di Sara Nicoli

Diciamoci la verità: la legge Biagi è servita a legalizzare la precarizzazione del lavoro e a far gravare il rischio d’impresa sui lavoratori anziché sulle aziende. Con le nuove figure di autonomi inventate dalla medesima legge, si è voluto palesemente legalizzare lo sfruttamento del lavoro, facendo risparmiare le imprese sui costi di previdenza, di tutela e di contribuzione. Ma, soprattutto, si è consentito alle imprese di applicare gli inquadramenti di lavoro a progetto (ex co.co.co) anche a tipologie che nulla hanno a che vedere con mansioni autonome né, tanto meno, finalizzate ad uno specifico programma aziendale. E non c’è niente di meno autonomo, meno progettuale, ma anzi straordinariamente subordinato di un lavoro nel call center. Così gli ispettori del lavoro sono arrivati alla Atesia, società leader nel settore, e dopo una lunga indagine hanno stabilito quello che era già chiaro a tutti: chi lavora nei call center è un lavoratore subordinato a tutti gli effetti. Il verdetto non lascia scampo alla società: deve assumere a tempo indeterminato tutti i suoi 3500 dipendenti e deve pagare i contributi ad altri diecimila con carattere retroattivo dal 2001.

di Giovanna Pavani

Sembra scontato, quando si parla del G8 di Genova, ricordare come unico fatto certo di quei giorni la morte di Carlo Giuliani, un ragazzo poco più che ventenne ucciso dai carabinieri a piazza Alimonda. Sebbene l’inchiesta non sia riuscita a chiarire l’effettiva dinamica dei fatti (tant’è che oggi, da più parti, si invoca una commissione parlamentare d’inchiesta che faccia finalmente luce su tutto ciò che accadde nelle giornate del G8 senza reticenze e opportunità politiche di parte), allo squallore delle polemiche che si scatenarono subito dopo l’omicidio, oggi si aggiunge un fatto nuovo. Non certo in ordine alle indagini, bensì sulla scia dell’assurda volontà della destra di ribaltare i fatti e far passare i carnefici per vittime. E’ su questa falsariga che Mario Placanica, l'ex carabiniere accusato e poi prosciolto per la morte di Carlo Giuliani, su consiglio di esponenti di spicco di Alleanza Nazionale, ha deciso di chiedere un risarcimento alla famiglia del ragazzo ucciso: vuole i danni per il suo mancato reintegro nell'Arma e per non aver più trovato un impiego.

di Giovanna Pavani

L'ultimo, in ordine di tempo, è un operaio di 43 anni di Carrara, dipendente della Commerciale Graniti. E' morto all'alba di un giorno qualunque, tagliato in due da una lastra di marmo. Una fune lo ha tradito mentre effettuava una manovra di carico all'interno del container diretto a Livorno che avrebbe dovuto trasportare le lastre di marmo. Lascia una compagna incinta di sei mesi.
E siamo a quota 470. Non in un anno, in cinque mesi. E'un bollettino di guerra, ormai, quello delle morti bianche, gli incidenti mortali sui luoghi di lavoro. E non accenna a diminuire. Solo a maggio i decessi sono stati 126, con un aumento del 4,13% rispetto al maggio 2005: in pratica, domeniche incluse, ogni giorno quattro lavoratori sono morti sul luogo di lavoro. Una strage silente. Talvolta, però, non si muore, ma si rimane invalidi. E anche qui il dato è in aumento: sempre nello stesso periodo di tempo, ossia i primi cinque mesi del 2006, gli incidenti sul lavoro sono in aumento: da 375.215 nei primi cinque mesi del 2005, sono arrivati a 376.495 alla stessa data del 2006 (quasi 3.000 al giorno solo a maggio).

di Giovanna Pavani

Mohamed Aloui, tunisino, è morto a 33 anni nel Cpt di via Enrico Mattei a Bologna per una probabile overdose da farmaci antiepilettici, nonostante lui non fosse affatto epilettico. Una storia complicata la sua: scarcerato da Isernia, dove era stato recluso per una serie di reati legati allo spaccio di stupefacenti, era approdato in Emilia dopo un passaggio da Roma, dove l'avevano classificato come "pericoloso" e dunque sottoposto ad una cura farmacologia per farlo stare tranquillo: l'antiepilettico, insomma, gli veniva somministrato come sedativo e su questo, come su un'altra serie di faccende, la procura di Bologna vuole capire il perchè. A partire da un interrogativo in particolare: perché Daniele Giovanardi, gemello del più noto ex ministro dell'Udc Carlo, presidente della Confraternita della Misericordia che gestisce il centro, ha parlato subito di possibile morte per overdose da eroina, visto che di droga vera non ne è stata trovata traccia? Niente male per il centro considerato il fiore all'occhiello della "gestione umanitaria" dei Cpt: per scaricarsi la coscienza, ogni menzogna è lecita.

di Giovanni Gnazzi

Polemiche e scontri, minacce e timori, auspici e approvazioni. Sono un piccolo condensato delle reazioni alla proposta del ministro della Salute, Livia Turco, di reinstaurare l'esclusività della prestazione per i medici che svolgono attività di capi dipartimento e dirigenti ospedalieri.
La scelta tra esercizio della direzione dei reparti in ambito pubblico o privato, era stata introdotta dal precedente governo Prodi, con Rosy Bindi ministro della Sanità (così si chiamava allora il dicastero). Successivamente, il governo Berlusconi, che aveva collocato un barone prima e un politicante poi alla guida del dicastero tra i più delicati, aveva reintrodotto la giungla amministrativa. Il risultato era che il paziente pagava due volte, servizio sanitario pubblico e prestazione privata, e i medici incassavano due volte, dallo Stato e dal paziente. Sulle prestazioni e sulle malattie dei due soggetti, ce n'era un terzo che guadagnava e basta: la struttura privata che ospitava medico e paziente.


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