito del voto sarà quello pronosticato oggi dai sondaggi, il Capitano diventerà presidente del Consiglio in un governo composto quasi esclusivamente da leghisti, forse con una spruzzata di meloniani (meno probabile il ritorno in auge della moribonda Forza Italia).

 

Il problema è che fra le elezioni e la formazione del governo passerà come minimo qualche settimana. Dopo di che bisognerà scrivere in tutta fretta la legge di Bilancio, il cui schema andrebbe inviato all’Europa entro il 15 ottobre. Le tempistiche (con annesso rischio di esercizio provvisorio) sono però l’ultima delle preoccupazioni su questo fronte. Salvini ha in mente una manovra pantagruelica per favorire i ricchi e gli evasori (categorie che spesso si sovrappongono) e per finanziarla vuole aumentare il debito e varare un altro paio di condoni (cassette di sicurezza e saldo e stralcio anche per le aziende). Questo significa violare per l’ennesima volta gli accordi presi con l’Europa, che quindi sarà costretta ad aprire la procedura d’infrazione contro il nostro Paese.

A quel punto, l’economia italiana continuerà a non crescere – scordiamoci investimenti e creazione di posti di lavoro –, in compenso saremo anche in balia degli investitori internazionali, che potranno divertirsi a scatenare un nuovo attacco speculativo contro il maxidebito italiano. Se andrà così, in capo a qualche mese Salvini dovrà vedersela con un gruppo d’immigrati davvero pericoloso: arriverà in aereo e si chiamerà Troika.

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