di Alessandro Iacuelli

Il rapporto del Censis intitolato "Il controllo delle reti telematiche" non da luogo a equivoci: l'Italia è sempre più on-line e l'italiano è la quarta lingua più diffusa su internet per numero di pagine, dopo cinese, inglese e spagnolo. Nonostante questo, l'Italia non riesce ad essere innovativa sul fronte delle tecnologie informatiche legate alla rete. A differenza di altri Paesi, infatti, dove anche piccoli prodotti vengono assorbiti dalle grandi aziende, in Italia "gli oligopoli si sono trasformati in un rigido sistema oligarchico, incapace di creare innovazione", si legge nel rapporto. Secondo l’autore della ricerca, Gianni Dominici, a questo va sommata la lentezza della burocrazia, la mancanza di investimenti e il ruolo poco chiaro dello Stato. "Non è sufficiente – dichiara Dominaci - essere un popolo di inventori se non ci sono finanziatori e intermediari". Gli italiani, stando ai dati presentati nel rapporto, "amano spendere per gadget tecnologici, ma è raro trovare che uno di questi prodotti sia firmato made in Italy. Si tratta di un Paese-consumatore più che di produttori e innovatori." Questa tendenza è confermata anche da Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, che afferma: "Il settore non ha fatto scouting e non ha investito sul mercato come avrebbe dovuto". La ragione, secondo Giuseppe Roma, non è da ricercare solo nell’oligopolio telematico e delle comunicazioni che caratterizza la realtà italiana: "L'esistenza di oligopoli, nazionali e multinazionali, negli altri Paesi non è un dato di freno: in altre realtà, diverse da quella italiana, si ha la capacità di prendere dal mercato ed investire su piccole realtà. In Italia questo non accade".

Quello delle reti in Italia, secondo il Presidente del Censis, Giuseppe De Rita, è un sistema che si muove su un doppio binario: "Da una parte le oligarchie che hanno in mano le tecnologie. Dall’altra c’è la moltitudine di persone che utilizzano quelle tecnologie in maniera creativa. Tra l’uno e l’altro binario c'è una mancanza di dialogo, nel senso che chi detiene le tecnologie non è portato ad innovare nemmeno in presenza di singole persone che sviluppano le loro idee individualmente". Su quest’ultimo aspetto del fenomeno, De Rita si sofferma per analizzare ciò che l’uso di blog e siti web produce nell’utente.

"Da un lato - spiega De Rita - questi utenti, questi creativi, non hanno più bisogno di essere rappresentati: chi vuole rivolgersi ad un politico o ad un amministratore lo fa senza bisogno di intermediari. Dall’altro si nota la perdita di un meccanismo identitario. Chi utilizza il blog, chi utilizza siti di foto sharing, lo fa in maniera anonima e, in tal modo, scompare".

Tornando alla situazione del nostro Paese, il rapporto evidenzia un preoccupante dato di "nanismo" imprenditoriale. "In Italia si rimane smanettoni", spiega il responsabile del settore Innovazione del Censis, "le piccole realtà non crescono, rimangono a livello locale e non hanno la possibilità di svilupparsi, mentre in America o in Gran Bretagna si ha la possibilità di far crescere le aziende che decidono di pescare in Rete". Basta infatti pensare che nei Paesi anglosassoni le aziende ad alta tecnologia o operanti nel settore della comunicazione reclutano attraverso i blog le nuove persone da assumere. Così, mentre fuori dai confini nazionali oligopoli come Google e Yahoo riescono ad essere "trainanti" e a generare innovazione, le grandi aziende di comunicazione nostrane, Telecom Italia in testa, frenano l'innovazione stessa.

Le potenzialità ci sarebbero, visto che siamo il Paese delle prime reti civiche, dove il 100% dei comuni capoluogo hanno adottato la telematica come metodo di comunicazione con i cittadini e dove ha sede una foltissima comunità “open source”. Eppure tutto questo si scontra contro poche aziende e istituzioni lente che, a differenza di quelle estere, preferiscono arroccarsi sulle posizioni acquisite nel mercato.

In Italia tanto "la gestione del nuovo che degli asset strategici, sono considerate appannaggio degli interessi di Stato o di poche aziende presenti in tutti i tavoli considerati più strategici", dice ancora il rapporto Censis, facendo anche degli esempi: il piano Socrate di Telecom, l'Umts e il bando per il Wimax che limiterebbe la partecipazione alle aziende di grandi dimensioni.

Durissime nei confronti della nostra economia le conclusioni del rapporto: "Il sistema appare polarizzato su due realtà diverse e completamente opposte. Da una parte una moltitudine attiva nei diversi campi della conoscenza, che stenta a diventare minoranza creativa, imprenditoriale o professionale, a diventare energia vitale di un'economia che si confronta con le sfide mondiali; dall'altra un oligopolio costituito da poche aziende e istituzioni che hanno interesse a rafforzare le loro posizioni dominanti occupando quegli spazi che le nuove tecnologie offrono".

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