Con la crisi agostana, Matteo Salvini si è procurato un inedito conflitto d’interessi. Niente di irrisolvibile, intendiamoci, ma il Capitano dovrà (forse) rinunciare a uno spicchio di quel potere assoluto che va costruendosi. Almeno per un po’. Se tutto andrà come il leader leghista si augura – e come al momento sembra inevitabile – si tornerà a votare per le elezioni politiche entro la seconda metà di ottobre (non più il 13, come si era detto all’inizio, ma più probabilmente il 20, se non il 27). Questo significa che, in mezzo a tanto caos, ci toccherà anche rispolverare il Rosatellum.

Ed è qui che nasce il dilemma. La legge elettorale vergata dal pretoriano di Renzi, infatti, impone alle forze politiche di nominare un “capo”. Non viene chiamato ufficialmente “candidato premier”, perché la Costituzione non lo prevede, ma ufficiosamente è proprio di questo che si tratta.

 

Ecco il corto circuito: Salvini rischia di essere contemporaneamente candidato a Palazzo Chigi (del resto, anche senza il Rosatellum, sarebbe il segreto di Pulcinella) e ministro dell’Interno. Sennonché, il Viminale ha il compito di controllare e gestire le elezioni, per cui il Capitano si troverebbe al centro di un gigantesco conflitto d’interessi. Un’aberrazione istituzionale eccessiva perfino per lui e che certamente Mattarella non potrebbe tollerare.

Come se ne esce? È verosimile che la soluzione arrivi proprio dal Quirinale. Prima ancora di sciogliere le Camere, il Presidente della Repubblica potrebbe affidare un preincarico o un mandato esplorativo a una personalità di alto profilo, come aveva già fatto l’anno scorso con Cottarelli. Visto il clima che si respira in Parlamento, le chance che un “governo del Presidente” ottenga la fiducia sono prossime allo zero, di conseguenza l’Esecutivo calato dal Colle non potrebbe giurare e non entrerebbe mai in carica. Ma è qui il bello: non servirebbe. Anche senza la fiducia del Parlamento, sarebbe comunque quel governo, e non il precedente, a dover sbrigare i cosiddetti “affari correnti”. E sarebbe il ministro dell’Interno di quell’esecutivo a dover garantire il regolare svolgimento delle elezioni.

In questo modo, Salvini potrebbe dedicarsi alla campagna elettorale senza più passare dal Viminale (che, comunque, ha sempre frequentato poco). Ma è credibile che il Capitano accetti di staccarsi dalla poltrona per un paio di mesi? Proprio ora che è al massimo del consenso? Non molto.

Il soggetto in questione è certamente spregiudicato, per cui non si può escludere che scelga la strada del contropiede. E cioè potrebbe dimettersi dal Viminale, rimanere comunque vicepremier e in questa veste chiedere l’incarico a Mattarella.

Fantascienza? Forse. Ma al momento solo questo si può fare: ipotesi, elucubrazioni, fantasie. Ci troviamo in una congiuntura mai vista, un vero incubo per chiunque abbia a cuore le istituzioni. Non a caso, nella storia d’Italia solo una volta il Paese è stato chiamato al voto in autunno: era prima della Costituzione, prima della Repubblica. Molto prima. Era il 16 novembre 1919.

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