di Maura Cossutta

Finalmente le Linee guida sulla legge 40 sono state emanate. E’ infatti stato pubblicato ieri, in Gazzetta Ufficiale, il testo del decreto ministeriale che cancella le precedenti Linee guida. Un sollievo, arrivato all’ultimo momento e perciò ancora più gradito. Una buona notizia, dopo le disfatte degli ultimi giorni, che offre un po’ di dignità e anche di orgoglio a tutti quelli che non si arrendono. Ovviamente le dichiarazioni dei vincitori sono furibonde, minacciose, arroganti. “Le abrogheremo subito” proclamano, ma non sarà poi così facile cancellare in un soffio (nonostante la schiacciante maggioranza numerica parlamentare) queste Linee guida. Perché il percorso è stato formalmente molto rigoroso, non solo del tutto rispettoso della legge ma anche e soprattutto delle disposizioni contenute in numerose sentenze di Tribunali, da ultimo quella del TAR del Lazio. E perché, poi, sul decreto emanato si sono espressi, come previsto dalla legge, sia l’Istituto Superiore di Sanità sia, per ben due volte, il Consiglio Superiore di Sanità, che, come è noto, sono organismi non solo autorevoli ma anche molto gelosi della loro autonomia. Il parere esplicitamente favorevole del CSS è arrivato il 10 aprile scorso. Per questo il ministro Livia Turco ha potuto firmare il decreto ministeriale solo l’11 aprile, certo molto in ritardo rispetto alla scadenza prevista dalla legge 40 per l’aggiornamento triennale delle Linee guida (i termini scadevano nel luglio scorso), ma compiendo comunque fino in fondo il compito del suo mandato. Una scelta coerente e del tutto legittima, nonostante gli attacchi di “colpo di mano” delle destre. Le attese delle donne e delle coppie che utilizzano le tecniche di procreazione assistita hanno trovato finalmente una risposta, anche se certamente parziale rispetto alle loro aspettative complessive. Infatti le Linee guida, come è noto, non possono essere lo strumento normativo per modificare la legge, che resta comunque profondamente sbagliata. Ma qualcosa è stato fatto e anche importante.

Cosa cambia dunque da oggi per loro? Mentre prima si poteva solo effettuare la diagnosi “osservazionale” (e quindi morfologica e non genetica) sugli embrioni prodotti, oggi si può effettuare la diagnosi genetica sugli embrioni prima di trasferirli nell’utero della donna. Se si evidenzia una grave malattia genetica che mette a rischio la salute psicofisica della donna, l’embrione patologico può non essere impiantato. Si evita così la crudeltà di costringere la donna ad effettuare successivamente, durante la gravidanza, un’amniocentesi (come previsto dalla normativa sulla medicina prenatale) e di ricorrere ad una possibile interruzione volontaria di gravidanza (come tra l’altro previsto dalla stessa legge 40). Vengono evitate inutili e terribili sofferenze alle donne e - cosa che dovrebbe essere apprezzata da chi dice di difendere la vita - vengono evitati gli aborti di feti anche di 20 settimane di gestazione. Vengono di fatto evitati tanti viaggi della speranza -a costi sopportabili soltanto per i più abbienti - a Barcellona come in tanti altri paesi europei dove, civilmente, la diagnosi genetica preimpianto è possibile da sempre.

L’altra novità introdotta è quella della possibilità di accedere alle tecniche anche da parte delle coppie che non sono sterili ma il cui partner maschile è portatore di una malattia virale come l’HIV o l’epatite, trasmissibile al feto. Prima, potevano utilizzare le tecniche solo le coppie sterili; oggi anche chi, di fatto, si trova in una “condizione” di infertilità; non biologica, ma legata ad un impedimento oggettivo alla procreazione, dovuto alla necessità di utilizzare rapporti sessuali protetti per evitare il rischio di trasmettere l’infezione. Questa nuova definizione di infertilità, adottata per i portatori di HIV e altre malattie infettive per garantire la piena attuazione del diritto alla salute sessuale e riproduttiva, permetterà anche a chi è portatore di malattie genetiche ereditarie (e non è sterile) di accedere alle tecniche. Non è davvero poco.

Le altre novità, poi, sono meno eclatanti (s’intende rispetto alla sproporzionata reazione dei soliti noti) ma comunque importanti, a partire dalla previsione di un costante aiuto psicologico da garantire alle coppie durante tutto il faticoso percorso delle tecniche: non solo prima, ma anche durante e dopo il successo di una gravidanza o, nei casi più sfortunati, dopo il fallimento dei vari tentativi di procreazione assistita. O come lo sviluppo dei progetti di ricerca sulle nuove metodiche di criopreservazione degli ovociti e per la prevenzione delle cause di sterilità.

Queste Linee guida fanno finalmente chiarezza, dando risposte concrete alle donne e alle coppie, alle associazioni che in tutti questi mesi hanno continuato a crederci, sono ricorse ai giudici e ottenuto sentenze importantissime per la sostenibilità giuridica delle nuove proposte. Che hanno dimostrato di essere soggetti consapevoli di essere cittadini. Sono tante persone, ma per la politica dei grandi numeri restano solo una banale ed esile minoranza, invisibili nel dibattito pubblico, ininfluenti per il consenso elettorale. Invece, grazie a loro, da oggi un po’ si cambia. Mentre la lista Ferrara è stata schiacciata sotto il peso (insostenibile) del suo inventore e Rutelli, a Roma, non ha certo perso per la sua laicità, i temi etici tornano ad affacciarsi con la storia concreta delle persone. Forse, proprio da qui ricomincia l’opposizione nel Paese.

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