L’ipocrisia la fa davvero da padrona nel campo dei guerrafondai. Varie recenti esternazioni di costoro ne costituiscono una prova davvero evidente. Basti pensare allo sdegno del segretario del PD Enrico Letta di fronte a coloro che osano chiamare il conflitto in corso una “guerra per procura”. Secondo il segretario del PD si tratterebbe di una definizione “ignominiosa”, perché “i protagonisti sono gli ucraini, sono loro che stanno morendo e saranno loro a decidere se e a quali condizioni accettare una soluzione diplomatica”. Mentre non ci sono dubbi sul fatto che gli ucraini siano le principali vittime della guerra in corso - anche se ovviamente si tende a dimenticare sempre le popolazioni del Donbass, le quali possono dirsi ucraine fino a un certo punto - la seconda condizione enunciata da Letta corrisponde a un pio desiderio.

 

Proprio le recenti dichiarazioni sulla Crimea elucidano il punto in modo incontrovertibile. Zelensky aveva dichiarato di essere disposto a rinunciare alla Crimea, annessa del resto alla Russia vari anni fa a seguito di un referendum approvato a larga maggioranza, ma subito dopo il segretario generale della NATO Stoltenberg ha chiarito che non se ne parla, dato che i Membri della NATO non accetteranno mai di rinunciare alla Crimea.

Ipocrisia nell’ipocrisia, qualche zelante commentatore filo-NATO ha provato ad attenuare la portata delle parole di Stoltenberg, affermando che quest’ultimo avrebbe pur sempre riconosciuto la competenza dell’Ucraina a decidere in merito ai negoziati. La tipica pezza a colori, come dicono a Napoli, o, se preferite, una foglia di fico alquanto inadeguata a coprire un dato di fatto incontrovertibile: a decidere, sia sulla preparazione, che sulla sua conduzione, che infine sulla sua purtroppo improbabile conclusione, sono sempre e solo NATO e Stati Uniti.

E’ per questo che, con buona pace di Letta ed altri ipocriti, si parla di “guerra per procura”. Il concetto è stato del resto chiarito in modo soddisfacente, ad esempio, da John Bellamy Foster, il quale, intervenendo a una conferenza a fine marzo ha ricostruito premesse e motivazioni della guerra in corso (https://mronline.org/2022/04/09/the-u-s-proxy-war-in-ukraine/#:~) . La base del discorso svolto in tale occasione da Bellamy Foster è contrassegnato dall’uso della nozione, da lui indicata come di fondamentale importanza, di  guerra “per procura” (proxy war). Ciò del resto risulta evidente dalla posta in gioco, che è di carattere globale, trattandosi dell’assetto del potere mondiale; il che, sia detto per inciso, ma neanche troppo, conferisce al conflitto tutta la sua importanza e la sua pericolosità per il futuro stesso del genere umano.

Ma il carattere di guerra per procura del conflitto ucraino è confermato dalla sua conduzione e dal ruolo di importanza crescente assunto da apparati militari e di intelligence statunitensi e NATO nell’addestramento dei militari ucraini e nella fornitura di informazioni ed appoggi logistici che sono risultati necessari, come rivelato dal New York Times, per eliminare una serie di alti ufficiali russi come pure per affondare l’ammiraglia Moskvà ed altre navi da guerra e chissà in quanti altri frangenti finora sconosciuti.

Un aspetto decisivo di questa guerra per procura è stato il ruolo dei neonazisti ucraini per liquidare cogli strumenti loro abituali non solo il “separatismo” ma ogni opposizione della popolazione ucraina al colpo di Stato reazionario del febbraio 2014. Essi infatti hanno costantemente operato per soddisfare le richieste della NATO, come dimostrato non solo dalla loro ostentazione della bandiera di quest’ultima insieme a quelle con la croce uncinata, ma anche dal ruolo di punta di lancia che hanno svolto all’interno di quel colpo di Stato reazionario e nella guerra del Donbass, come quello che svolgono oggi per garantire la continuazione sine die del conflitto.

Anche se il loro peso elettorale è del tutto marginale, si tratta di gruppi ben organizzati, addestrati e armati che costituiscono il vero nerbo della guerra da parte ucraina. E rappresentano da tempo una pistola puntata alla testa di Zelensky per impedire ogni serio negoziato con Putin. E che non si tratti di una mera metafora lo dimostra l’uccisione del banchiere Denis Kireyev, che faceva parte della delegazione ucraina nella prima fase delle trattative, eliminato dai servizi segreti ucraini (dominati dai neonazisti) probabilmente per aver dimostrato eccessiva disponibilità al confronto coi Russi.

Tutto torna quindi. La continuazione della guerra è una vera e propria benedizione per gli Stati Uniti, per la NATO e per Biden, che è risalito di qualche punto nei sondaggi e ha ottenuto un appoggio bipartisan da parte del Partito repubblicano, e a tale fine viene prontamente soffocata ogni velleità di protagonismo degli Ucraini.

L’Europa tace e Draghi si reca a prendere ordini a Washington dove, forse, si limiterà a tentare di rabbonire il suo commander in chief ma sicuramente senza risultato. La guerra continua e la sua fine non si intravvede, anzi si delineano ulteriori escalation. Che ciò avvenga a beneficio di Stati Uniti e NATO e non certo degli altri attori del dramma, a cominciare dall’Ucraina, costituisce una riprova del suo carattere di guerra per procura, con buona pace di Letta & C.

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