di mazzetta

Non è dato sapere se la guerra che Letizia Moratti ha dichiarato alla chinatown milanese trovi origine nella semplice strumentalizzazione dell’immigrato, già tristemente praticata dalle giunte milanesi, o da appetiti immobiliari non ancora usciti allo scoperto, ma è un dato certo che si sia arrivati ad una situazione che sarebbe stato meglio evitare per colpa di una buona dose di razzismo, malamente mascherato, dalle parti di Palazzo Marino. Quello che ha fatto più impressione in questi ultimi giorni è stato lo snocciolarsi della litania di luoghi comuni razzistici sui cinesi. Come se nulla fosse, sui principali media si sono visti e sentiti commenti che una persona normale si augurerebbe di non vedere mai diffusi. Alcuni rappresentanti della politica milanese, nell’occasione, hanno svuotato il truogolo della retorica razzista sul pubblico italiano, cercando il plauso degli stessi italioti che da anni cercano di spaventare con il timore delle invasioni straniere. Milano, città con qualche milione di abitanti, è scesa in guerra contro qualche migliaio di cinesi, colpevoli di aver comprato e pagato case e negozi troppo in centro, troppo vicini tra loro. Colpevoli di essere stranieri in una città che si vorrebbe cosmopolita, ma che in realtà è governata da un’amministrazione inquinata da concetti razzisti, amica di speculatori e populisti che usano lo straniero per ottenere i voti della stessa gente che hanno contribuito ad impoverire. Invece ci viene raccontato che la zona di Via Paolo Sarpi è: “…un quartiere che potrebbe essere di lusso se non l'avessero accaparrato i cinesi con le loro attività essenzialmente illegali e lucrose. Hanno mandato via gli abitanti, vecchi pensionati milanesi per lo più. Minacciano e intimidiscono quei pochi che resistono.” Però nessun cinese è mai stato condannato per reati del genere e che le loro attività siano “essenzialmente illegali” non sembra affatto, visto che la pressione del comune ha prodotto solo multe. Molto rivelatore è il riferimento per il quale si tratta di attività “lucrose”. Lucro che se benedice un italiano ne dimostra le qualità, ma che nel caso dell’immigrato viene portato all’attenzione proprio per solleticare l’umanissima invidia degli italiani più poveri dei cinesi in questione.

Oggi il problema sono i cinesi, ieri e domani i musulmani. I musulmani “ci vogliono invadere”; poco importa che siano una minoranza tra gli stessi immigrati, secondo questi signori diventeranno milioni, figliando come conigli e mettendoci in minoranza. I cinesi in Italia sono ancora meno, ma non importa; i cinesi sono utili per indirizzare le frustrazioni dei milanesi impoveriti ed incanalarle nell’ennesima guerra tra poveri, utile a distrarre i cittadini dall’operato di chi veramente si arricchisce alle loro spalle. Anche i cinesi si moltiplicherebbero troppo velocemente, poco importa che due invasioni contemporanee non si siano mai viste nella storia.

Milano è una città governata da una giunta incline a lisciare il pelo alla propaganda xenofoba praticata senza alcun contrasto. Non i partiti “progressisti” e nemmeno la magistratura provano ad arginare questa deriva. Poco tempo fa un manipolo di gentaglia, condotta da consiglieri comunali della destra, ha dato vita ad un assalto ad un campo nomadi in allestimento ad Opera, appiccando il fuoco e distruggendo beni pubblici alla luce del sole e sotto gli occhi delle forze dell’ordine che non hanno reagito. Un’opera pubblica ridotta in cenere per motivi razzisti sotto gli occhi della polizia e della stampa.

La magistratura lombarda non ha ritenuto di perseguirli per il reato di incendio (che prevede pene severe) e si è limitata a capi d’imputazione minori; i politici lombardi non si sono scandalizzati e i media, locali e nazionali, hanno passato sottotraccia questo gravissimo reato. Con singolare distanza da una simile interpretazione del diritto, la stessa Procura ha chiesto pene severissime e misure cautelari imponenti per i protagonisti dei disordini dell’undici marzo dell’anno scorso, durante i quali ad essere bruciato era stato un motorino.

L’amministrazione meneghina invoca la legalità contro i cinesi, ma si tratta dell’ipocrita legalità asimmetrica di chi si nasconde dietro la domanda di giustizia. Non appartiene alla giustizia risolvere i problemi (qualsiasi problema) di convivenza cittadina perseguitando sistematicamente un gruppo sociale o nazionale. Non appartiene alla giustizia assediare con il blocchetto delle multe in mano questo o quello. Non appartiene alla giustizia riesumare regolamenti degli anni ’30 per colpire chi diversamente non potrebbe essere colpito. Non appartiene alla civiltà, della quale certi ipocriti si dicono portatori, decidere di trasformare una strada che vive di commerci in isola pedonale senza neppure consultare chi vi abita e chi ci lavora. Non appartiene alla nostra civiltà che un vigile urbano possa colpire una donna, un uomo, un cittadino, per quanto questi possa essere alterato, per quanto possa protestare per una multa che ritiene ingiusta, per quante parole offensive pronunci.

Questi comportamenti appartengono a chi fa un uso strumentale dei poteri che gli sono stati conferiti perché siano usati a favore della comunità; appartengono a pubblici ufficiali che sanno che certi comportamenti sono tollerati se tenuti nei confronti del “nemico” individuato dai politici di riferimento. Gli stessi comportamenti tenuti nei riguardi di commercianti italiani avrebbero dato lo stesso esito: la rivolta. Per questo non si è mai sentito di una commerciante italiana manganellata da un vigile urbano a causa di una lite per una multa.

In questi giorni contro i cinesi si sono sentite argomentazioni degne del Ku Klux Klan, ma soprattutto Milano ha mostrato i danni inferti da anni di leghismo e berlusconismo. Il nostro paese si dovrebbe scusare con l’ambasciatore cinese (elegantissimo nel chiedere “equilibrio” senza raccogliere lo sdegno che i fatti hanno suscitato in Cina) per le parole degli esponenti della Lega, di Alleanza Nazionale e per l’operato di donna Letizia. Il nostro paese dovrebbe anche interrogarsi sul come sia possibile che esista gente capace di andare in televisione ad accusare “i cinesi” di evadere le tasse (senza dimostrarlo) dopo aver teorizzato l’esistenza di un “diritto” a non pagarle quando sembrino troppo alte. Che gente sia questa che dopo aver sostenuto Cuffaro, dopo aver votato leggi contro la legge per cancellare i delitti dei propri amici, si scaglia con tanta veemenza contro i “crimini” dei cinesi.

Questa miseria non è altro che la conseguenza delle politiche di destra che hanno polarizzato la società italiana. L’aumento di ricchi e poveri (soprattutto di poveri) e la strage del ceto medio, la sparizione della borghesia (qualunque cosa sia) e l’avvento del pensiero unico iper-liberista, costringono la destra all’inevitabile passo successivo: quello per il quale occorre che chi subisce la spoliazione diriga la sua rabbia verso altri a lui simili, permettendo così agli arricchiti di non essere indicati come responsabili e impedendo che si discuta di modifiche nella distribuzione delle ricchezze o dei redditi. C’è da sperare che il governo si occupi della vicenda e che le giuste rimostranze della Cina inducano la Moratti a ripensare le politiche per la città. Milano negli ultimi anni è diventata la frontiera del neomedioevo italiano e non è un bel risultato per quella che una volta si credeva la capitale morale del paese.

Sarebbe interessante chiedersi fino a quando la società italiana sarà disposta a tollerare il rigurgito razzista lombardo, quando si stancherà di a pagare il prezzo di incidenti internazionali e del conseguente deteriorarsi dell’immagine nazionale, quando una nazione - che si ritiene culla di civiltà - smetterà di dare spettacoli indegni di sé e dei valori che dice di rappresentare.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy